Rimbalzi, timori e vasi di coccio

Nel terzo trimestre, il Pil della Francia è cresciuto del 3% rispetto al trimestre precedente. Con questo risultato, Parigi recupera la voragine pandemica con ampio anticipo rispetto alle previsioni. La crescita acquisita per il 2021, nell’ipotesi che il dato dell’ultimo trimestre sia nullo, è di 6,6%. Per l’Italia, la prima stima della variazione del Pil nel terzo trimestre segna +2,6% trimestrale e +3,8% tendenziale, con crescita acquisita per il 2021 al 6,1%. Il forte rimbalzo prosegue più o meno ovunque, quindi, mentre la Bce è impegnata in un braccio di ferro coi mercati, che le credono sempre meno.

Le pressioni inflazionistiche non hanno per ora determinato una frenata alla crescita, mediante distruzione della domanda. Forse l’eccezione, per nulla trascurabile, è l’economia tedesca, che sta frenando in modo visibile e soffre di più sulle filiere globali. Ieri la Bce, nella conferenza stampa di Christine Lagarde, ha comunicato che il PEPP, il programma di acquisti pandemici, terminerà a marzo 2022. Non che ci volesse particolare scienza a intuire ciò, visto che parliamo di acquisti per 80 miliardi al mese, di cui sin qui effettuati circa 1.450 miliardi su 1.850.

Nella riunione di dicembre, la Bce presenterà le nuove previsioni di crescita e inflazione ma soprattutto quantificherà la maggiorazione al suo programma di acquisti “ordinario”, APP (Asset Purchase Program) che oggi è pari a 20 miliardi mensili.

Servono ancora stimoli monetari?

Potreste chiedervi se serve un programma di ulteriori stimoli monetari da parte della banca centrale, visto il vigore della ripresa. Non avreste tutti i torti. La motivazione ufficiale per gli acquisti è che le previsioni di inflazione non mostrano ancora la stabilizzazione intorno al numero magico di una crescita del 2% dei prezzi.

Ma al momento l’incertezza sull’inflazione è molto elevata. Di questo i mercati sono consapevoli, visto che in giro per il mondo cresce il numero di banche centrali di paesi sviluppati che stanno abbandonando politiche monetarie fortemente espansive e cercano di muoversi verso la stabilizzazione.

Ultime in ordine cronologico quella australiana e canadese, che vivono sulle proprie economie il boom delle materie prime, pur in mezzo a mille ostacoli e ostruzioni nelle filiere globali. Le banche centrali di paesi emergenti sono invece in piena bufera inflazionistica e quasi tutte, a parte la follie della Turchia, hanno iniziato robuste strette monetarie.

I mercati credono meno alla retorica piuttosto offuscata della Bce, e infatti stanno anticipando il momento del primo rialzo dei tassi. Dieci centesimi per fine 2022. La Bce e Lagarde cercano di respingere questa scommessa, che rischia di trasformarsi in un braccio di ferro, ma appaiono sempre meno convincenti.

Non siamo d’accordo con la previsione espressa dai mercati sui tassi, ha in pratica detto ieri Lagarde, ma non spetta a noi della Bce dire se gli investitori si sono portati troppo avanti con le loro sceneggiature. Che come piroetta dialettica non è male.

Stime di inflazione avvolte dalla nebbia

Abbiamo detto che il razionale per proseguire con lo stimolo è dato dalle stime di inflazione attesa per il 2022, che in eurozona tornano a scendere. Ma tali stime restano soggette a incertezza alta e crescente. I colli di bottiglia delle filiere globali non si risolvono, il mercato del lavoro resta molto tirato pur non avendo ancora recuperato i numeri di occupati del pre-pandemia. Transitorio o permanente? Per quanto tempo aziende e lavoratori crederanno alla prima ipotesi?

Poi, resta la solita domanda: ha senso proseguire uno stimolo monetario della domanda, quando i problemi sono dal lato dell’offerta? E ha senso proseguire tale stimolo monetario e metterlo a servizio di uno stimolo fiscale che i governi continuano a perseguire malgrado le sopracitate strozzature dal lato dell’offerta?

Pensiamo al caso dell’Italia: c’è una crescita che manda in visibilio parte dei commentatori e della politica, anche se Mario Draghi correttamente segnala che si tratta di rimbalzo e che dovremo dimostrare di trasformarlo in altro. Eppure, lo stesso Draghi e il suo governo non hanno ritenuto di esimersi da una legge di bilancio fiscalmente espansiva. Molti i motivi, tra cui le riforme, che richiedono un investimento iniziale. Ma resta l’espansione fiscale in un momento di crescita molto vigorosa e squilibrata a livello globale.

La Bce si è comprata il deficit

Ricordiamo che quest’anno la Bce si è praticamente comprata tutto il deficit di bilancio dell’Eurozona. Questa situazione non potrà durare, pena grosse tensioni coi mercati, che avrebbero conferma dei propri timori di disordine monetario. Da un bracco di ferro con gli investitori, contrariamente a quanto accadeva in passato, le banche centrali possono uscire con le ossa rotte, e con esse le economie reali.

Solo la crescita mette i conti in equilibrio, come ricorda sempre Draghi. Solo la crescita consente di ripagare il debito, o meglio di mantenerlo sostenibile. Ma è difficile sfuggire alla spiacevole sensazione che, in Eurozona, ci sia “qualcuno” convinto che sia possibile proseguire a oltranza con la Bce che si compra ogni anno il deficit pubblico. Molti di questi “qualcuno” sono in Italia, tra partiti e sindacati.

Nel frattempo, per ricordarci che da qualche parte esiste ancora un lembo di realtà che potrebbe essere strappato con violenza da sotto i nostri piedi, il nervosismo dei mercati sull’annuncio della fase di fine dell’espansione monetaria sta portando lo spread italiano a crescere, silenziosamente ma visibilmente. Questa mattina siamo a circa 125 punti-base. Questo fenomeno accade ai vasi di coccio, notoriamente. Meglio non scordarlo, mentre ci accingiamo a tirare una quantità impressionante di debito aggiuntivo col Recovery Fund.

Spread Btp-Bund 10Y 22-29 ottobre 2021

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