Quando, tra alcuni decenni, storici, antropologi ed archeologi realizzeranno il post mortem dell’Italia, una cosa balzerà immediatamente agli occhi: la costante di una classe politica di ipnotizzatori, e di una cittadinanza ipnotizzata. Come definire altrimenti il caso di un ministro dell’Interno che, di fronte all’ennesimo scempio di legalità in una località del Mezzogiorno, il cui consiglio comunale è stato sciolto per mafia, con la criminalità organizzata trionfante che prima guida l’immigrazione clandestina poi la rigetta, non trova di meglio che criticare duramente la legislazione scritta sotto dettatura del partito del ministro medesimo? Un partito che da anni presidia saldamente il Viminale, e che da sempre riesce a trovare sponda di consenso giocando a fare l’opposizione pura e dura.
Ancora, che dire del ministro del Lavoro, quello del vitalismo con il sondino, che è peraltro incidentalmente responsabile delle ispezioni per verificare la regolarità delle condizioni di lavoro, e magari anche di vita? Nel Mezzogiorno le sue direttive non arrivano? O forse è colpa dei comunisti organici? Il problema è che in questo paese si sta verificando da molti anni un fenomeno di allucinazione collettiva, o di vera e propria ipnosi di massa. I governati hanno ormai definitivamente rinunciato ad applicare un basilare principio di controllo dei governanti, quello della responsabilità politica. Non è mai responsabilità politica del governo in carica, è sempre una qualche malefica entità esterna (la Caritas, i comunisti, i sindacati, l’inclinazione dell’asse terrestre, i raggi cosmici), la versione italiana del destino cinico e baro, che ogni volta impedisce al governo di dispiegare la propria geometrica potenza riformatrice. E’ soprattutto colpa di un’indecente opposizione parlamentare che ha deciso di tenere un paese in ostaggio, grazie ai suoi oltre cento seggi in meno della maggioranza alla Camera ed oltre cinquanta al Senato.
Davvero, occorre che qualche sociologo, psicologo o psichiatra sociale ci faccia sopra una valutazione. Da sedici anni vi viene detto che le tasse devono scendere, ogni tipo di tassa: sulle imprese, sulle persone, sul lavoro. “L’anno prossimo a Gerusalemme”, siamo ormai a questo. E ogni volta, ogni legislatura c’è un evento esterno che lo impedisce. Ora no, c’è la crisi. Ieri no, c’era l’11 settembre (solo per noi, peraltro). Domani forse, a patto che Saturno non ci si metta contro. Basta con l’Irap, tagliamo l’Irpef, viva il quoziente familiare, a me gli asili nido, assistete i non autosufficienti, vestite gli ignudi.
Abbiamo spianato le leggi inutili, ma non vi abbiamo detto che si tratta di leggi “esauste”, che hanno esaurito la loro funzione e oggi non sono comunque più applicate. Taglieremo gli enti inutili, le province (anzi no, quelle no, la Lega non vuole), il numero di poltrone negli enti pubblici e nelle aule consiliari. Ma non subito, più avanti. Non vi metteremo le mani in tasca, ma abbiamo buttato a mare il price cap per le tariffe autostradali, che quindi sono libere di mettere un rullo compressore sulla strada a Ferragosto, e poi di recuperare “l’investimento di ammodernamento”. E non dimenticate che abbiamo salvato la nostra compagnia di bandiera a colpi di monopolio, che è l’unica cosa che conta. Stiamo riformando la pubblica amministrazione, e quella continua tetragona a rimbalzarti, cancellando contratti di lavoro che tu avevi formato e firmato regolarmente mesi addietro, e poi scusandosi “per il deprecabile errore”, causato da poveri interinali dell’Inps addetti al data entry.
Dobbiamo gestire tutto online, ma se siete un immigrato che vive, lavora e paga le tasse in questo paese e avete deciso di far venire vostra figlia a vivere con voi, dovrete attendere otto giorni prima che il server della prefettura di Milano, vittima del Capodanno, decida di ripartire e vi fissi l’appuntamento per le pratiche di permesso di soggiorno a metà aprile. Introdurremo le “Reti amiche“, ormai le tabaccherie italiane sono piene di magiche scatolette che fanno anche il ragù, ma se chiedi di pagare i contributi Inps per le collaboratrici domestiche, nove su dieci ti guardano come se avessi proposto un’orgia nel privé, e il decimo ti maledice perché per colpa tua dovrà passare un quarto d’ora a digitare schermate, ricavandone un aggio risibile. Abbiamo un servizio ferroviario che è diventato un focolaio d’inflazione, ed indici di puntualità che stanno rapidamente inabissandosi, ma adottiamo standard di rimborso minimo, perché “l’Europa lo vuole”, dimenticandosi che quello è, per l’appunto, uno standard minimo e per ciò stesso derogabile a vantaggio dell’utenza.
Ma all’occorrenza possiamo sempre prendercela con l’Europa medesima per la “curvatura delle banane”, tanto ormai abbiamo una cittadinanza che non capisce più un cazzo, a suon di premi e celebrazioni per l’ottimo lavoro fatto, e torme di deficienti in Rete che pontificano su tutto, sempre pronti a dividersi tra Coppi e Bartali. Siamo i primi, abbiamo un’economia vibrante, il mondo ci invidia. E’ proprio vero, a volte vivere in un mondo perfetto equivale ad una maledizione.