Tra tesoretti e bombe sporche

La contabilità spesso può essere arcana. Quella pubblica lo è ancor di più. Se a questa verità affianchiamo l’irresistibile propensione della politica per l’illusionismo, si comprende come si possano produrre “equivoci” che alimentano rivendicazioni e le immancabili narrazioni. E’ quanto accade con un fondo iscritto a bilancio pubblico dal governo Conte I, quello tra M5S e Lega, per ricordare. Una creazione contabile che rispondeva a una precisa strategia di marketing politico.

Lo ricorda un articolo di Repubblica di oggi che, a partire dal titolo, svia il senso dell’articolo. Non è gravissimo: di solito la funzione dei titoli è esattamente quella, per cui solidarietà alla brava autrice. In pratica, la legge di bilancio 2022 cancella questo fondo, il cui nome è simile al titolo di un film di Lina Wertmüller:

“Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani”

Il superfondo (immaginario) anti-Fornero

Vaste programme. Ma a cosa serviva, questo immaginario pozzo di San Patrizio? A tante cosine, come scrive Valentina Conte:

È il comma 256 della legge 145 del 2018. Il decreto legge 4 del 2019, qualche mese dopo – quello istitutivo del Reddito di cittadinanza e di Quota 100 – attinge a questo fondo per finanziare Quota 100 e altre misure previdenziali come Ape sociale. Opzione donna, il blocco della speranza di vita fino al 2026, il blocco del requisito per l’uscita anticipata a 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) anche questo fino al 2026. In questi anni questo fondo è stato usato, con ogni probabilità, anche per rifinanziare misure come Ape sociale e Opzione donna.

Come potete leggere, tra Quota 100 e, soprattutto, blocco dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, sono soprattutto misure destinate a mettere una bomba “sporca” (parte tradizionale e parte nucleare) nei futuri conti pubblici e nei poveri giovani a cui vorremmo fare una pensione di garanzia.

Ora, il governo Draghi tira una riga su questo fondo che era stato dimensionato in 31 miliardi al 2032 e in seguito 4 miliardi annui. Attenzione: qui parliamo di stanziamenti, cioè di “previsioni” di spesa. Giunti al dunque, gli stanziamenti divengono “impegni“, per i quali servono le famose coperture.

Non vi ammorberò troppo con la distinzione tra i due concetti, men che mai con quello di “residui”. Ai nostri fini basta sapere che gli stanziamenti avrebbero valore “vincolante” solo per tre esercizi finanziari consecutivi. Anche se, alla fine, il vincolo risulta comunque derogabile, per la nota legge umana secondo cui costrutti normativi sono aggirabili per opera dei loro autori. Pensate, tuttavia, a quale valore pratico potrà mai avere un fondo proiettato al futuro per una dozzina di anni. Quello di strumento di marketing politico, appunto.

Non si inventa nulla

A questo proposito, visto che “l’archivio è il mio pastore, non manco di nulla“, mi sovviene che simile operazione di marketing politico era presente nella finanziaria del 2016, governo Renzi. Un “fondone” di 47 miliardi sempre al 2032, appostato nello stato di previsione del MEF per “investimenti e sviluppo infrastrutturale”. Soldi veri, nada. Andavano trovati anno per anno. Oddio, a dirla tutta, meglio trovarli per “investimenti” (ammesso siano veri) che per pensioni e altra spesa corrente, ma il senso è quello. Marketing politico.

Ripetiamolo: dire che, da qui al 2032, saranno spesi (serviranno) 31 miliardi per voci di spesa, in sé non crea i fondi ma solo la faticosa attività di doverli reperire ogni anno. Magari a deficit, negoziando con la matrigna Ue che è invidiosa del nostro successo e della nostra joie de vivre. Oppure con coperture vere, magari con maggiori tasse o tagliando spese ad esempio per sanità e istruzione, chi può dirlo?

Ebbene, ora c’è un problema: che questo fondo abbia lasciato, politicamente parlando, vedove e orfani, e soprattutto “diritti acquisiti”, nel senso che qualcuno potrebbe esigere che questo “tesorettone” venga comunque destinato a voci di spesa di uguale tipologia. Non pare troppo improbabile che qualcuno si levi e dica “ehi, ma noi avevamo messo 31 miliardi per la riforma delle pensioni per abbattere la Fornero [intesa come legge, ndPh.], e quindi i soldi ci sono, giù le mani!

Un bookmark di soldi finti

Invece no, i soldi non ci sono. C’è un “segnaposto” con soldi finti, messo lì come “bookmark” di futura spesa. E che come tale può essere soppresso, ridimensionato o diversamente orientato. E infatti l’autrice chiude il pezzo in questo modo:

Il punto però non è contabile, quanto politico e sindacale. Difficile che nessuno faccia notare quando si apriranno le danze su come cambiare la legge Fornero che i soldi ci sarebbero pure, visto che sono avanzati da un fondo “sovracapiente” ora soppresso. Dopodiché si potrebbe argomentare che nessuno ha mai visto l’impatto sui giovani di quello stesso fondo.

In realtà si potrebbe/dovrebbe anche argomentare che quei soldi non esistono ma transeat. Ma soprattutto, attenzione: quei 31 miliardi “per le pensioni” si sommano alla spesa già acquisita. Sembra superfluo doverlo precisare ma anche no.

Il danno verrà amplificato dal titolo dell’articolo, che verrà usato dai soliti noti come arma o manifesto: “Dopo Quota 100 rimangono 31 miliardi per le pensioni“. E quindi, via con i piagnistei. Che tragedia, il cinismo politico unito all’ignoranza contabile. Quella miscela letale che trasforma in tesoretti delle cariche di dinamite.

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