Economisti, silete

Come se non bastassero le previsioni “a posteriori” di Tremonti, che ha sempre capito assai poco delle dinamiche di questa crisi (ma non essendo un economista, ciò è evidentemente veniale), ora abbiamo anche i blogger che salgono in cattedra. Una cattedra piuttosto affollata, a dire il vero. Poco da aggiungere rispetto a quanto già fatto da Lakeside Capital, che è economista, quindi dovrebbe essere privato dei diritti civili e politici, secondo alcuni piccoli replicanti-politicanti della blogosfera di centrodestra. Quello che è piuttosto buffo è che sia possibile criticare una scienza sociale per il fatto che, nello spazio di alcuni mesi, abbiamo avuto una repentina inversione delle dinamiche macro globali.

Sfortunatamente, i modelli econometrici (e non i dolori reumatici o le veline di partito) indicavano esattamente un rischio di stagflazione prima, ed oggi, dopo alcuni mesi, un rischio di disinflazione/deflazione. Una scienza sociale, si diceva, non fisica. Queste lamentazioni da bar ricordano molto gli improperi rivolti ai meteorologi, altri sfortunati bersagli del dileggio del popolino. Viviamo tempi complessi, i soggetti meno dotati sul piano intellettuale e culturale cercano certezze. Alcuni di loro le trovano rifugiandosi nel cospirazionismo, da sempre un formidabile riduttore (posticcio) della complessità; altri affidandosi ciecamente a qualche figura carismatica e biologicamente superiore. Purtroppo, il mondo è maledettamente complesso, i modelli divengono rapidamente obsoleti, ben prima di compiere 120 anni.

Ma anche in mondi a bassa complessità, come quelli tanto amati dai nostri politici piccoli e grandi, l’economia nasce come sommatoria di comportamenti individuali, che producono grande rumore di fondo e tendenze sempre più deboli. Che si chiami libero arbitrio? Come sarebbe bello avere un’economia frutto di comportamenti individuali necessari e necessitati, con un sentiero di azioni future perfettamente predeterminato! In un mondo del genere, creato da un dio un filino marxista, gli economisti ci libererebbero della loro fallibile presenza. Troppa grazia, per l’appunto.

Tornando sulla terra, e rants a parte, il post è interessante perchè segnala un’intervista (pubblicata oggi da LiberoMercato) al presidente di Federmoda-Confcommercio, che manifesta la propria contrarietà alla liberalizzazione dei saldi. Il signore in questione “comprende” (bontà sua) le esigenze dei consumatori, ma non è “disposto a sacrificare i margini al fatturato“. Una frase illuminante, che capirebbe anche un economista, circa il modo di ragionare di molti commercianti in Italia: la logica del markup. Io sostengo dei costi, diretti ed indiretti, per la mia attività. Su ogni prodotto che vendo devo applicare un margine di ricarico, da me e dai miei colleghi giudicato “soddisfacente”, su basi del tutto soggettive. E questo ricarico deve essere mantenuto, cascasse il cielo. E non andate a dire a questo signore che dovrebbe preoccuparsi del volume di utili totali, che si ottengono dalla moltiplicazione tra margini unitari e volumi di vendita. Il suo mondo, economico e mentale, andrebbe in schegge. E se il markup è troppo alto e il consumatore si rifiuta di comprare? Nessun problema: si organizza una federqualcosa, si tirano per la giacchetta i politici di turno e qualche “compensazione” arriva. Poco importa se poi questa compensazione si concretizza nel blocco della concorrenza e/o nell’aumento degli oneri per i contribuenti, che poi nei ritagli di tempo sono anche consumatori.

E’ l’Italia degli special interests. Quella che sta affondando ogni giorno che passa. E questa è una previsione che anche un economista saprebbe fare.

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