Quanto è beffarda la vita, a volte: il potente italiano di turno passa il tempo a curare e “formare” i media, che già di loro sono mediamente ansiosi di strusciarglisi contro, almeno sinché appare ben saldo in sella. E ci riesce perfettamente, in un tripudio di quadretti agiografici e decisionismi da Uomo Denim che ci ha dato un po’ troppo dentro con i carboidrati. Poi, una mattina di agosto, ti svegli, leggi i giornali, l’occhio ti cade sul genere letterario preferito dalla nostra politica, i retroscena, e ti chiedi dove hai sbagliato.
Oggi su la Stampa, il retroscena di Fabio Martini riguarda la presunta decisione di Matteo Renzi di procedere a tagli “semi-lineari” ai ministeri, in quella che appare la manovra correttiva d’autunno, ma che non potrà essere chiamata “manovra”, pena l’accusa di disfattismo e l’inclusione nella sempre più pletorica ma altrettanto dettagliata tassonomia dei gufi, che comprende “gufi professori, gufi brontoloni e gufi indovini”.
La correzione, si diceva. Secondo Martini, poiché i 4,5 miliardi di spending review cottarelliana previsti per quest’anno sarebbero rimasti lettera morta (un giorno però ci spiegherete per colpa di chi), ecco l’idea dei tagli ai ministeri. Perché, come scrive il retroscenista de La Stampa richiamando la ormai classica intervista in cui ci è stato spiegato che il premier conosce a menadito il bilancio dello Stato, figure incluse, Renzi sarebbe giunto alla conclusione che occorre indurre i ministri a fare i famigerati “compiti a casa”, valutandoli sulle proposte di tagli di spesa.
Se questo concetto vi è familiare, avendolo letto e sentito almeno negli ultimi dieci anni, siete in affollata compagnia. Archiviata quindi l’estensione degli ottanta euro a partite Iva, pensionati ed incapienti (ma si sapeva da subito, almeno per chi non era affetto da malafede congenita), ecco le nuove antiche misure. Solo che Martini, non è chiaro per quale motivo (questo è il famoso cui prodest di cui noi italiani siamo affetti dai tempi di Machiavelli, e probabilmente anche da ben prima) si lascia sfuggire una valutazione assai poco lusinghiera (ma terribilmente realistica) sull’operato del premier sin qui. Leggere per fare oh:
Il problema è che lo stallo impone un aggiustamento dei conti e Matteo Renzi, – dopo una capillare consultazione con le personalità di cui si fida, a cominciare da Pier Carlo Padoan – ha preso le sue decisioni. Prima decisione: nessuna manovra correttiva per il 2014. Seconda decisione, più sofferta: visto che siamo arrivati ad agosto, l’unico escamotage per rientrare di tante, troppe spese già fatte senza copertura, è quello di procedere con una serie di tagli ai vari ministeri che saranno in alcuni casi lineari, in altri parzialmente lineari, in ogni caso non selettivi, come avrebbe imposto una programmata spending review
Ma come? “Tante, troppe spese già fatte senza copertura”? Ma Renzi non aveva detto che le coperture erano “doppie del necessario”, addirittura “un piumino”? Che è questo disfattismo? Eppure, come direbbero gli specialisti in cui prodest e dietrologia, non eravamo certi della ritrovata amicizia di Sergio Marchionne verso il premier, invitato a procedere “senza guardare in faccia nessuno”? Forse Martini si è distratto, ma essendo uno dei retroscenisti italiani più esperti appare difficile crederlo, così come è difficile pensare che la stanchezza agostana gli abbia giocato un brutto scherzo. E quindi? Aspettiamo e vedremo, fermo restando che il tasso di realizzazione delle previsioni da retroscena non è altissimo, e spesso si tratta di pura speculazione dell’estensore del pezzo.
Ciò non toglie che faccia effetto, leggere un commento simile su uno dei più importanti quotidiani italiani, sin qui per nulla ostile al premier. Se le cose stanno come descritto nel pezzo, il governo ha un problema non lieve, e non parliamo dei rapporti con la stampa, quella con la minuscola.
Ah, e nel frattempo è utile sapere che il governo ha capitolato di fronte ai rilievi di una specie temibilissima di gufi, i Gufi Ragionieri (dello Stato), su “quota 96” e sui pensionamenti d’ufficio, eliminando il tetto dei 68 anni inserito per professori universitari e medici. Quindi, il Gufo Cottarelli aveva ragione, mannaggia a lui. E sarà contento pure il buon Ricolfi. Ma non erano pochi spiccioli di copertura, che il ministro Madia aveva spergiurato esistere senza problemi? Forse conviene tornare a Medjugorje, che dite?
Anche no, si direbbe: