Con l’approssimarsi delle riaperture e della agognata fine della pandemia (una fine con coda lunga e profili di vario rischio, inclusi richiami vaccinali annuali), inizia a stagliarsi all’orizzonte il tema che accompagnerà il mondo negli anni a venire: la gestione del debito pandemico, quello che si è fatalmente formato durante lockdown e blocchi di attività in oltre un anno. Il tema riguarderà debito pubblico e privato e per gestirlo servirà una discreta dose di fantasia.
Un esempio proviene dal Regno Unito, dove dal 30 giugno verrà rimosso il blocco degli sfratti commerciali, introdotto a marzo 2020. Se i proprietari (landlord) chiederanno agli inquilini (tenant) gli arretrati di affitto in unica soluzione, minacciando sfratti in caso contrario, il risultato sarà una strage di attività commerciali, soprattutto nel settore della hospitality (ristoranti, pub), dove si stima che gli arretrati ammontino ancora oggi a 6 miliardi di sterline.
Gestire il debito dei locali
Per questo l’organizzazione di settore, UKHospitality, si è già mossa presso il governo, affinché prenda posizione. Questione delicata, perché implica intervento pubblico su contratti privati, ma ineludibile, e che riguarderà praticamente tutti i paesi. Per questo è utile guardare a come evolverà la situazione del Regno Unito, che è il battistrada delle riaperture, con quello che conseguirà in termini di gestione delle nuove criticità che emergeranno.
I negoziati tra proprietari e inquilini sono in corso e il governo ha lanciato una pubblica consultazione, proponendo sei differenti soluzioni che vanno dalla semplice cessazione del divieto di sfratto con conseguente liberi tutti alla creazione di arbitrati vincolanti tra le parti. UKHospitality propone la proroga a fine anno del blocco degli sfratti e la cancellazione di almeno il 50% del debito arretrato causato da mancati pagamenti degli affitti durante la pandemia.
Le organizzazioni dei proprietari immobiliari, per contro, propongono la segregazione del debito pandemico sino a tutto dicembre, nelle more del negoziato con gli inquilini. Negoziato che dovrà portare a eventuali differimenti e cancellazioni parziali di debito. Gli inquilini titolari di attività di hospitality potranno riaprire completamente dal 21 giugno, e da quel momento dovranno pensare a pagare le imposte sulle attività, la cui sospensione cesserà, e gli affitti correnti e arretrati.
Come si nota, il problema è rilevante e di non semplice soluzione: ne andranno studiati i modelli di gestione. Qualcosa che toccherà anche noi italiani, ovviamente, data l’elevata rilevanza del settore dell’hospitality nel nostro paese.
L’ipoteca del debito pandemico
Quello che è sin d’ora intuibile è che esiste un debito pandemico che resterà a gravare sulle spalle di imprenditori e commercianti, e che tempi e modi di suo rimborso avranno pesanti e ineliminabili effetti redistributivi. Ci saranno forti spinte alla cancellazione del debito privato e alla sua traslazione in capo al pubblico, attraverso il sistema delle garanzie, ad esempio. Una componente “contingente”, cioè potenziale, di debito che rischia di materializzarsi e schiantarsi su montagne di passivi pubblici, come quello italiano.
Ci saranno inevitabili pressioni a prorogare il blocco degli sfratti, immagine speculare di quelle volte a bloccare i licenziamenti. La stessa linea di confine tra la tutela di aziende vitali e l’abbandono al loro destino di quelle decotte tenderà a sfumare, a conferma del fatto che quella distinzione, in astratto ineccepibile, è purtroppo terribilmente teorica, al netto di casi eclatanti di dissesto non reversibile e anteriore alla pandemia che qualcuno cerca di spacciare per “nuovo”.
Al netto del sollievo per un ritorno alla normalità che sentiamo sempre più vicino, la realtà è che i problemi sono tutt’altro che terminati. Anzi, ora ne inizia una nuova categoria, di non semplice gestione.
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