La procura di Trani ed il complotto espresso contro la logica

Torniamo brevemente sulla “notizia” delle indagini della procura di Milano, che per decisione della Cassazione su istanza degli indagati ha ereditato dalla leggendaria procura di Trani le indagini sulla vendita di ben 7 (sette) miliardi di titoli di stato italiani, effettuata da Deutsche Bank nel primo semestre 2011. Lo so, ne avete le palle strapiene di queste idiozie da piccoli complottardi italiani. Io pure. Però serve fare un minimo di debunking, per l’ennesima volta, anche perché diversamente ci ritroviamo con gli “scoop” e le “inchieste” di qualche organo di stampa, più incline al sensazionalismo ed al cospirazionismo che all’informazione.

Inutile ribadirvi, alla nausea, che parliamo di somme ridicole e che in quelle settimane il mondo era venditore di rischio-Italia. Quello che pare restare in mente è che i kattifi teteski hanno venduto, ci hanno affossato, e sono pure riusciti a ricomprare, con quella che l’Espresso di questa settimana definisce “una speculazione da manuale”. Nella ricostruzione del settimanale, dopo aver premesso che nell’estate del 2011 l’Italia era in un non lieve casino, col premier Silvio Berlusconi alle prese con una maggioranza in rapida decomposizione, e dopo la telefonata di Angela Merkel dell’11 luglio, in cui si invitava il governo italiano a varare una manovra di aggiustamento, ecco cosa accade:

«Ed è proprio in quel contesto, due settimane dopo la telefonata della cancelliera, che Deutsche Bank diffonde una notizia choc. Il 26 luglio 2011, infatti, la maggiore banca tedesca pubblica i dati aziendali del secondo trimestre. Una tabella mostra che, tra la fine del 2010 e il 30 giugno 2011, l’esposizione di Deutsche Bank al rischio Italia si è quasi azzerata: i titoli del nostro paese sono precipitati da otto miliardi di euro a soli 996 milioni. Per i mercati, il messaggio è chiaro: il colosso tedesco sta scappando dall’Italia. La sintesi perfetta la fornisce il Financial Times, che annuncia in prima pagina ‘il drammatico segnale di una fuga degli investitori internazionali dalla terza economia dell’Eurozona’»

E fin qui, prendiamo atto. Dalla semestrale di Deutsche Bank si apprende che, tra gennaio e giugno, la banca tedesca ha venduto sette miliardi di euro. Su un debito pubblico italiano all’epoca a 1.900 miliardi di euro, e verosimilmente muovendosi assieme a molti altri intermediari internazionali. La semestrale di DB esce il 26 luglio, e fotografa l’esistente al 30 giugno. Sono cose. Scrive l’Espresso:

«La banca, quindi, non spiega che cosa è accaduto in quei 26 giorni di luglio, tra il momento in cui viene scattata la fotografia e la successiva pubblicazione»

Immaginiamo che questa frase da piccoli Torquemada si riferisca ad eventuali “comunicazioni di eventi di rilievo avvenuti dopo la chiusura del semestre”. Magari detto e scritto a questo modo sarebbe stato meglio, ma non facciamo gli schizzinosi: qui siamo di fronte a giornalismo investigativo di razza, dopo tutto. Proseguiamo:

«Ed è qui che nasce l’accusa più pesante: proprio in quei 26 giorni Deutsche Bank risulta aver ricostituito, con operazioni riservate, una parte consistente del suo portafoglio di titoli italiani. Quando annuncia la fuga dai titoli italiani, in realtà il colosso tedesco ne ha già ricomprati una grossa quota, ma non lo dice. E così, in pratica, la banca vende quando i prezzi sono ancora alti; e ricompra segretamente quando crolla tutto. Una speculazione da manuale»

Questo è il cosiddetto “quadro accusatorio” della procura di Trani, come ereditato da quella di Milano. Io vi voglio invece omaggiare di alcuni numeri. Premesso che non sappiamo di che titoli di stato si trattasse, né della loro vita residua, prendiamo a scopo esemplificativo i rendimenti del Btp decennale. Il 26 luglio 2011, quando la semestrale di DB viene resa pubblica, il nostro decennale rendeva il 5% esatto (fonte: Bloomberg). Nei giorni successivi il rendimento non fa che salire, toccando il 5,54% il 5 agosto 2011. Dopo di che inizia una lenta e temporanea discesa, prima di un nuovo, violento rialzo dei tassi che toccano il massimo il 25 novembre, al 6,57%. Ci siete, sin qui? Ora, che accade invece ai rendimenti del Btp decennale nei primi 25 giorni di luglio, quando Db avrebbe riacquistato tre miliardi di nostri titoli di stato? Il primo luglio il Btp rendeva 4,25%; nei giorni successivi sale sino al 5,32% del 18 luglio, e poi fluttua tra il 4,8% ed il 5%.

