Dell’intervista concessa oggi a Repubblica dal presidente della Corte costituzionale, Alessandro Criscuolo, vi offriamo ampi stralci e tentiamo (meglio, azzardiamo) un’esegesi. Pare che Criscuolo rivendichi l’assoluta autonomia della Consulta rispetto ad elementi “esterni”, inclusi quelli informativi, vissuti come momento di contaminazione e coartazione della libertà della Corte. Ora, è vero che i numeri sottoposti a tortura confessano qualsiasi cosa, soprattutto da quando a Palazzo Chigi c’è Renzi, ma forse qui stiamo lievemente eccedendo.
Siete pronti? Via! Prima dichiarazione del presidente Criscuolo:
«Non ho nessuna ragione di coltivare una polemica con il ministro Padoan. Ma dare per scontato che la Corte dovesse acquisire i dati prima di decidere sulle pensioni mi sembra che non risponda all’attuale disciplina che regola il funzionamento della Consulta. D’altra parte, acquisire questi dati a cosa doveva condurre? Forse all’accertamento del numero delle pensioni coinvolte? O sarebbero dovuti servire per formare il nostro convincimento? Ma tutto questo non corrisponde alla natura della Corte costituzionale, che opera come un giudice, e quindi non ha la possibilità di aspettare dati che, a tuttora, mi sembrano incerti, perché non si sa quale sia l’entità del cosiddetto buco determinato dalla sentenza»
Domande che sgorgano spontanee, dal cuore e dalla disperazione: un giudice, qualsiasi giudice, ordinario o costituzionale, non necessita forse di acquisire dati ed informazioni per formarsi un convincimento? Forse se lo forma per autosuggestione? O forse gli vengono insufflate Sapienza e Conoscenza da qualche Entità Suprema che gli si è palesata quando ha vinto il concorso e da allora non lo ha più abbandonato? Ma veniamo al punto del contendere: i dati.
«L’ipotesi di acquisire dei dati porta con sé una serie di altri problemi. Chi ha formato questi dati? Quale provenienza hanno? Se non vengono acquisiti la Corte è costretta a fermarsi e non pub giudicare? Questo potrebbe comportare una possibile paralisi della sua attività»
Ma questi sono due piani completamente differenti. Da un lato, Criscuolo ribadisce la propria radicale diffidenza per la fonte dei dati; dall’altro, ribadisce che non si può bloccare l’attività della Corte in attesa che quei dati arrivino, perché questo sarebbe quasi un attentato ad un organo costituzionale (vabbè, diciamo questo per darvi l’idea di quella che potrebbe essere la motivazione di Criscuolo, cercate di cogliere l’iperbole narrativa). Possibile che egli non realizzi che sta parlando di due cose del tutto differenti? Esiste una consecutio, in questo suo periodare? In caso la vedeste, potreste cortesemente segnalarcela? Ma non è finita: proviamo ad approcciare Criscuolo non solo e non tanto per controfattuali quanto per tentare di conoscere elementi e circostanze di formazione del convincimento. Tra i quali, escludendo la Divina Infusione, potrebbero e dovrebbero esserci questi maledetti dati. Ed ecco l’esito:
Le cifre fornite dal MEF dopo la sentenza parlano di un impatto intorno ai 18-19 miliardi di euro. Se la Corte avesse avuto tra le mani questo dato la decisione sarebbe cambiata o sarebbe stata la stessa?
