Il complotto contro John Fitzgerald Conte

S’ode un nuovo gracidio, nella bolla dello stagno romano. Retroscenisti e politologi da dopolavoro fremono di eccitazione per le nuove rivelazioni sulla caduta del governo Conte 2 (e magari anche dell’1, mi voglio rovinare): inviso ai poteri forti domestici e soprattutto internazionali. Un governo che stava cambiando il volto dell’Italia (eh?) e che quindi ha pestato molti, troppi piedi. Non so se si tratti di un nuovo modo per ingannare il tempo e la pandemia, in attesa delle riaperture che il mondo ci invidierà, ma temo si tratti di fiction di infima qualità, persino per un paese come l’Italia, dove ormai il trash sgorga dai rubinetti.

Tutto è iniziato con la nuova corrente-non corrente in seno al Partito democratico, animata da Goffredo Bettini, che mi dicono essere da tempo vera eminenza grigia di quel partito e di ciò che quel partito ha preceduto.

Tempi correnti

Una corrente di ispirazione cattosocialista (yawn) nata per lottare mitridaticamente contro le degenerazioni correntizie ma anche per far sentire il peso della tradizione della sinistra dento il Pd, che rischia altrimenti di smarrirsi. In altri termini,

[…] un’area di pensiero plurale, aperta, priva di un leader monocratico, che si pone l’obbiettivo di contribuire alla ricerca di una più forte identità del Pd e di pesare negli orientamenti del campo democratico.

Tradotto: se saremo in molti, potremo segare le gambe della sedia del segretario pro tempore. Lo so, di queste cose vi frega il giusto, cioè nulla. Queste sono le teorizzazioni di cosiddetti intellettuali la cui funzione è quella di creare una camera a eco per certificare la propria esistenza in vita.

Infatti sto cercando di tenermi molto lontano da “analisi” di questo tipo di dialettica. Quello che vorrei fare è cercare di capire per quale motivo Giuseppe Conte sia portato in processione come fosse un ogm tra John F. Kennedy e Aldo Moro.

A rincalzo della tesi di Bettini anche Andrea Orlando, altro politico di carriera, privo del pedigree di intellettuale ma che ha sin qui inanellato una serie di importanti ministeri, e che precisa che non di complotto si sarebbe trattato bensì di

[…] una ostilità diffusa delle élite di questo paese che vedono il populismo come un fatto accidentale e non come il frutto della deresponsabilizzazione progressiva delle classi dirigenti.

Qualunque cosa ciò significhi, nel grammelot dei sociologismi dell’avvenire che non vuol passare. Come che sia, dopo i marxisti per Tabacci e i liberali (con tante b) per Salvini, ecco i piddini per Conte.

Imbalsamati e Conte(nti)

Su Conte, mi sono già espresso: una figura di mediazione tra impotenze inconciliabili, nel declino difficilmente reversibile del paese. Il prodotto della paralisi italiana, a cui sono state attribuite colpe e meriti che semplicemente mai ha avuto, e che invece tali risultano a causa del devastante provincialismo del nostro cosiddetto dibattito pubblico. Anche per quello tendo a simpatizzare (umanamente) per lui.

Conte esiste dove esistono spossanti negoziati sul nulla, mentre il terreno diventa sempre più friabile sotto i nostri piedi, e si trasforma in sabbie mobili. Missione non impossibile per un mediatore di razza, come viene dipinto dai suoi non pochi corifei.

No, we couldn't
No, we couldn’t

In quanti stanno seguendo le vicende del fu M5S, alle prese con una trasformazione che è puro adattamento di sopravvivenza, e che è sempre più inviluppato in una battaglia potenziale non di idee ma di carte bollate? Dopo la diretta Facebook al popolo pentastellato, qualche tempo addietro, che è suonata come il remake di innumerevoli notturni dal balcone social per comunicare chiusure e strette antipandemiche, Conte si è eclissato.

Pare lavori a un programma rifondativo ma nel frattempo crepitano i lanci di agenzia e le prese di posizione di eletti che lottano disperatamente per i loro ideali. Cose del tipo: “quanti mandati servono, per servire la democrazia dal basso e rigenerare un paese preda di corruzione?”

L’armatura bucata dalla ruggine

Una mano di verde, un nuovo logo e via, verso nuove avventure. Pare che questo marchio, pur riverniciato in un modo che neppure dissimula la ruggine sulla propria armatura, che pure era garantita anticorrosione, abbia ancora non trascurabile valore, sul mercato delle auto usate della politica italiana.

Almeno, a giudicare dai sondaggi e sin quando i medesimi non saranno spazzati via dalla “prova del budino” di una elezione, che potrebbe costringere tutti i teorici intellettuali del Pd a scoprire che il famoso serbatoio progressista da sifonare nel proprio motore non è mai esistito.

