Tre palle, un euro

Con colpevole ritardo, vi segnaliamo una perla del comico che fa da guardiano del cancello del M5S. Probabilmente per impedire che soggetti sani di mente possano entrarvi e contaminarlo. Eravamo nell’ubriacatura del post referendum greco, quello che ha sedotto e abbandonato molti guitti politici italiani, dopo la radiosa scampagnata ateniese. E Grillo aveva già la ricetta per il dopo exit. Quello di massa, però.

Secondo Grillo, il ritorno alla lira ed alle altre monete nazionali dovrebbe avvenire con una banca centrale

«[…] che tenga sotto controllo i cambi. La Bce potrebbe farlo. Ogni Paese potrebbe tenere la propria valuta, con la Bce che vigila sulle fluttuazioni dei tassi di cambio»

Che, detta così, pare essere un modo per evitare svalutazioni competitive. Che tuttavia sono quello che i nostri eroi bramano. Ora, prescindendo dall’avere una banca centrale sovranazionale in presenza di monete nazionali (che indica uno stato di ebbrezza non lieve), pare di capire che l’idea di fondo sia quella di lasciare affermare i fondamentali economici. In altri termini, ipotizzate che un paese dell’ex Eurozona decida di monetizzare il deficit gonfiando la base monetaria ma anche l’offerta di moneta, perché le banche nazionali verrebbero spinte a prestare a chiunque come se non vi fosse domani, in quello che sarebbe l’assassinio del rischio di credito. Il cambio si sbriciolerebbe, evidentemente.

Per quale motivo, quindi, istituire un watchdog esterno dotato di denti, come una banca centrale sovranazionale, tempio degli odiati tecnocrati golpisti e destinata ad agire secondo -brrr- un trattato? Basterebbe lasciar fare al mercato ed agli elettori, dopo le prime fiammate inflazionistiche indotte da questa politica monetaria lievemente eccentrica. Ammirevole che Grillo elucubri per evitare guerre protezionistiche, comunque. Ma forse gli serve lo spaventapasseri esterno, contro il quale portare ad ululare le becere folle. Senza bava alla bocca, che mondo sarebbe?

La versione meno stralunata di quanto proposto da Grillo l’ha formulata Io Padre Fondatore nella sua liturgia di domenica scorsa, tentando di fare l’esegesi del pensiero di Wolfgang Schaeuble sulla Grexit. Secondo Scalfari dovremmo evolvere verso un nucleo centrale di paesi denominato in euro ed un’orbita esterna a valute nazionali, stile serpentone monetario (SME), quello andato in crash nel 1992 con l’espulsione di lira e sterlina, che non riuscivano a restare entro la ristretta banda di fluttuazione del sistema germanocentrico. Ancora una volta: perché uscire dalla moneta unica per riprodurne i difetti, legandosi mani e piedi ad improbabili convergenze? Dopo tutto, la Svezia gestisce autonomamente la corona, senza stare in alcun peg, hard o soft che sia. Ho detto Svezia? Beh, si, quanto di più culturalmente prossimo ai nostri arruffapopolo. Chi ben comincia è alla metà dell’opera buffa.

L’ultima perla di quest’angolo del piccolo economista monetario fulminato è della vernacolare Giorgia Meloni, che sul freno alle tasse scolpisce questa cosa sul suo imprescindibile muretto Facebook:

«Renzi dimostri subito di essere sincero nella sua annunciata rivoluzione e tratti il tema del taglio delle tasse nella riforma della Costituzione, così come Fratelli d’Italia propone da anni. Lo sfidiamo a introdurre un tetto massimo alle tasse nella Carta Costituzionale, così dovrà per forza fare quello che oggi promette per il 2018. Vediamo se mente oppure no»

Il che sarebbe pure interessante, nell’improbabile ottica di affamare la bestia. Porre un tetto costituzionale alla pressione fiscale servirebbe ad imporre il taglio delle spese, narra la letteratura fantasy. Voi riuscite ad immaginare la Meloni ed i suoi italici confratelli nel ruolo thatcheriano di quella che lei stessa definirebbe “macelleria sociale”? Ma forse Meloni pensa che basterebbe essere dotati di una propria moneta, per non essere costretti a scegliere tra meno spese e meno tasse.

E’ un circo ad innumerevoli piste, da cui si levano potenti ragli.

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