In punto di logica

In relazione a questo post, il cui senso appariva complessivamente chiaro (almeno alla presunzione di chi scrive), riceviamo una mail di considerazioni e bacchettate che, a nostra volta, fatichiamo a comprendere. E’ il dramma dell’umanità, l’incomprensione. Vediamo tuttavia se riusciamo a venirne a capo ed in caso a ribadire i concetti con altre parole.

Scrive quindi la lettrice C.F. (nome esteso omesso, ammesso e non concesso che sia autentico):

Due brevi appunti al commento sulle dichiarazioni del Presidente della Corte Costituzionale. La Corte giudica secondo Costituzione, quindi verificando la coerenza delle leggi rispetto ai principi della Costituzione, che ciascuno può leggere. La verifica della contabilità di stato viceversa spetta alla Corte dei Conti. La sentenza della Consulta in materia pensionistica appare discutibile, in punto di diritto, proprio per aver trascurato il principio costituzionale del pareggio di bilancio, a favore di altri, peraltro con ribaltamento della recente giurisprudenza costituzionale che valorizzava il principio di pareggio di bilancio come canone di interpretazione.

La sentenza quindi è discutibile, ma non sul piano economico bensì squisitamente giuridico, come è corretto che sia. Le obiezioni del presidente della corte, tra l’altro, non sono affatto infondate: subordinare al vincolo della disponibilità dei dati la pronuncia non è attualmente previsto e consentirebbe alla presidenza del consiglio di bloccare sine die la pronuncia contro un provvedimento incostituzionale semplicemente non inviando i dati. Ad esempio, si pensi al caso delle pronunce della Corte sulle varie leggi ad personam di Berlusconi, che avrebbero potuto essere bloccate semplicemente senza fornire dati sul possibile impatto finanziario della pronuncia.

In generale, la critica argomentata è sempre utile in democrazia, ma il disprezzo generalizzato del diritto e dei suoi massimi esponenti è segno di pregiudizio, o ignoranza.

Gentile (ma non troppo) signora/avvocato/dottoressa/whatever, il punto da cui partire è quello logico, di un cittadino non addetto ai lavori (cioè non specialista) che detesta gli ipse dixit ed ambisce a comprendere cosa muove determinate azioni e reazioni, sentenze incluse. E’ del tutto palese (almeno a me) che il punto non è la verifica di “quadratura contabile” di una legge al dettato dell’articolo 81 Cost. Quindi suggerire, come fa lei, che le competenze contabili spettano alla Corte dei conti e non alla Consulta ha assai poco senso, in questo contesto, perché non è di questo che parliamo. Peraltro, senza scomodare il leggendario “punto di diritto”, è chiaro persino a me che la Consulta non deve sdraiarsi sull’equilibrio contabile, perché adorare ciecamente quest’ultimo potrebbe portare a situazioni di eutanasia sociale e finanche di violazione di diritti umani, prima che della Costituzione della Repubblica italiana. Piaciuta l’iperbole didascalica?

Quello che io, cittadino italiano rispettoso della Costituzione e della legge, chiedo di capire, è come si forma il convincimento di un giudice costituzionale in assenza di dati ed evidenze. Questo è stato scritto nel post ma evidentemente pare che il messaggio non sia arrivato. Nell’intervista, il presidente Criscuolo non solo rigetta ogni tattica dilatoria da parte dell’esecutivo nella fornitura di dati (perché ciò sarebbe un attentato alla libertà della corte) ma giunge a sostenere che, ove anche quei dati fossero stati inviati, non risulterebbero meritevoli di essere presi in considerazione perché “di parte”. E quindi, ribadisco, che facciamo, per formarci un convincimento? Aspettiamo la Ninfa Egeria? La verità è una sola (o una sòla): in punto di logica, continua a non essere chiaro cosa informa la decisione della corte, ed il perché della difformità rispetto a sentenze precedenti, per le quali si era invocato l’equilibrio del bilancio dello stato.

Quindi, gentile C.F., enfatizzare l’ostruzione al limite dell’attentato al supremo organo costituzionale tirando in ballo nientemeno che Berlusconi (al solito), dice molto sul bias di chi esprime considerazioni del genere. Nel frattempo, oggi dal Corriere apprendiamo che il ricorso sulla illegittimità costituzionale dell’aggio dell’8% a favore di Equitalia sul recupero imposte non sarebbe neppure stato preso in considerazione. Per quale motivo? Lo sapremo più avanti ma la spiegazione data dal Corriere è interessante. Posto che la questione di legittimità costituzionale riguardava la percentuale fissa (8%) incassata da Equitalia come aggio, indipendentemente dal credito recuperato, ritenuto inammissibile visto che l’attività di recupero è la stessa per ogni importo, ecco come sarebbe stato deciso:

«Tuttavia la questione concreta è stata posta per un aggio piuttosto basso, poche centinaia di euro su una somma riscossa contenuta, e dunque la decisione della Corte non sarebbe stata rilevante per la causa da cui era scaturita l’eccezione di incostituzionalità della norma»

Sarà anche andata così, lo sapremo a breve, ma da questa ricostruzione potete agevolmente capire che, se le cose stanno in questi termini, “vale tutto” ed il contrario di tutto, ed alla fine la decisione potrebbe essere stata inconfessabilmente condizionata anche da considerazioni di finanza pubblica, soprattutto dopo le polemiche sulla sentenza sulla perequazione delle pensioni. Ve l’ho detto: basta con gli ipse dixit, per combattere i quali milioni di persone hanno perso la vita, nel corso della storia.

Confidando (ma non troppo) di essere riuscito a precisare meglio il mio pensiero e la mia democratica critica argomentata, saluto la lettrice C.F. con una considerazione: quando si corrisponde con qualcuno, in chiusura di missiva, è d’uopo allegare una formula di saluto e ringraziamento per l’attenzione eventualmente prestata al proprio scritto. Diversamente, l’assenza di questa pur logora convenzione sociale può indurre il destinatario a ritenere che il mittente sia affetto da pregiudizio ed ignoranza. Aloha.

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