Su noiseFromAmerika, Michele Boldrin compie un giro di orizzonte sui topoi e sui tic di politica economica di questo periodo. Una lettura istruttiva e godibilissima oltre che divertente, come sempre quando Michele si mette alla tastiera. Noi avremmo, con l’umiltà che s’impone argomentando con Boldrin, un piccolo e parziale dissenso sull’analisi della situazione greca.
Il Pil greco è “solo il 3 per cento del totale di Eurolandia”. Questa sembra (dio non voglia) una lettura prodiana della situazione. Il debito greco è all’incirca il 6 per cento del totale di Eurolandia. Ma, soprattutto, le banche sono mostruosamente interconnesse e leveraged: gli istituti tedeschi posseggono importanti stock di debito greco, così come quelle portoghesi e spagnole. Le banche italiane, che non parlano inglese, posseggono titoli di emittenti tedeschi, spagnoli e portoghesi, e così via. Quello è l’aspetto sistemico. La Grecia come l’Argentina? Ma l’Argentina non era così intertwined con il sistema finanziario della prima area economica del pianeta, crediamo. Il punto (sempre secondo il nostro umile avviso) non è l’eventuale deprezzamento dell’euro, ma il rischio di implosione della costruzione europea. Questo è un gioco a somma minore di zero: accettiamo il ricatto greco, perpetuando il moral hazard, oppure mandiamo a picco un continente, con una devastante crisi creditizia? Poi, pensare che Atene esca dall’euro, perdendo così il proprio potere di ricatto su Bruxelles e soprattutto Berlino? Hmm.
Quanto al resto, d’accordo su tutto, o quasi. La ripresa è debole (subpar, dicono gli economisti seri), ma il mercato azionario guarda altre variabili, e le imprese hanno talmente spremuto produttività e ridotto il punto di pareggio operativo che ogni piccolo aumento della top line (il fatturato) le mette in condizioni di guadagnare, e molto. Ripresa statistica (ma anche di utili, aggiungeremmo) e recessione umana, diceva il buon Larry Summers. Pensiamo abbia ragione. E’ in momenti come questi che servirebbe la Politica con la maiuscola, ma forse siamo troppo naif, come sempre.
Anche noi, qui ed ora, vediamo la deflazione più probabile dell’inflazione: è il prezzo che si paga ad una crisi finanziaria da eccesso di debito e non ad un normale ciclo delle scorte o ad una recessione indotta da rialzo dei tassi reali per azione delle banche centrali che gestiscono il raggiungimento dei colli di bottiglia del sistema. Ma se la view è questa, almeno non daremo la colpa a Bernanke per aver fatto esplodere le riserve in eccesso del sistema bancario presso la Fed. Non si può essere colpevoli contemporaneamente di rogo doloso ed alluvione provocata. O no?