La Cina ha un serio problema: la denatalità. L’ultimo censimento ha evidenziato infatti un calo di popolazione, che le autorità intendono contrastare. Non è bastato, nell’ormai lontano 2015, aver abolito la politica del figlio unico per invertire la tendenza. Anzi, un sistema sociale “impegnativo” e competitivo come quello cinese, dove i costi di istruzione e sanità sono pressoché tutti a carico dei cittadini e non esiste una rete di welfare degna di questo nome, hanno aumentato lo stress e i disincentivi riproduttivi.
Solo poche settimane addietro, il partito comunista ha sdoganato la possibilità che le famiglie giungano anche al terzo figlio, suscitando vivaci polemiche social per i buchi della rete di protezione sociale e per l’onere abnorme posto a carico delle donne, vittime di pesanti discriminazioni sul posto di lavoro.
Ora la svolta, che è pure funzionale a produrre un numero crescente di consumatori, nel paese che ha deciso di privilegiare la domanda interna sulle esportazioni, oltre che a sostenere i maggiori oneri pensionistici e sanitari legati all’invecchiamento. Ma non sarà un processo semplice né è detto sia destinato al successo.
Limitazioni all’aborto
L’azione legislativa pare spingere in direzione di un aumento più o meno “gentile” di natalità. Giorni addietro sono stati annunciati piani per ridurre il ricorso all’aborto non medico, senza tuttavia specificare se in parallelo sarà incentivato il ricorso alla contraccezione.
In Cina, l’aborto è sempre stato largamente disponibile e spesso è servito come strumento di contraccezione di ultima istanza: nel 2016, con la fine della politica del figlio unico, le autorità hanno vietato l’aborto selettivo, mediante il quale le donne sceglievano di avere figli maschi, con conseguente squilibrio di genere che ancora oggi rappresenta un problema per il paese.
La “liberalizzazione” del numero di figli ha conseguenze non volute, legate all’assenza di politiche sociali a favore delle donne e alle discriminazioni di genere sui luoghi di lavoro. Con la norma del figlio unico, i datori di lavoro potevano infatti contare sull’assenza di “incertezza” sulle assunzioni di donne già madri. Ora non è più così e le aziende si mostrano riluttanti ad assumere, mentre si moltiplicano le segnalazioni sulle note domande rivolte alle candidate all’impiego circa la loro vita di coppia.
La legge nazionale prevede l’astensione dal lavoro per maternità per 98 giorni, ma molte province la stanno estendendo. Anche così, si segnalano numerosi casi di discriminazione a danni di neo-madri, in termini ad esempio di demansionamenti. Il divieto legale di licenziare donne con figli sino al compimento del primo anno di vita ha applicazione piuttosto lasca, e le aziende non ne sembrano condizionate.
Il paese inoltre non ha ancora investito a sufficienza in nidi e cura diurna dei bambini, con la conseguenza che molte coppie sono disincentivate ad aver figli, non potendosi permettere babysitter su base continuativa.
Separazioni e decantazioni
Altra decisione delle autorità volta a contrastare la denatalità, sia pure in modo indiretto, è quella di imporre un “periodo di raffreddamento” e riflessione alle coppie che intendono separarsi. A fronte di statistiche che mostrano un forte aumento di istanze di separazione, le autorità hanno risposto sostenendo la necessità di contenere l”impulsività” dei coniugi.
Gli attivisti per i diritti delle donne ribattono che questo aumento di attriti alla procedura di separazione è a rischio di perpetuare situazioni di violenza domestica, oltre a danneggiare le donne che non lavorano e non possono sostenere gli oneri legali aggiuntivi derivanti dalla possibilità che i mariti si oppongano alla decisione di separazione. Le autorità hanno replicato che le donne minacciate possono rivolgersi ai tribunali anziché alle istanze amministrative locali.
L’annuncio del periodo di decantazione ha prodotto effetti non esattamente imprevisti, come la forte accelerazione delle istanze di separazione, che hanno ingolfato gli uffici di stato civile e persino favorito lo sviluppo di app di segnalazione di slot liberi nel momento della pubblicazione dell’informazione sui siti delle municipalità.
Dal contrasto alla eccessiva onerosità dei matrimoni all’aumento dei costi impliciti dei divorzi è un discreto contrappasso, comunque.
In Cina è quindi in corso un tentativo di inversione della tendenza demografica, per sostenere la ristrutturazione del modello economico. Al netto della pesante intrusione nelle vite e nelle camere da letto delle persone, l’esperimento avrà successo solo potenziando in modo robusto l’infrastruttura di welfare e agendo per rimuovere le discriminazioni di genere, per rendere meno costosa l’esistenza. Qualcosa che il programma redistributivo di “prosperità condivisa” non può permettersi di trascurare.