I costi della politica

L’Italia dei Valori, il partito del censore Antonio Di Pietro, ha messo a punto una proposta di legge per consentire l’assunzione dei portaborse. Sfortunatamente, per realizzarla, tra Camera e Senato, occorrerebbero almeno 22 milioni di euro in più a disposizione dei parlamentari.

Secondo il testo di sei articoli presentati dal deputato dell’Idv Luciano D’Ulizia, infatti, i parlamentari si dovrebbero costituire in enti o cooperative per procedere all’assunzione degli assistenti. E per questo dovrebbe venire riconosciuta “una maggiorazione del 50% sulla quota mensile del rimborso forfettario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori“. Il che, ha spiegato D’Ulizia nel corso di una conferenza stampa, equivarrebbe a circa 15 milioni di euro e inciderebbe “sui costi della Camera per l’1,56%”. Se a questa cifra si aggiunge  quella che dovrebbe sborsare Palazzo Madama per consentire anche ai senatori di assumere i propri portaborse, la cifra arriverebbe a circa 22 milioni di euro. Con buona pace della riduzione dei costi della politica.

Per meglio comprendere il significato di questa proposta (che tuttavia dovrebbe già essere sufficientemente chiaro dall’onere aggiuntivo che essa implica), è utile avere presente la struttura retributiva dei parlamentari. Che ad oggi, alla voce “Rimborso per spese inerenti il rapporto tra eletto ed elettori“, prevede un importo mensile pari a 4190 euro. Che evidentemente non bastano a D’Ulizia per riuscire a pagare il compenso del proprio assistente parlamentare.

Ah, naturalmente non dovete preoccuparvi, cari contribuenti, per questo esborso aggiuntivo di 22 milioni di euro annui: “i costi – spiega D’Ulizia – potrebbero comunque abbassarsi riducendo quelli improduttivi, quelli inutili“. A vantaggio di “quelli necessari” per consentire l’assunzione di “almeno 1000 persone che attualmente lavorano gratis ogni giorno”. Tra i costi “inutili”, riteniamo vi siano certamente quelli relativi al mantenimento di una pletora di 945 parlamentari. Ma ci pare piuttosto incomprensibile il riferimento alle “1000 persone che lavorano gratis”. Dove forse col termine gratis il deputato dipietresco si riferisce al “nero”, casualmente scoperto da una trasmissione televisiva, tra la costernazione dei due ex sindacalisti che guidano i due rami del Parlamento.

In più, visto che siamo in Italia ed un albo professionale non si nega a nessuno, la proposta dell’esponente dell’Italia dei Valori prevede anche che si dia vita ad una sorta di contratto collettivo per i portaborse e che il rapporto tra il parlamentare e il suo assistente si potrà interrompere in qualsiasi momento “in considerazione del suo carattere fiduciario”, che comunque non potrà andare oltre alla durata della legislatura. Si potrebbe obiettare che ogni rapporto di lavoro è fondato sul carattere fiduciario, e quindi occorrerebbe avere la forza di estendere questo principio a tutta l’economia, ma non saremo così arditi.

A noi la proposta di D’Ulizia sembra l’ennesimo espediente per aumentare il finanziamento pubblico dei partiti, il leggendario “costo della politica” contro il quale il nostro premier sta vigorosamente lottando, finora con scarso successo, visto che non è neppure riuscito a revocare la delega ai sottosegretari che fanno marameo alle sue reiterate richieste di dimettersi da parlamentari. Ma della necessità di contenere i costi della politica c’è ovvio riferimento anche nella ectoplasmatica “mozione Fassino“, quella che sancirà la confluenza dei diesse nel nuovo partito di plastica chiamato Partito Democratico, di cui Carlo De Benedetti avrà la tessera numero uno, e Giovanni Bazoli la numero uno-bis.

Per il momento, i diesse danno il proprio contributo al contenimento dell'”inflazione democratica” (quella prodotta dalla lievitazione dei costi della politica), mettendo sul groppone di alcune entusiaste aziende-sponsor (quasi tutte toscane, of course) l’ottanta per cento dei due milioni di euro spesi per la tre giorni fiorentina. Che, divisi per circa trenta ore di lavori, fanno 130 milioni del vecchio conio per ogni ora di pensosa elaborazione programmatica per contribuire ad una nuova tappa della “rivoluzione democratica italiana”.

D’accordo, la politica costa, ma volete mettere un congresso con la regia di Vincenzo Cerami e la playlist di Luca Sofri? E’ decisamente tutta un’altra musica.

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