«Questo è difficile dirlo, perché dipende dalla natura dei dati forniti. Ma certamente si porrebbe un grave problema relativo al condizionamento dell’attività della Corte che dovrebbe rimanere in attesa dell’acquisizione di questi elementi di convincimento. Mi spiego in modo da farmi capire anche da chi non è un tecnico: la Corte, in una situazione del genere, si metterebbe nelle condizioni di dover decidere condizionata da un elemento esterno proveniente da una delle parti»Quindi la decisione della Corte, in questo caso, non sarebbe più al di sopra delle parti ma sarebbe di parte? «Al di là delle intenzioni dell’amministrazione si potrebbe verificare una situazione del genere»
Again: per Criscuolo, se mandate i dati in ritardo, state di fatto attentando alla Corte ed alla sua autonomia; ma anche se li mandaste tempestivamente sarebbero comunque elementi di parte, esterni alla sfera della Consulta, di “condizionamento”, ergo di nuovo attentato alla libertà della Corte. Quindi non c’è proprio via d’uscita, dobbiamo rimetterci alla Divina Infusione, e più non dimandate. Andiamo avanti:
Lei, ormai è noto e non si svela alcun segreto, ha fatto pendere la bilancia della decisione dalla parte della bocciatura della Legge Monti. Ci spiega perché?
«Per le ragioni esposte nella motivazione della sentenza. Mi è sembrato che ci fosse una violazione degli articoli 36 e 38 della Costituzione, nei quali si garantisce al lavoratore, fra l’altro, il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro»E come la mettiamo con l’articolo 81 della Costituzione che garantisce il principio dell’equilibrio di bilancio?
«Questo principio effettivamente è stato costituzionalizzato, ma non spetta alla Corte garantirlo, bensì ad altri organi dello Stato»Un momento, ma nella sentenza sulla Robin tax, appena poco tempo fa, vi siete fatti carico di questo principio per cui in quel caso la vostra decisione aveva valore per il futuro ma non comportava il pagamento degli arretrati
«Ma la situazione di fatto affrontata dalla Corte in quella circostanza era molto diversa dal caso delle pensioni. Lì si parlava di tutt’altre questioni, e non veniva in rilievo la delicata materia pensionistica»
Ma scusi, presidente Criscuolo, nella sentenza sulla Robin Tax avete esplicitamente citato l’aspetto dell’equilibrio del bilancio dello Stato, quasi ve ne importasse qualcosa. In quella sulle pensioni siete tornati a disinteressarvene, ed ora lei “suggerisce” che ciò è accaduto perché ci sono materie costituzionali più “delicate” di altre? L’aspetto dell’equilibrio di bilancio pubblico ex art.81 riformato vale solo per alcuni aspetti costituzionali “minori”? Quali sono? Chi li ha decisi? La sentenza sulla Robin Tax come l’avete partorita? Ma soprattutto, per motivare l’inaccettabilità dell’onere posto a carico del bilancio dello stato su cosa vi siete basati, in quella sentenza? Su “dati” che vi sono stati forniti dalla pubblica amministrazione, per ciò stesso potenzialmente “di parte” e tali quindi da fare violenza alla Divina Infusione della Consulta? Oppure ve lo ha detto la Ninfa Egeria reincarnata?
Andiamo oltre:
Quando la Corte dice che lo stop all’indicizzazione delle pensioni è incostituzionale parla di tutte le pensioni, senza distinzione di fascia, o solo di quelle più basse?
«In principio dovrebbe valere per tutte le pensioni, ma specialmente per quelle più basse. La materia delle pensioni è complessa e, a mio avviso, andrebbe ridisegnata dalle fondamenta, perché non solo non è di facile lettura, ma spesso crea anche difficili problemi interpretativi»
Su quest’ultimo punto non avevamo dubbio alcuno, leggendo le interviste del presidente della Consulta. Da ultimo, una tirata d’orecchie al parlamento:
La Consulta oggi è sotto di due giudici. Tra poco sarà sotto di 3 giudici. Lei non ha mancato, sul punto, di sollecitare il Parlamento a fare queste nomine il prima possibile. Ritiene che, se il vostro plenum fosse stato al completo, la decisione sulle pensioni avrebbe potuto essere diversa?
«Siamo nel campo delle ipotesi, però non posso escludere che la decisione avrebbe potuto essere effettivamente diversa»
Beh, certo, visto che la decisione è stata presa per un solo voto di scarto, questo è un purissimo truismo. Ma per caso ha anche un valore segnaletico-pedagogico, nel senso che è il segno che la Divina Infusione si è adirata col mortal Legislatore? Ah, saperlo.