Dopo la solenne intesa tra governo e sindacati, che dovrebbe porre le basi per l’agognata rivoluzione della pubblica amministrazione, e in attesa di conoscere in che modo i principi generali verranno declinati operativamente, è il momento delle dichiarazioni dei leader sindacali. In almeno un caso, siamo ancora alla dimensione onirica, supportata dal fondamentale momento storico che stiamo vivendo: quello in cui i vincoli di bilancio sono scomparsi, e tutti siamo intenti a perseguire la felicità.
In tal senso va letta l’intervista del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, concessa a Paolo Griseri de La Stampa. Il preambolo è dovuto: “Credere che il mercato potesse risolvere tutti i problemi è stato un grave errore”. Sarei incline a convenire, entro ragionevoli limiti, ma il concetto di ragionevolezza resta fortemente soggettivo.
La nuova P.A.
Che alla pubblica amministrazione italiana serva un drastico cambio di passo è fuori discussione, visto che nel corso degli anni si è trasformata in un vero grumo di antimateria, capace di rendere negativa la produttività totale dei fattori nel nostro paese. A maggior ragione ora, visto che il Recovery Plan dovrà essere supportato dalla PA, pena il fallimento del progetto.
Quindi bene la regolazione dello smart working ad esempio, e bene il maggior peso alla contrattazione decentrata. A patto di avere una reale incentivazione per obiettivi e non la somma di voci retributive che piovono erga omnes. Sarei scettico circa la capacità dei sindacati a perseguire simili innovazioni, visto il modo in cui per decenni hanno cogestito la P.A., ma quello è altro discorso.
C’è un punto su tutti: l’elevata età media dei dipendenti pubblici, causata da pluriennali blocchi del turnover. Che la vulgata vuole causati dalla mitologica “austerità” ma che sono semplicemente il momento in cui si prende atto che, se un paese distrugge risorse fiscali con una pubblica amministrazione devastata, prima o poi il conto arriva. Il vincolo di bilancio è la prosecuzione con altri mezzi del vincolo di realtà, dopo tutto.
La staffetta generazionale e il sapere tramandato
Landini ha le idee chiare, almeno dalla sua visione del mondo. Inclusa la riproposizione del feticcio tutto italiano della staffetta generazionale:
Innanzitutto assumendo i giovani. Il turnover è fermo da tempo e dovrà essere sbloccato. Poi tanta formazione per tutte le lavoratrici e i lavoratori. Infine sperimentando anche staffette generazionali: per ogni dipendente che va in pensione, uno va assunto.
Alla domanda se si punti davvero a un rapporto di uno a uno tra uscite ed entrate, ancor meno dubbi:
Perché no? Prevedendo naturalmente una fase di affiancamento tra chi entra e chi esce perché non vada perduta l’esperienza di chi lascia.
Ora, non vorrei essere il solito disfattista ma vorrei capire di quale “esperienza” staremmo parlando, visto che il dramma della nostra pubblica amministrazione è la l’inadeguatezza di competenze e profili professionali. Temo quindi che questa preziosa “tradizione artigiana” tra pubblici dipendenti, da custodire gelosamente e tramandare con cura, sia una robusta incoerenza di Landini, e non solo sua.
Ma per caso servono anche prepensionamenti, così chiudiamo il cerchio dei grandi totem sindacali? Certo che sì:
C’è bisogno di rimettere mano alla riforma delle pensioni. Favorire il ricambio generazionale con percorsi di accompagnamento all’uscita è anche un modo, all’interno di una riforma, per attutire l’effetto della fine di quota cento.
Quindi, vediamo: per contrastare l’effetto della fine di Quota 100 serve introdurre un equivalente di quota 100, i prepensionamenti. Manca solo di affermare che i prepensionamenti servono per attuare un profondo ricambio di competenze e, un secondo dopo, sostenere che serve affiancare i “giovani” entranti agli “anziani” prepensionandi “perché non vada perduta l’esperienza di chi lascia” e abbiamo tesi e antitesi felicemente coniugate. Basta col neoliberismo del principio di non contraddizione!
