Viene il momento, nella vita, in cui si raccoglie il frutto di tanto lavoro: non quello dei risultati delle proprie strategie di investimento bensì la citazione da parte di qualche prestigioso editorialista. Oggi è il mio turno, finalmente: un commentino sapido da parte di uno dei più importanti commentatori del corso renziano. Che sfortunatamente non avrà la risonanza che auspicherei perché trattasi di foglio pressoché clandestino ma rimedio subito, per sdebitarmi, regalandogli un quarto d’ora di popolarità.
Parliamo di Fabrizio Rondolino, che sulla nuova Unità tiene una fondamentale rubrichetta in cui si incarica di bacchettare commenti ed editoriali che compaiono sul Fatto, giornale con cui collaboro da qualche anno, dopo essere stato collaboratore de Il Tempo durante la direzione di Mario Sechi. E già questo, all’epoca, era motivo di cortocircuito per gli etichettatori ossessivo-compulsivi, che proprio non riuscivano a darsi pace e ad assegnarmi nella casellina corretta: ma ‘sto Seminerio, che scrive per un giornale di destra e garantista ma anche per uno di sinistra e manettaro, sarà mica un filo confuso? Oppure solo un bieco mercenario?
Rondolino ha risolto il problema tassonomico, e del resto non ha obbligo di verificare la mia attività pubblicistica, presente e passata (ehi, pssst: a volte collaboro pure col Foglio!). Scrivo per il Fatto, quindi finisco dritto nella sua rubrichetta ad giornalem. E che scrive oggi, il nostro esperto di comunicazione? Il suo commento si può articolare in due sezioni. C’è la parte che irride l'”avversario” e poi quella più seriosa, che contiene l’essenza del messaggio politico, quello ad maiorem gloriam Mattei.
La prima parte è invero piuttosto moscia: c’è un tentativo di caratterizzazione e derisione della categoria degli economisti (yawn) ma senza realmente varcare il confine del vero e proprio insulto. La tesi è che le previsioni siano un futile esercizio. Assai probabile. Ma parliamo davvero delle previsioni o anche di analisi di numeri che fotografano l’esistente e l’accaduto? Piuttosto bizzarro questo passaggio:
«[…] snocciolare miriadi di dati, percentuali e numeri che nessuno naturalmente è in grado di verificare ma che intontiscono l’interlocutore fino allo sfinimento»
Beh, se parliamo di hard data, cioè di misurazione di fenomeni già accaduti, non è chiaro che ci sarebbe da verificare. Forse che Rondolino intende dire che -ad esempio- la stima del Pil italiano del quarto trimestre (si, quel numerone lì) “non è verificabile”? Sotto che aspetto? Se invece parliamo di previsioni, e se il Nostro commentatore le considera futile esercizio, forse dovrebbe rivolgere la stessa critica al ministro dell’Economia ed al suo premier, che questi numeri continuano ad invocare ossessivamente, a volte scambiandoli per qualcosa che si è già realizzato. Come definire, ad esempio, il fatto che Renzi e Padoan da molti mesi stanno ululando di gioia per il fatto che “il debito-Pil italiano scenderà nel 2016, un evento di importanza fondamentale”, praticamente storica? Peccato che quella sia solo una previsione, che peraltro il trascorrere del tempo si sta incaricando di confutare, ahinoi.
Per tacere degli innumerevoli peones piddini, che ad ogni dato macroeconomico si gettano sulla mail e dettano comunicati trionfali e trionfanti all’Ansa, per raccogliere i punti fragola del piccolo piazzista democratico. Anche cose di questo tipo, per esempio, per le quali non serve farsi crescere le occhiaie né studiare troppo:
Passando dal -0,4 al +0,6 l’italia in un anno ha recuperato oltre un punto di pil #italiacolsegnopiù #italia riparte https://t.co/tPrBGHWkk5
— valeria fedeli (@valeriafedeli) 12 Febbraio 2016
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Ma non divaghiamo: per fare un esempio, quando escono numeri come quelli di oggi sulla cassa integrazione che dobbiamo fare? Li ignoriamo perché sono solo numeretti? Faremmo lo stesso se fossero vagamente positivi? Cogliamo fior da fiore? Grosso guaio, avere editorialisti che hanno fatto studi classici come Rondolino. Perché alla fine manco più uno straccio di propaganda di partito, si può fare.
Vi è poi la critica più “ideologica” e puntuta: Matteo Renzi come Roosevelt, signora mia. Quello
«[…] che trasformò l’America della Grande depressione nella prima potenza mondiale. E senza neppure una laurea in economia»
Il tutto rispondendo alla mia critica secondo cui Renzi non ci ha ancora spiegato se davvero crede che il suo deficit di pessima qualità, fatto di mance e mancette senza costrutto, e dall’impatto moltiplicativo che risulterà risibile, alla fine si ripaghi mediante la prorompente crescita che riuscirà ad indurre. Renzi, l’anello mancante tra Keynes e Laffer, in pratica. Sul paragone tra Roosevelt ed il grande statista di Rignano, sorvoliamo: ognuno può rendersi ridicolo come preferisce, nella vita. Anche lontano dall’ora dell’aperitivo.
Per oggi Rondolino ha comunque egregiamente svolto la propria funzione, e potrà quindi attendere serenamente il bonifico che l’Unità invia ai propri collaboratori. L’importante è che ora sia chiaro a tutti che, oltre che prestigioso editorialista, Rondolino è anche inequivocabilmente de sinistra. Ad esempio, esprime posizioni molto critiche nei confronti della spietatezza del mercato. Un progressismo talmente vibrante da condurlo talvolta a perdere il suo celebre aplomb:
@Phastidio di chi parli, schizzetto di vomito?
— Fabrizio Rondolino (@frondolino) 10 Ottobre 2015
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Noi possiamo solo rallegrarci per la presenza di tali idealità, e formulare l’auspicio che il prossimo botto de l’Unità (i cui dati diffusionali sono pressoché secretati) non finisca nuovamente in testa a noi contribuenti. Alla fine ci accontentiamo di poco, vedete?