Orgoglio, pregiudizio e amnesie

Il Tesoro italiano ha recentemente realizzato una campagna social, hashtag incluso, per confutare alcuni luoghi comuni economici sul nostro paese. Se la campagna, bilingue, si può considerare nel complesso ben realizzata, qualche dubbio sorge sulle sue finalità, in particolare sulla identificazione dei destinatari ultimi di questo messaggio, e sulla presenza di alcune amnesie che ne minano alla radice la robustezza argomentativa.

Proviamo quindi a scorrere i punti evidenziati dal Mef, per tentare di capirne di più. Ad esempio, “l’avanzo primario italiano è uno dei più elevati al mondo ed uno dei più stabili tra gli stati membri della Ue, negli ultimi vent’anni”. Ottimo, e quindi? Un avanzo primario è misura per definizione emergenziale e come tale dovrebbe durare il meno possibile, vista la restrizione fiscale che esercita sull’economia. Ma soprattutto, l’avanzo primario è strumentale a mantenere stabile il rapporto debito-Pil nei casi in cui la crescita nominale del Pil è inferiore al costo medio del debito pubblico. Questo è esattamente quello che i governi italiani hanno fatto, negli ultimi lustri. Dovrebbe essere chiaro che questo non è un merito ma una toppa, che dura da così tanto tempo che ci sta letteralmente incaprettando.

Discorso sulla stessa falsariga per la “sostenibilità” del debito pubblico italiano. Il Mef non ha ritenuto di voler illustrare al pubblico la metodologia utilizzata per giungere a questo risultato, ma a noi pare del tutto evidente che il nostro paese ha un debito pubblico reso sostenibile dalla corposa ricchezza privata, che consente di procedere sulla strada della Grande Compensazione col debito pubblico, ed è esattamente quanto sta accadendo, proprio a causa della perdurante assenza di crescita del nostro paese. Questa è la famosa tesi-Fortis, ricordate? La base patrimoniale a garanzia dei creditori.

Il punto sulla (relativamente) contenuta progressione del debito pubblico nominale è del tutto futile, perché il raffronto va fatto in percentuale del Pil, come indicatore di sostenibilità di primissima approssimazione, ma cerchiamo di non essere troppo pedanti, suvvia. E comunque, visto lo stock del debito e la persistente assenza di crescita, questo esito è frutto di una scelta obbligata. O no?

Il deficit-Pil mantenuto sotto il 3% è strettamente derivato dall’esigenza di contenere l’espansione del debito, agendo su uno dei due canali di alimentazione: il deficit, appunto. L’altro canale, come detto, è invece l’autoalimentazione del grado di indebitamento indotto dalla violazione della regoletta su crescita nominale e costo medio del debito, quello che costringe ad elevati e crescenti avanzi primari, come criceti nella ruota. C’è motivo di orgoglio ad avere un paese che non cresce nemmeno con l’aiuto di un esorcista?

Il punto sul contributo italiano ai fondi salvastati pare creato per titillare l’anima antieuropea ed antieuro dei nostri stressati connazionali. L’esborso italiano deriva puramente e semplicemente dal peso del nostro paese nel capitale della Bce, non ci vuole un genio per comprendere ciò. E comunque, nelle statistiche Eurostat, il rapporto d’indebitamento rilevante ai fini comunitari è già indicato al netto dei fondi di assistenza finanziaria sovranazionale. Messa nei termini del Mef, questa manifestazione di “orgoglio” sembra voler spingere gli italiani a giungere ad una conclusione del tipo: ah, diavolo, quante belle cosine avrei potuto fare se avessi tenuto quei soldi, maledetta Europa. Le cose sono un filo più complesse di così (vedi sotto, ultimo paragrafo), ma al Mef evidentemente avevano fretta.

Il punto su cui in via XX Settembre si sono dimostrati un po’ affetti da amnesia è quello sugli aiuti pubblici alle banche, durante la crisi. Noi solo quattro miliardi, dati ai soliti noti senesi, si direbbe. Ma le cose non stanno esattamente in questi termini. Forse i collaboratori di Pier Carlo Padoan hanno scordato che, al culmine della crisi, a fine 2011, i paesi europei sono stati autorizzati a porre la garanzia pubblica su emissioni obbligazionarie bancarie nazionali, in corrispondenza alla prima asta LTRO, per tutelare la qualità dell’attivo della Bce. L’Italia è prontamente accorsa a sfruttare l’opportunità, concedendo al nostro sistema bancario garanzie stimate nell’ordine di almeno 38 miliardi di euro, nella sola asta di dicembre 2011. Lo hanno fatto anche altri? Si, certo, ma noi molto più della media, per evidenti motivi. I dati vanno calcolati correttamente, non à la carte. Altrimenti si perde credibilità.

C’è anche un’omissione non di poco conto, da parte del Mef, in questa epopea dell’hashtag. Nel corso del 2011, nell’ambito del Securities Markets Program, la Bce ha comprato titoli di stato dei paesi minacciati da imminente collasso finanziario. In prima fila il nostro. A quanto ammontano questi aiuti comunitari? A circa 110 miliardi di euro, tuttora in pancia alla Bce. Dimenticato, caro ministro Padoan? Glielo diciamo noi, e pure aggratis. Ha visto quanto è ganzo e social, il crowdsourcing?

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