Psicopatologia del teatrino italiano

Mi perdonerete se tornerò brevemente sul tema degli spasmi che periodicamente in Italia abbattono sedicenti maggioranze di governo. Il fenomeno è noto da decenni, visto che caratterizzava già la cosiddetta Prima Repubblica, che pure molti insistono a guardare con trasognata e mal riposta nostalgia. In realtà si tratta, come vi segnalo ormai da anni, del sintomo della separazione della società italiana per bande e clan, che a sua volta produce profonda diffidenza e un orientamento al brevissimo termine, nella cattura di risorse fiscali, in un quadro a somma zero.

In questo momento, sul tavolo o sul tappeto, come si diceva un tempo, abbiamo due psicodrammi al prezzo di uno. Il primo è quello relativo alla ratifica della revisione del trattato MES, dopo un anno di fermo imposto all’Europa per spazzare sotto il tappeto le tensioni tra bande italiane di maggioranza e opposizione pro tempore.

Niente realtà, siamo italiani

I fatti sono noti, ma li riepilogo. La revisione del MES produce un trattato meno duro rispetto all’esistente, checché ne pensi la classe politica del paese che non è riuscito a comprendere il significato testuale della direttiva BRRD sul bail-in delle banche, trovandosi quindi un giorno di novembre di cinque anni addietro a precipitare dal seggiolone.

Ma per gli italiani di Pavlov, ormai, tutto quello che si chiama MES genera immagini di mezzi corazzati e truppe di occupazione che marciano al passo dell’oca; quindi niente MES, in nessuna forma. Problema: come approvare allora la revisione del trattato senza sputtanarsi (pardon my French) davanti agli altri paesi europei, che tuttavia hanno capito da tempo come funziona la Penisola alla deriva nel Mediterraneo?

E come resistere agli squilli di tromba di manipoli di “ribelli” che minacciano di salire in montagna e guidare la resistenza, al modico compenso di circa quindicimila euro mensili (di soldi dei contribuenti), ma che in realtà stanno lottando per la prevalenza contro sub-fazioni interne alla propria? Come sempre in questi casi, soccorre la fantasia italiana; quella che piacerebbe molto a Noam Chomsky, quella basata sul pervertimento del senso logico delle parole.

“Facciamo così, niente MES sanitario e votiamo la revisione del trattato, a patto di dichiarare che mai lo useremo”. Che ci sarebbe da ridere, se non fosse la drammatica conferma di quello che accade quando il suk incontra la realtà (spoiler: il suk è morto). Come realizzare concretamente questo proposito di mediazione? Attendiamo che qualcuno decida di dare cogenza all’iniziativa, magari proponendo di scriverlo in Costituzione. Circostanza che, tra l’altro, servirebbe a prendere tempo, molto tempo. Questa cosa di votare trattati e direttive senza comprenderne lettera e conseguenze è altro segno distintivo dell’italianità, sapete?

A ruota, seguono anziani “padri della patria” che da un quarto di secolo tentano di tenere unite con lo sputo e la chiacchiera improbabili coalizioni di desistenza tra sigle partitiche della destra più becera d’Europa. Tentativo frustrato in modo invariante, come forse saprete se non avete vent’anni e neppure trenta.

Euro-bottino al tavolo degli sconfitti

Poi abbiamo la gestione del maggior biglietto vincente della lotteria finito in tasca all’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale, il cosiddetto Next Generation EU. Ben 209 miliardi, di cui circa ottanta “a gratis”, con cui surrogare la dilapidazione di risorse fiscali prodottasi negli ultimi decenni. E quando ci ricapita più, a meno di una guerra con qualche milione di morti e di un tavolo dei vincitori o dei vinti a cui sederci?

Ecco quindi che parte il negoziato tra fazioni su come spartirsi l’epocale bottino. Poiché nel frattempo la debolezza del paese di fronte alla realtà è sempre più grave, ecco che la figura del primo ministro pro tempore svetta e si staglia, non per capacità di fare ma per abilità a tenere al loro posto bande terrorizzate di tornare al voto e che si paralizzano a vicenda.

Resta il punto: come accontentare milioni di clientes sparsi per la penisola e simulare una zuffa sanguinosa sui “principi” senza far crollare tutto e finire sotto le macerie, cioè alle urne? E come riuscire a mettere propri fiduciari a guardia del bottino, segnalando alle tribù di essere orientati al compito e detestare le pastoie burocratiche? Idea: con dei supercommissari, veri e propri dei ex machina che sbucano in calzamaglia e mantello dalle tenebre e whooosh (onomatopea del fruscio del vento) ci regalano tanti Ponti di Genova. “Ah, noi italiani”, disse il solito pubblicitario scemo.

La libanizzazione parolaia e il sor Cencelli

Solo che, anche qui, sigh, c’è il problema della spartizione dei supereroi, e di conseguenza tutto si blocca, attendendo il vero supereroe italiano, il sor Cencelli di antica memoria. Nel frattempo, è tutto un wrestling alto e nobile “per il futuro dei nostri figli”; quelli fottuti a colpi di debito e che sempre più numerosi riparano all’estero o cercano un sussidio parassitario che consenta loro di non perdersi nessuna puntata della D’Urso o l’intero palinsesto diurno delle tv italiane. Attendendo di poter fare i camerieri per turisti stranieri al nuovissimo parco tematico Ilva, in quel di Taranto, a bonifica completata.

Ogni volta, per le fazioni si tratta di cosiddetto rischio calcolato: fingere di darsele di santa ragione per poi sedersi a tavola, tutti assieme appassionatamente, e spartirsi il bottino. È così da decenni, badate. Solo che, a volte, i contendenti si prendono male le misure e finiscono col premere davvero il bottone dell’autodistruzione, che sin qui è stata a sua volta finta, nel senso che rimanda a elezioni non potendo ancora contare su metodi libanesi di regolamento di conti tra fazioni. Per il momento, tranquilli: siamo ancora ai semplici tentativi di decostruire e ricostruire bande entro il parlamento.

È l’eccezionalismo italiano, bellezze, e voi non potete farci niente. Quello che vive di record immaginari e capi bastone il cui mondo mentale spazia tra tribù di predoni e spietate ma nobili figure della tradizione delle città-stato della Penisola italiana nel Medioevo. Un vero peccato che io non abbia la fantasia per vedere queste dispute a somma negativa in modo più aulico del laboratorio con cavie impazzite che si divorano a vicenda.

Photo by Sailko

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