Giro di vite di oltre 25 milioni di euro per le scuole. La somma distribuita alle regioni per l’anno scolastico che sta per cominciare è di 67.248.000 euro, contro i 92.280.000 euro erogati per il 2005-2006 dal precedente governo, nell’ambito della realizzazione dei Pof (sic), i Piani dell’Offerta Formativa, ed alla formazione in servizio del personale scolastico. I finanziamenti vengono utilizzati per la realizzazione di progetti nei vari ambiti, secondo scelte autonome delle scuole: allestimento di laboratori musicali, teatrali, di pittura, giornalini di classe o manifestazioni sportive. Sono percorsi didattici, collegati ai vari insegnamenti, che supportano la specificità ed autonomia di ogni istituto, in relazione al territorio di riferimento. La circolare ministeriale che comunica il taglio, suggerisce di realizzare le iniziative anche attraverso la costituzione di reti di scuole, per ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie. Gli stanziamenti saranno erogati dagli uffici scolastici regionali (Usr) in base a precisi criteri: il 90 per cento della quota in misura proporzionale alle dimensioni degli istituti, calcolate in relazione al personale in servizio ed al numero di alunni. Il rimanente 10 per cento resterà a disposizione degli Usr per interventi di formazione finalizzati ad innalzare gli apprendimenti di base degli alunni.
Non sappiamo se un taglio di oltre il 25 per cento nelle erogazioni agli istituti scolastici sia realizzabile in virtù di sottoutilizzo dei fondi negli anni precedenti, oppure se serva a combattere gli sprechi, o più banalmente se rientri in una politica di tagli indiscriminati alla spesa pubblica. Attendiamo di sentire le grida di dolore di tutti i sostenitori della scuola pubblica, che per cinque anni sono stati eccezionalmente vocali nel denunciare il presunto gioco al massacro di cui essa sarebbe stata vittima. A giorni riparte l’anno scolastico: ci attendiamo servizi giornalistici di “coraggiosa denuncia civile” sulla scuola pubblica che cade a pezzi (nel senso letterale di cornicioni ed intonaci). Per ora non si sente più parlare di verifica della professionalità dei docenti (se ne sentiva già molto poco anche nella precedente legislatura, a dire il vero), e di politiche retributive differenziate in funzione meritocratica, mentre il focus del dibattito sembra essersi spostato sulla necessità di assumere altre decine di migliaia di precari.
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