Alitalia, classe turistica
E dopo aver messo gli occhiali da sole, per guardare il luminoso futuro che ci attende, veniamo ad altri due bubboni Made in Italy:
Avviata la pratica del pubblico impiego restano sul tavolo altri due temi spinosi. Partiamo da Alitalia. Chiunque ci abbia messo mano parla di migliaia di esuberi…
«Primo: non parliamo di esuberi, sono persone. Che vanno valorizzate. Bisogna scommettere sul rilancio del turismo dopo l’epidemia e capire quale ruolo può giocare in questo progetto la compagnia di bandiera. A questo scopo è necessario un vero piano industriale che utilizzi le consistenti risorse messe a disposizione».
Repetita iuvant: senza una “compagnia di bandiera”, il nostro turismo non si rilancia. Pare sia anche nelle Sacre Scritture. Nel frattempo, pare si stia pensando a ulteriori 4-5 anni di cassa integrazione per quanti resteranno nella BadCo, che mi pare un ottimo modo di portare rispetto alle persone, almeno a quelle che lavorano in Alitalia. Del resto, le risorse sono “consistenti”, e si sommano ai molti altri miliardi di rilanci per il nostro prestigioso vettore, quindi diremmo che si prosegue.
Ma attenzione: se pensate che il segretario del maggior sindacato italiano stia discriminando a favore di poche migliaia di fortunati, e trascuri i dipendenti di altre aziende in sofferenza ma meno cruciali rispetto ai messianici flussi turistici, fatevela passare:
Anziché alimentare la competizione tra persone che hanno bisogno di lavorare sarebbe utile pensare a una strategia per rinnovare questo Paese. Il dramma della pandemia ci offre questa opportunità. Sfruttiamola.
Basta con queste guerre tra poveri: rinnoviamo il paese con una strategia. Sperando non sia quella sin qui seguita per Alitalia, altrimenti saremmo in guai serissimi. E su Ilva, il secondo bubbone? Niente paura: nuove tecnologie per il superamento delle fonti fossili, un bel target produttivo di quelli realistici, tipo otto milioni di tonnellate di acciaio, e risolto.
La sinistra riparta da Conte
Quanto agli ultimi due governi, Landini è molto chiaro: Conte gli è rimasto nel cuore, perché ha fatto
[…] il blocco dei licenziamenti, l’avvio della riduzione delle tasse sulle buste paga. Ed è il governo precedente ad aver portato a casa 200 miliardi che arriveranno dall’Europa.
L’avvio (sic) della riduzione delle tasse in busta paga sarebbe la maggiorazione del cosiddetto Bonus Renzi, che già di suo è altamente imperfetto, per usare un eufemismo, ma transeat. E la leggenda di Conte che con la sola imposizione della pochette va in Europa e porta a casa 200 miliardi fa ormai parte del patrimonio culturale della sinistra italiana, prossima a sposarsi con quel che resta del M5S, quindi prendiamo atto. La Nuova Sinistra parte da un assioma:
Per molto tempo in Italia e in Europa i progressisti hanno accettato l’idea che fosse il mercato, da solo, a risolvere tutti i problemi.
Un’impresa da far tremare le vene ai polsi: lottare contro il mercato. Anche qui, ci soccorre l’appuntamento col destino della fusione a sinistra: parlo del modello Roma, dove le municipalizzate producono voragini nei conti pubblici per un evidente fallimento del mercato, come accade alle farmacie comunali, ad esempio. Preclaro esempio della incapacità dell’egoismo mercatista a soccorrere tutti, inclusi quelli che il destino ha punito, facendoli vivere nelle sperdute lande dell’Urbe.
Ma non attardiamoci: ora che liberismo e mercatismo sono finalmente alle spalle e il sindacato potrà finalmente partecipare alla rifondazione virtuosa della pubblica amministrazione, da cui per troppo tempo è stato ingiustamente escluso, il nostro paese può guardare con fiducia all’avvenire.
Foto: Quirinale