Un Centinaio di gemelli

Sul Foglio, oggi trovate un’intervista di Luciano Capone al ministro per le Politiche agricole, il leghista Gian Marco Centinaio. Intervista che potremmo anche definire sorprendente, oltre che interessante, per un paio di affermazioni del ministro. Che è ad alto rischio di conflitto col suo gemello: vedremo come andrà.

Intanto, e in attesa di smentita o rettifica, Centinaio si è fatto un’idea sul caso Xylella in Puglia:

Salvini diceva: “Maledetta Unione Sovietica Europea! Ordina di abbattere gli ulivi anche se non malati di Xylella”. Chi aveva ragione?
«Diciamo che aveva ragione l’Europa e chi chiedeva di intervenire più velocemente possibile»

Che esista un leghista disposto ad affermare che “aveva ragione l’Europa”, ricorda molto la notiziabilità dell’uomo che morde il cane. Ma le dichiarazioni più sorprendenti, Centinaio ce le regala sul Ceta, il trattato di libero scambio tra Canada e Ue, vero spaventapasseri della maggioranza gialloverde (o gialloblù), che minaccia di abbatterlo al momento della ratifica parlamentare, facendolo così decadere per l’intera Unione. Qui Centinaio ci fa trasecolare, per la razionalità delle argomentazioni:

«Sono straconvinto che abbiamo tutto il tempo necessario per ragionarci – dice al Foglio il ministro Centinaio –. Visto che sul Ceta tutti i paesi europei devono esprimersi e se ne sono espressi solo undici, ho chiesto al governo e alla maggioranza di prendere decisioni sui dati oggettivi e non semplicemente su sensazioni, sentito dire o dati unilaterali forniti da una parte»

Sembrava già tutto stabilito.
«Non siamo il governo degli hooligans o delle tifoserie e io non voglio prendere decisioni perché c’è una categoria che mi tira la giacca per dire vota sì o vota no. Dobbiamo votare in modo determinato e consapevole sulla base dei dati ufficiali. Sono disponibile a far passare qualche mese per capire realmente come stanno le cose, abbiamo la possibilità di prendere decisioni consapevoli senza farci del male»

Grande equilibrio, no? Della serie “conoscere per deliberare”. Intanto, traspare l’assoluta assenza di fretta, in apparente divergenza col ministro Luigi Di Maio, che pare non veda l’ora di portare in aula un bel niet da appuntarsi al petto, e magari da utilizzare come moneta di scambio non è chiaro con chi e su cosa.

Luciano Capone prosegue nel suo approccio maieutico, e fa notare al ministro che non è che il mondo dell’agroalimentare italiano sia così monolitico nell’opposizione al Ceta, anzi; l’impressione è che ci troviamo in uno scenario di maggioranza sin qui silenziosa e di minoranza assai rumorosa, ma che qualcosa sia nel frattempo cambiato. Commenta Capone:

«I principali consorzi, che rappresentano oltre il 90 per cento dell’export del made in Italy – dal Grana padano al Parmigiano reggiano, dal prosciutto di Parma al San Daniele, dall’aceto balsamico di Modena ai vini doc – sono favorevoli al Ceta, perché per la prima volta i loro marchi vengono tutelati anche all’estero. Sui media passa la posizione ostile della Coldiretti, ma la maggior parte dei produttori non vede così male l’accordo con il Canada»

Lo sapevate? Non penso, visto il sopracitato frastuono da sovra-rappresentazione mediatica. Ancora una volta, Centinaio è molto saggio:

«È vero, ha ragione. Ma se devo fare un ragionamento del genere, allora rispondo che sono il ministro di tutta l’agricoltura italiana e di conseguenza voglio tutelare tutti. Se dall’accordo viene tutelato il 90 per cento di chi fa esportazioni, visto che manca poco, io con un piccolo sforzo voglio arrivare al 100 per cento»

A rischio di perdere il 90?
«No, perché la seconda opzione che propongo è: fatemi vedere i numeri, non solo i comunicati stampa. Proprio per questo dico che non bisogna avere fretta, nessuno ci sta chiedendo di votare il Ceta entro tre mesi, abbiamo ancora due anni e quindi possiamo far passare del tempo e vedere se nel medio termine i numeri sono quelli che mi vengono riferiti dai consorzi»

Posizione di grande buonsenso, che si traduce con un bel “magna tranquillo, ché c’è tempo per portare in aula il Ceta”. Però. Però. Però pare che di Centinaio ce ne sia più d’uno, come ben si conviene ai potenti pro tempore della Penisola. Ecco, ad esempio, cosa dichiarava un gemello di Centinaio solo otto giorni addietro:

«Oggi come oggi nessuno ci sta dicendo in modo concreto e con dati reali e razionali che la posizione che abbiamo assunto nel contratto di governo è una posizione sbagliata, nessuno ha fretta di portare il Ceta in Aula, e quindi vogliamo capire se realmente il Ceta è vantaggioso per il nostro Paese, ad oggi ci sembra di no”. Così il ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio al suo arrivo al Consiglio agricoltura e pesca a Bruxelles» (Ansa, 16 luglio 2018)

Ed anche, sei giorni addietro:

«La sensazione che abbiamo – ha aggiunto il ministro – è che il Ceta non sia vantaggioso per l’agricoltura italiana. Magari lo è per l’industria, per l’industria di trasformazione, ma per l’agricoltura no, visto che, su 250 prodotti Dop e Igp, solo una quarantina verrebbero tutelati. Voglio dati oggettivi», ha concluso Centinaio (Ansa, 18 luglio 2018)

Quindi, sino alla settimana scorsa, il ministro Centinaio era il ministro dei soli agricoltori ma non dell’industria di trasformazione. Oggi, al Foglio, è invece divenuto l’ecumenico difensore di tutta la filiera agroalimentare italiana, trasformatori inclusi. Non è chiaro se ciò si debba ad un rapido calcolo dei voti disponibili o se ad altro. Come che sia, registriamo con soddisfazione questa presa di posizione di assoluto buonsenso. Il tempo dirà, sul nostro interscambio agroalimentare col Canada. Vedremo se spunteranno altri gemelli Centinaio, un cognome che promette bene, e se e come si arriverà allo scontro con le truppe di Giggino il No Global, in una maggioranza che è una continua sfida alla legge di gravità, oltre che al senso del ridicolo.

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