Il vertice europeo di ieri ha registrato “un vastissimo consenso” sulla tassazione delle banche per la costituzione di un fondo anticrisi. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel corso di una conferenza stampa al ministero dell’Economia. Subito dopo, però, il ministro ha preso le distanze dalla trovata merkeliana, ponendo le basi per la sua disapplicazione:
“Nostro interesse è che ci siano maggiori dettagli e un certo grado di flessibilità. Non tutte le realtà sono uguali. Confidiamo in una discussione flessibile, Paese per Paese”
Che tradotto vuol dire che l’Italia non intende tartassare un settore che, malgrado tutto, da noi ha meno problemi che altrove.
Peccato che la bozza di testo finale del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, redatta lo scorso 12 giugno in preparazione del vertice di ieri, parlasse di invito ad introdurre in tutta l’Unione “una tassa sulle istituzioni finanziarie”. E peccato che ieri David Cameron, ansioso di fare cassa (e partite di giro) con banche quasi tutte nazionalizzate (le sue) e dimentico del fatto che Londra sia (ancora) uno dei maggiori centri finanziari mondiali, abbia proclamato che occorre andare avanti “anche senza attendere il G20”.
L’Italia, già da ieri, aveva in realtà preso le distanze dalla tassa, per bocca del ministro degli Esteri, Franco Frattini, che aveva ribadito l’esigenza di una “cornice comune” all’imposizione, non prima di aver precisato che “L’Italia non ha dovuto né salvare né comprare banche. Per alcuni paesi questo tema è più pressante che per noi”. Nella serata di ieri, fonti italiane precisavano ad abundantiam che la proposta verrà portata sul tavolo del G20 a Toronto e verrà introdotta “solo con l’accordo di tutti”.
Poiché americani e canadesi hanno già detto di essere in disaccordo, la proposta è nata morta, e l’Italia si sta opportunamente sfilando da impegni comunitari, per evitare di andare al traino della demagogia, dell’ignoranza economica e delle esigenze di bilancio di Merkel, Sarkozy e Cameron, prontamente riecheggiati dal capogruppo dell’Italia dei Valori in Commissione Finanze al Senato, il Robin Hood de noantri Elio Lannutti. Ai quali prima o poi verrà spiegato che tassare le banche ne frena il rafforzamento patrimoniale, tenendole in condizioni di fragilità strutturale e restringendo l’offerta di credito, e che la prevenzione si fa con regole e vigilanza a monte, più che con fondi anticrisi a valle.
E anche questa è archiviata, avanti la prossima.