Ordalia, portali via

Eterno ed immutabile come il ciclo della vita, siamo freschi reduci dall’ennesimo “appello della vita” e dal “giorno del giudizio”, sotto forma di elezione locale, sia pure con il coinvolgimento di parecchi milioni di sudditi. Molto interessanti le analisi politologico-sociologico-antropologiche sugli esiti, a conferma del fatto che gli italiani non sono solo santi, navigatori e tuttologi ma anche aruspici ed esperti di escatologia politica.

E’ l’eterna ed immutabile monostagione politica italiana, quella dove spostamenti elettorali a volte minimali producono scenari da fantascienza, e dove la campagna elettorale dura da sempre e per sempre. L’esito di questa tornata amministrativa non fa eccezione: servirà ad alimentare la letteratura fantasy, spesso dell’assurdo, di una classe politica bulimica di autoreferenzialità e distacco dalla realtà. Quindi, senza perderci troppo tempo, proviamo a filtrare gli eventi attraverso la realtà, in particolare quella dell’economia.

Abbiamo dunque un premier che prende una discreta piattonata sui denti. Si potrà anche godere dell’evento, viste le “doti umane” di Renzi, che è gradevole ed empatico come un attacco di dissenteria, ma il canone di valutazione è e deve restare uno solo: come sta andando, l’Italia, dopo otto anni di crisi e quasi un anno e mezzo di renzismo più o meno trionfante, almeno sui media? La risposta la conosciamo: sta andando male, per la sua innata propensione a credere alle fiabe e a divorziare dalla realtà. La “crescita” in corso non serve a nessuno, anche se è ovviamente meglio di un calcio nelle gengive. Ma i “meriti” di Renzi semplicemente non esistono, non sono mai esistiti.

Forse il Giovine è prigioniero dei lacci impostigli da una decrepita oligarchia partitica, finita a schiantarsi sugli scogli della realtà dopo aver sbagliato tutto quello che era possibile sbagliare. O forse il premier è solo un giovane vecchio democristiano, sia pure duepuntozero (e quindi arrogante e non felpato), di quelli che cooptano cacicchi locali i cui voti servono, nella illusoria attesa di piegarli e guidarli al suo Progetto, di qualunque cosa si tratti. Difficile autodefinirti rottamatore, quando in Campania devi subire una macchina da voti che ti è estranea e che ha un coalition building che vede anche il robusto pacchetto azionario di tal De Mita Ciriaco da Nusco, classe 1928. Quindi ti turi il naso e vai a raccontare che trattasi di campione che spingerà il Pil. Parimenti, sei così nuovo che in Liguria ti prendi una esponente del burlandismo-bersanismo, appena riverniciata, e provi a vedere che accadrà. Del resto, solo i cretini non cambiano mai idea e, in Italia, tutte le strade portano a Damasco ed a più o meno fulminee conversioni. Poi, prendi una graziosa e piuttosto fulminata giovane signora di conversione ormai non più recentissima (quindi più autenticamente tua testimonial) e la mandi a farsi massacrare per mano di un amministratore pragmatico, in Veneto. Che accadrà, ora, nel Pd? Boh. O meglio: chissenefrega, popcorn a parte. La domanda è e resta: che accadrà, ora, all’economia italiana?

Poi abbiamo Forza Italia. Che è morta da tempo, come il suo fondatore e le sue balle visionarie e complottistiche, ma che da oggi torna ad avere un alibi per credere di essere ancora viva. E del resto, se uno come Giovanni Toti diventa governatore di una regione che manco conosce in senso geografico, chiunque potrebbe finire ad imprimere il calco delle proprie mani sul Sunset Boulevard. E poco importa se Toti è di fatto il prodotto dei voti leghisti. Per una volta, nella sua vita, dovrà smettere di vivere di parole e fare qualcosa di tangibile. Ecco, tangibile: ma cosa può esservi, di realmente tangibile, in enti locali che sono pressoché privi di margini di manovra finanziaria, stritolati dalla crisi fiscale dal paese? “Prima prendiamo le regioni, poi prenderemo lo stato”, dicono gli autoingannati ed autoingannanti. Se anche andasse così, si salirebbe di livello solo per trovare nuovi e più potenti blocchi stradali.

La Lega, rigenerata dalla martellante monocorde retorica del tribuno Matteo Salvini e della sua occupazione degli spazi televisivi, in campagna elettorale è risultata una sorta di movimento single-issue: quello delle ruspe sui campi nomadi e di improbabili blocchi dell’immigrazione. Salvini potrà anche divenire leader nazionale e fagocitare i brandelli di Forza Italia, mettendo il suo leader in un bel mausoleo con aerazione, ma se anche giungesse (di nuovo) nella stanza dei bottoni avrà vincoli formidabili, ed a poco servirà brandire la tesi dell’uscita dall’euro e finanche dall’Unione europea. I vincoli sono tali che ciò semplicemente non avverrà.

Il M5S è finalmente andato bene in elezioni amministrative ma resta quello che è: un oggetto misterioso, che finge di perseguire obiettivi tangibili con pragmatismo, fingendo addirittura di avanzare proposte realizzabili ma che realizzabili non sono. In realtà, il M5S resta un partito azienda(le) e visionario, autosegregato in senso di ontologicamente avverso ad intessere alleanze di alcun tipo. Voti a perdere, in sintesi. Sino a prova del contrario.

Resta, invariante, la realtà di un paese smarrito di fronte ad una crisi esistenziale, dopo aver trascorso decenni a credere ad ogni favola e ad ogni correlazione elevata al rango di causalità e proiettile d’argento. Ora che la realtà morde e vincola ogni giorno di più, il desiderio di uscirne rilanciando la fiction sta rapidamente portando all’impazzimento degli esiti elettorali, anche se il crescente astensionismo indica forse realismo (o disperazione), ed anche delegittimazione più che potenziale degli esiti elettorali. Non credete alle fiabe di Renzi, ormai sfregiate dalla realtà? Provate a credere a quelle di Salvini e del M5S, se volete. Almeno, sin quando dovrete mangiare questi budini ed avrete la prova definitiva della loro commestibilità. Prendiamo queste tornate elettorali per quello che sono: un momento di disperato divertissement collettivo, in cui grandi e piccini esprimono i loro desideri. Tanto poi i sogni muoiono all’alba, mentre retroscenisti ed editorialisti fantasy e fiction restano e prosperano.

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