In Iraq abbiamo vinto. Forse

Mentre proseguono i negoziati tra governo iracheno ed amministrazione statunitense per la partenza delle truppe americane dall’Iraq, tra fughe in avanti, smentite e probabile redazione di un memorandum d’intesa che si annuncia ricco di “condizionalità” che permetteranno agli Stati Uniti di restare in Iraq “for the foreseeable future” (anche se forse non per i cento anni di cui parlava John McCain) e ad al-Maliki di giocare al piccolo nazionalista orgoglioso con i suoi connazionali, segnaliamo un’interessante intervista a Newsweek del generale David Petraeus, comandante delle forze alleate in Iraq e architetto della surge.

Petraeus, che McCain ha recentemente definito “una delle tre persone più sagge” a cui si affiderebbe in caso di vittoria elettorale a novembre, pur riconoscendo che l’infuenza di al-Qaeda in Iraq è stata significativamente ridotta, rifiuta di dire che l’organizzazione terroristica “è stata sconfitta”. Inoltre, Petraeus riconosce che i recenti successi iracheni potrebbero essere stati possibili anche senza la surge. In sostanza, anche il cosiddetto “Risveglio Sunnita” potrebbe aver giocato un ruolo nella sconfitta di al-Qaeda, possibilmente in sinergia con la surge. Staremo anche vincendo, qualunque cosa ciò significhi, ma il realismo e la cautela di Petraeus sono certamente encomiabili.

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