Leggiamo dal sito di Rainews24, organo di disinformazione digitale del servizio pubblico e, per l’ennesimo accidente della storia, di rigorosa osservanza marxista:
Sotto gli occhi dei dirigenti del Paese e degli “eroi” della guerra del Vietnam, come il leggendario generale Vo Nguyen Giap, militari, lavoratori e studenti hanno marciato agitando bandiere rosse. Lungo la strada giganteggiavano ritratti dell’allora leader nordvietnamita Ho Chi Minh.
La vittoria del 30 aprile 1975 è “scritta per sempre nella storia del nostro paese come una delle pagine più gloriose”, ha dichiarato nella capitale vietnamita, Hanoi, il primo ministro, Phan Van Khai, durante la cerimonia per il Giorno della Liberazione.
Il governo spera che le commemorazioni aiuteranno a far risorgere il patriottismo e l’orgoglio nazionale tra i giovani. Il premier ha aggiunto, infatti, che il Vietnam ha ancora molte sfide da affrontare e dovrebbe lasciarsi il passato alle spalle per guardare al futuro. Senza dimenticare di “rinforzare le relazioni con i Paesi che presero parte alla guerra in Vietnam”.
L’unica personalità straniera partecipante alle celebrazioni è il ministro della Difesa cubano, Raul Castro, il fratello più giovane di Fidel Castro, nonché suo probabile erede. Cuba, Unione Sovietica e Cina furono gli alleati chiave del Vietnam del Nord durante il conflitto.
Più di 7.500 prigionieri, compresi i detenuti politici, sono stati rilasciati quest’anno per l’amnistia decisa in onore dell’anniversario.
Quindi, business as usual. L’iconografia classica del comunismo è salva: “liberazione”, lavoratori e studenti in radiosa parata, patriottismo e orgoglio nazionale, sfide da affrontare e lunga marcia verso il nulla, clemenza verso i prigionieri politici le oscure forze della conservazione e gli agenti nemici, perché il socialismo vincerà comunque e possiamo essere magnanimi. Una celebrazione di alto profilo diplomatico e storico, impreziosita dalla presenza del fratello del Lider Maximo, alleato storico del Vietnam comunista. Questa sera sentiremo l’abituale giaculatoria del monolite culturale progressista che ci parlerà di improbabili parallelismi con l’attualità, e ribadirà la ferrea presa esercitata sui media dalla storiografia marxista e dall’ignoranza e pigrizia intellettuale di parecchi tra i nostri pennivendoli. Stay tuned per l’immancabile foto del “giovane tenente John Kerry”.
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TRENT’ANNI DI “PACE” IN VIETNAM
Di Alessandro Tapparini
Sono passati trent’anni. Trent’anni di quella “PACE” che lungamente ed energicamente era stata invocata nelle piazze e nelle università di tutto il mondo (tant’è che gli americani, sotto la pressione montante di quel dissenso, avevano alla fine “rinunciato a vincere” quella guerra, abbandonando i sudvietnamiti al loro destino); trent’anni di quella “PACE” che fu poi consacrata con il relativo premio Nobel ad Henry Kissinger e a Le Duc Tho.
In realtà, trent’anni di campi di concentramento, deportazioni, torture, persecuzioni contro la principale religione del paese (il Buddismo) e contro quelle secondarie (a cominciare dalle confessioni cristiane).
Ma quegli orrori non ebbero l’attenzione della comunità internazionale né delle opinioni pubbliche mondiali. Di Vietnam si era tanto parlato, cantato, gridato, fino alla “liberazione” del 1975. Da lì in poi, basta.
Nell’autunno 1977 circa centomila boat-people erano morti nel tentativo di fuggire dagli orrori del regime: una media di più di cento annegati al giorno, ad ogni giorno che passava. Nei primi anni ’80 i vietnamiti fuggiti come boat-people ammontavano a circa un milione e mezzo. Ma per la maggioranza dei benpensanti, le denunce di quella fuga erano ubbie da reazionari. In Vietnam nel 1975 era arrivata la pace, cioè la sconfitta degli americani. Tanto bastava. E tanto basta.
IN FUGA DALLA PACE