di Andrea Gilli e Mauro Gilli
Christian Rocca continua a piacerci. Per il suo stile irriverente e diretto. Per la sua infaticabile voglia di screditare “i cattivi”. Per la sua ignea battaglia morale volta ad annichilire i menzogneri, che ricorda la frase dei Nirvana su Francis Farmer “she will came back as the fire to burn all the liars“. E soprattutto Rocca ci piace per la nettezza delle sue idee, nelle quali la cultura del dubbio non ha diritto di cittadinanza. E’ lui, d’altronde, quello che, per affrontare un problema sul quale i più importanti studiosi al mondo non si sono ancora messi d’accordo, dopo dieci anni di furiosi dibattiti e alcune migliaia di articoli accademici (la relazione tra democrazia e pace), ha iniziato il suo libro “Cambiare Regime” scrivendo “è molto semplice”.
Christian Rocca continua a piacerci anche per il suo ego, che definire ipertrofico è riduttivo. Perché se gli altri sbagliano, vengono bacchettati senza pietà. Se l’imprecisione, l’anacronismo, la sconnessione logica sono suoi, non vale neppure la regola dei vent’anni: gli errori non si riconoscono, perché semplicemente non esistono. Period. Il suo approccio ad Oriana Fallaci è rivelatore. Nel 2004 la descriveva alleata dell’orrida sinistra,
“con la comune soluzione razzistocentrica secondo cui i popoli mediorientali non sono ancora capaci di godere le gioie di una società libera, avrebbe preferito che gli iracheni continuassero a essere annichiliti da Saddam, il quale in fondo era pure un bel laico”.
Nel 2005 la intervistava con tutta la religiosa reverenza con cui Sandro Bondi approccia Berlusconi.
Il 29 agosto Rocca ci ha regalato l’ultima delle sue perle. Titolo “Sorpresa: Bill Clinton loda la politica estera di George W. Bush.” D’acchito, verrebbe da pensare ad un full endorsement di Clinton per la politica di Bush in Iraq. Per la linea dura con l’Iran. Per la politica estera del “regime change” e dell’esportazione della democrazia.
Eppure, leggendo l’articolo, con sorpresa, si scopre che di nulla di tutto ciò si tratta. E allora, cosa ha lodato Clinton della politica estera di Bush? Ecco, Clinton – qui ci coglie l’imbarazzo, ripensando al titolo – loda sì Bush, ma non per la sua “politica estera”, bensì per alcuni allontanamenti dall’impianto originario di essa, da quelli che ne erano i pilastri. Clinton ha infatti lodato la collaborazione con l’America Latina, la conclusione di un accordo diplomatico con la Corea del nord, e infine la partecipazione alla conferenza sul futuro dell’Iraq con iraniani e siriani.
Aggiunge poi Clinton: “queste cose significano che nel mondo stiamo cercando di fare meglio”. Insomma, su tre aspetti che Clinton giudica positivamente, due sono in diretta contrapposizione con le policy suggerite dai neoconfusi (l’accordo con la Corea e il dialogo con Iran e Siria). La terza, la cooperazione con l’America Latina, è un tema neutro, che un realista alla Kissinger spiegherebbe come la risposta alla pressante volontà cinese di intervenire in Sudamerica.
Ci ricordiamo di un blog che un tempo chiedeva pubblicamente che i titolisti di Rep. e Corr. venissero cambiati. Ora verrebbe da dire: “cambiate i titolisti del Foglio”. E se sono i giornalisti che fanno i titoli, beh…a voi la conclusione.
Ma non scommettete su repliche di Rocca a questi rilievi di merito e metodo: il Nostro detesta il contraddittorio pubblico. Anche se va a pranzo con Paul Berman, a cena con Norman Podhoretz e fa merenda con Spiderman a Central Park, resta un mainstream italian: l’ipse dixit è la sua calda copertina di Linus.