Sottili inquietudini

Nella sua consueta enciclica domenicale, Io Padre Fondatore dona al colto ed all’inclita la nuova collezione primavera-estate delle sue abitualmente apodittiche verità. L’incipit è dedicato a Schifani e Fini, assurti ai vertici delle istituzioni, come seconda e terza carica dello Stato:

“Anche loro insomma non sono più politici politicanti ma statisti governanti. C’è da credervi?
Io penso di sì, c’è da crederci. Del resto non si è mai visto in democrazia qualcuno che, arrivato al potere sulla base del libero voto popolare, si metta a proclamare che lo userà per favorire la sua parte.”

Chissà perché, questa frase ci riporta con la mente ad un’epoca storica in cui una coalizione, vinte le elezioni con 24.000 voti di scarto, decise di procedere a nominare a maggioranza semplice propri esponenti ai vertici delle Camere e della Presidenza della Repubblica. I dettagli non li ricordiamo più nitidamente, è passata un’era geologica, quindi preferiamo astenerci dal lanciare accuse di “dittatura della maggioranza” alla precedente coalizione. Sarebbe peraltro inelegante, pur se scalfarianamente corretto.

Da questa premessa, Scalfari trae le mosse per compiere una spericolata comparazione tra oggi ed il Ventennio. Che suona più o meno così: la destra di oggi non è il fascismo di ieri. Soprattutto, comparazione del tutto inedita per Scalfari, che pare affermare fingendo di confutare, vecchio espediente retorico del nostro ancien philosophe. Se anche voi, come lui, siete tra quanti sono convinti che in questo paese occorrerebbe discutere di politica e non demonizzare il “nemico” con gli abituali tribalismi beceri, ripassate un altro giorno, oggi non è aria.

La comparazione, si diceva. Scalfari la compie con suggestioni neanche troppo subliminali, come il riferimento alla legge “porcata” con cui Mussolini vinse in modo formalmente legittimo le elezioni, formando in seguito “un governo di coalizione con dentro vecchi cattolici e ancor più vecchi moderati“. Poi, improvvisamente, il salto quantico o meglio il cortocircuito temporale:

[Mussolini]…”Poteva fare, come disse, dell’aula sorda e grigia di Montecitorio un bivacco di manipoli, ma lo fece soltanto due anni dopo sulla scia del delitto Matteotti. La dittatura rompe le regole della democrazia e rende inutile l’ipocrisia. Il Parlamento fu abolito, i partiti dissolti salvo il suo che fu identificato con lo Stato, la libera stampa mandata in soffitta, come ha auspicato Beppe Grillo e le centinaia di migliaia dei suoi seguaci paganti nel Vaffa-day del 25 aprile”.

Da Mussolini a Grillo, passando per la “libera stampa” di oggi. Ci chiediamo chi sarà mai il re di Prussia. Se siete stati colti da vertigini, reggetevi.

Sulla scena compare poi quello che Scalfari definisce triumvirato-quadrumvirato (altra lieve suggestione subliminale, ma comprenderete quanto è sofisticato il Nostro), Berlusconi-Bossi-Fini-Alemanno-Lombardo. Si, lo sappiamo: i conti non tornano, ma solo in apparenza. Nell’Olimpo di Scalfari vi è divinità una e bina di nome Fini-Alemanno, quindi va contata al singolare. Insomma, al termine di questa convoluta argomentazione, Io Padre Fondatore ci rassicura. Oggi, non c’è fascismo:

“Una dittatura totalitaria oggi è impensabile in Europa e in Occidente. E poi la classe dirigente del centrodestra non ha alcuna somiglianza con lo squadrismo diciannovista. Perciò quel pericolo non c’è.”

Bene, scampato pericolo, direte voi. Eppure, una sottile inquietudine s’impossessa di noi. E ci riporta con la mente a precedenti encicliche scalfariane. Come quella del 6 aprile:

“Dicono i sondaggi, con un margine di errore che va sempre tenuto ben presente, che il complesso degli indecisi sia da valutare attorno al 10 per cento dei presumibili votanti.
Dicono anche che il 45 per cento di quel dieci sia orientato a votare Veltroni. E dicono infine che se quel 45 diventasse il 13 aprile il 60, alla Camera si potrebbe pareggiare, i due maggiori partiti si troverebbero spalla a spalla e uno dei due otterrebbe la vittoria con uno scarto minimo di voti.
Se poi il Partito democratico convogliasse su di sé il 75 per cento degli indecisi la vittoria alla Camera diventerebbe una quasi certa probabilità. Il Senato è una roulette e come tale va considerato, ma indubbiamente se alla Camera i risultati fossero quelli più favorevoli al Pd anche al Senato ci sarebbe vittoria.”

E ci sovviene anche l’appello definitivo al Popolo, il 13 aprile, vigilia di elezioni, contenuto in un’enciclica eccezionalmente anticipata rispetto al suo giorno canonico:

“Si è creato in queste ultime ore un sommovimento nella pubblica opinione che ricorda quanto avvenne nel 1991 con il referendum di Mario Segni: un voto corale che fece saltare la Prima Repubblica ormai logora e dominata da una logora casta. Questo stesso sentimento può prevalere domani. Domani si può voltar pagina e aprire un ciclo nuovo che rimetta la politica al livello di un’Italia desiderosa di cambiare. Non sprecate questa grande occasione. Siate popolo sovrano perché è questo il vostro giorno.”

D’accordo: il fascismo oggi non c’è, dice Scalfari. Ma visto che Scalfari non ne prende una che è una, non è che dovremmo sentirci inquieti?

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