Che significa, quindi? Che, nei famosi 25 giorni tra la chiusura del semestre e la comunicazione al mercato della semestrale, cioè quando DB, secondo l’accusa di Trani e la ricostruzione dell’Espresso, “risulta aver ricostituito, con operazioni riservate, una parte consistente del suo portafoglio di titoli italiani”, i rendimenti erano inferiori a quelli segnati dopo il 26 luglio. A occhio, tanto “da manuale” questa operazione speculativa non pare, voi che dite? Non lo avete colto? Rileggetevi la ricostruzione dell’Espresso, grassetto mio:

«Questa scommessa miliardaria viene realizzata attraverso operazioni combinate sui titoli di Stato e su un particolare tipo di derivati (chiamati Credit default swap): prodotti finanziari che permettono di assicurarsi contro i rischi di fallimento. Il risultato è che, alla fine di luglio, Deutsche Bank ha già triplicato i suoi titoli italiani, che da 996 milioni sono risaliti a tre miliardi. Può sembrare una cifra modesta rispetto agli otto miliardi del dicembre 2010, ma secondo l’accusa anche quel dato va spiegato»

In realtà, quello che bisognerebbe spiegare all’accusa, ed a tutti i nostri cosiddetti giornalisti investigativi, è che se stai speculando al ribasso (ammesso e non concesso che i tuoi annunci riescano a muovere il mercato, ma nel caso di DB assumiamo di sì), prima annunci di aver azzerato la posizione su un titolo, poi attendi il panico e la risalita dei rendimenti, e solo dopo ricompri una quantità anche parziale di quei titoli. Se invece prima compri (tra il 30 giugno ed il 25 luglio), e poi annunci che nel primo semestre hai venduto quasi tutto, significa che o pensi che la tua frase non muoverà il mercato, oppure sei un coglione che sta autoinfliggendosi una perdita. Ecco quello che serviva spiegare ai cosiddetti inquirenti, ed anche a tutti i nostri baldi giornalisti investigativi, oltre a regalare loro un bel voucher per un corso di logica elementare.

Anche perché:

«Proprio la soglia di tre miliardi rappresentava, per Deutsche Bank, il livello consueto, normale, di esposizione al rischio Italia. Alla fine del 2010 la cifra si era impennata soltanto per effetto dell’acquisizione di Postbank, un altro istituto tedesco, che aveva le casse piene di titoli italiani. Tornare a quota tre miliardi, dunque, per il colosso di Francoforte era un semplice riallineamento: il ritorno alla situazione standard»

Quello che è accaduto è che DB ha azzerato la posizione in titoli di stato italiani sbagliando timing, come accade a qualsiasi entità che sta sui mercati. Dopo di che, hanno ricostituito la “soglia neutrale” di 3 miliardi in un momento non troppo opportuno (col senno di poi), visto che avrebbero potuto fare la stessa operazione dopo il 26 luglio, a rendimenti crescenti e prezzi calanti. Ma non è neppure quello visto che, secondo la ricostruzione, DB aveva venduto 4 miliardi di nostri titoli di stato (la quota in pancia alla neo-acquisita Postbank, verosimilmente) già nel primo trimestre, che è stato un periodo di rendimenti del tutto stabili, col Btp decennale posizionato tra il 4,2 ed il 4,4%. In soldoni, DB si è resa protagonista di un astutissimo complotto contro sé stessa.

La sintesi? Che, se l’impianto accusatorio è quello descritto nel pezzo di Biondani e Piana sul settimanale, cioè i famosi 25 giorni di “acquisti segreti” (sic), allora ribadiamo che a Deutsche Bank avevano dei manager massimamente stupidi, per livello di autolesionismo. Le speculazioni ribassiste si fanno in modo esattamente opposto a quando descritto. Quindi, mentre attendiamo l’archiviazione della Procura di Milano, che sarebbe la terza rispetto ai “filoni” tranesi, resta la domanda: chi paga per tutte queste “inchieste” della procura di Trani? Quanto all’Espresso, forse sposare la “causa” patriottica già dal titolo del pezzo (“2011: Deutsche Bank attacca l’Italia“), non si rivelerà scelta particolarmente felice. Ma potrebbe non essere troppo grave, rispetto ad un “celebre” precedente della stessa testata.

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