Io invece vorrei richiamare la vostra attenzione sulle opere di Conte, prima che su suoi pensieri e parole. Perché, alla fine, sono le opere a firmare il giudizio della storia sugli uomini. Almeno, così credevo ma non ne sono più così sicuro. Riguardo al nostro paese, pare che il giudizio della storia si faccia attraverso i se e la fiction. Il confronto tra l’imponente nulla teorizzato durante la propria esperienza politica e gli assai concreti danni inflitti al paese.

Questi ultimi non conteranno, retrospettivamente, perché sciolti nell’acido della pubblicistica del “se lo avessero lasciato lavorare, non sarebbe successo”, e del “questi sono i risultati di un evidente sabotaggio delle sue scomode idee”. Non vale solo per Conte, sia chiaro. Anzi. Date un’occhiata a orfani e vedove della Prima Repubblica e di alcuni suoi caratterizzanti leader, quelli che ci hanno messo la corda attorno al collo.

Siam tre piccoli bubboncin

Nel mio piccolo e inutile, vorrei solo richiamare la vostra attenzione alle “rotture” che John Fitzgerald Conte detto Cunctator ci ha donato. Ad esempio quella su Ilva, finalmente tornata alla casa del padre Stato. La famiglia Mittal, duramente punita, riesce a deconsolidare il siderurgico italiano dal proprio impero grazie all’ingresso di Invitalia, dopo che il fu M5S decise che era tempo di chiudere e trasformare Taranto in un bel parco a tema, con animatori rigorosamente italiani.

All’epoca il casus belli, per i pentastellati, fu la questione del presunto scudo penale. Oggi la musica è completamente cambiata, cari Voi. Infatti,

Circa le condizioni sospensive nuovamente richiamate, sono quelle già note e cioè le modifiche del piano ambientale dell’azienda, per tener conto del nuovo piano industriale predisposto da ArcelorMittal e Invitalia nei mesi scorsi, la revoca dei sequestri penali degli impianti di Taranto, nonché l’assenza di misure restrittive verso Acciaierie d’Italia nell’ambito dei procedimenti penali relativi a Ilva. Se queste condizioni non ci fossero tra un anno, Acciaierie d’Italia sarebbe svincolata dal concludere l’acquisto dell’ex Ilva e il capitale investito verrebbe restituito.

Sembra una richiesta di scudo penale ma di certo m’inganno. Tradotto: o la magistratura sta tranquilla, oppure Invitalia si chiama fuori. Che è minaccia che ha la stessa credibilità dell’abbandono della vita politica in caso di sconfitta elettorale o referendaria. O dei proclami sulla rinascita di Alitalia solo come azienda in grado di stare sul mercato.

Il prezzo da pagare (ai Benetton)

Umiliati a questo modo i Mittal, tocca ora ai Benetton, da quasi tre anni sotto scacco e tallone della caducazione delle loro concessioni. “Teneteci, o revochiamo”, “revochiam, revochiamo”, “con la sola imposizione della lingua ti metto sul lastrico”. Morale: dell’azione di revoca si è persa traccia, Cassa Depositi e Prestiti continua a rilanciare sin quando il prezzo sarà giusto (per il venditore), e ora arriva dalla Spagna anche l’amico Florentino Perez per dare una mano a “valorizzare” Autostrade per l’Italia. Quanto dista il Piave da Ponzano Veneto?

Sulla sopracitata Alitalia, che ha attraversato anche i governi Conte, trapassandoli, poco da aggiungere. Mi pare che qui il problema non sia il premier pro tempore ma la falange tricolore che ricomprende tutto l’emiciclo parolaio. Ciò non toglie che i governi Conte abbiano pompato ulteriormente il bubbone.

Ma non temete: i posteri ci diranno che l’avvocato è stato artefice della maturazione che ha portato il Paese a smettere di svalutarsi e ad assumere consapevolezza del proprio ruolo internazionale.

Da questi episodi “minori”, il cui costo eccede e continuerà largamente a eccedere quello della rifondazione del “sistema sanitario migliore del mondo”, si può comprendere perché Giuseppe Conte fosse tanto inviso ai poteri forti internazionali e domestici, in caso quest’ultimi esistessero realmente. Io resto della mia disfattistica idea: c’è un complotto contro l’Italia: i colpevoli sono gli elettori italiani.

Mi resta anche il dubbio che, da noi, i politici servano soprattutto a direttori di giornali che pensano di essere precettori e demiurghi. Pronto il titolo per il nuovo capitolo della storia patria: là, dove osano le mosche cocchiere.

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