Grecia, la ristrutturazione inevitabile

(Post inevitabilmente tecnico. Se volete slogan e chiacchiere da bar, rivolgetevi a quanti parlano/scrivono di “uscita della Grecia dall’euro”, sarete soddisfatti)

Lentamente ma inesorabilmente stiamo avvicinandoci all’esito della farsa greca: la ristrutturazione del debito sovrano. Partendo dalla premessa che l’uscita dall’euro non è fattibile, e dalla realtà che il costo del debito è insostenibile, l’esito finale è solo uno: una ristrutturazione sufficientemente furba da non innescare un evento di default, e quindi evitare un gigantesco regolamento di conti tramite i credit default swap.

Partiamo dalla realtà: il debito è insostenibile. Per capire perché, è utile ricorrere all’esempio numerico da “retro della busta” (o da retro del tovagliolo), fatto da Martin Wolf in un editoriale sul Financial Times. Premesso che oggi la Grecia ha un rapporto debito-Pil del 160 per cento, ipotizziamo (eroicamente) che il suo costo del debito di lungo termine sia del 6 per cento, e che il suo Pil nominale cresca del 4 per cento annuo (manco per idea: l’ultimo dato, vecchio di dicembre 2010, è un bel meno 4,6 per cento). Ebbene, fatti due conti, solo per stabilizzare in corso d’anno il rapporto debito-Pil al 160 per cento, alla Grecia serve un avanzo primario di ben il 3,2 per cento del Pil. Per piegare il rapporto debito-Pil entro il 2040 al canonico 60 per cento di Maastricht, l’avanzo primario deve salire al 6 per cento annuo. Con un po’ di fortuna, la Grecia il prossimo anno potrebbe avere un avanzo primario dell’ordine dell’1-2 per cento di Pil. Dati questi numeri, quindi, la traiettoria del rapporto debito-Pil è esplosiva, ed il default è pressoché certo.

Serve quindi una ristrutturazione pilotata, e serve soprattutto ai creditori, perché il giorno che la Grecia raggiungerà un avanzo primario strutturale (per quanto piccolo), la tentazione del default strategico per Atene sarà molto alta. Come ristrutturare, quindi? Il suggerimento più strutturato viene da Nouriel Roubini e dal suo think tank, RG Economics.

Tecnicamente, per la banda Roubini (questa è un’elaborazione collettiva), la soluzione migliore è quella equivalente ad un Par Brady Bond, come realizzato per la ristrutturazione dei debiti sovrani latinoamericani lustri addietro. In pratica, il debito sovrano greco verrebbe reimpacchettato con un allungamento delle scadenze, una piccola riduzione della cedola e nessun taglio del valore nominale. Per aggiungere al titolo un rafforzamento del merito di credito, tale cioè da permettergli di avere un rating decente e sufficientemente elevato da consentirne l’acquisto da parte di investitori istituzionali (fondi pensione, ad esempio), il nuovo titolo potrebbe ricevere iniezioni di capitale di garanzia da parte di istituzioni comunitarie e/o dello stesso FMI.

Il significativo allungamento delle scadenze servirebbe ad eliminare il rischio di rifinanziamento (il cosiddetto rollover risk), che oggi è l’autentica Spada di Damocle che pende sul paese, visto lo stock di debito che andrà a rinnovo nei prossimi tre anni, e che sta già terrorizzando il mercato. Oltre ad una formula equivalente ai Par Brady Bond, potrebbe essere lanciata anche la variante dei Discount Brady Bond. La prima, con il titolo che quota al 100 per cento del valore nominale del capitale, verrebbe utilizzato dalle banche che possiedono titoli greci nel book dei cosiddetti titoli detenuti a scadenza (held to maturity), quelli che vengono valorizzati sempre e comunque al 100 per cento del valore nominale, cascasse un meteorite in Tunguska e sul resto del pianeta. La seconda verrebbe scelta di chi ha titoli greci sul book di trading, cioè valorizzati a prezzi di mercato.

Per chiudere il cerchio, come premettono Roubini & Co., serve evitare che scatti il “grilletto” del default formale, quello che determinerebbe pagamenti compensativi da venditori di protezione a favore di compratori della medesima. Per ottenere ciò, servirebbe che la ristrutturazione avvenisse su base volontaria (anche dello stesso tipo di volontarietà che si avrebbe quando qualcuno punta una pistola alla tempia di un altro), oppure con il sopracitato miglioramento del profilo creditizio (cioè altri soldini europei a garanzia della Grecia), perché in questo caso i creditori avrebbero pure un guadagno, in termini di miglioramento della qualità dei titoli da essi detenuti, al prezzo di un “lieve” sacrificio di scadenza.

Tutto bene, quindi? Premesso che, a nostro modesto avviso, questo esito è quello meno sanguinoso (per debitore e creditori), ai più perspicaci tra voi non sarà sfuggito un dettaglio: alla Grecia oggi manca un avanzo primario di bilancio. Se dovesse essere conseguito, e dimostrarsi sostenibile nel tempo, il paese potrebbe entrare in una fase di grande tranquillità fiscale e di espansione economica, dopo aver disinnescato la montagna di debito che stava per travolgere tutto e tutti. Se siete rimasti a leggere fin qui, vi omaggiamo di una similitudine che potrebbe risultarvi familiare: una Grecia post-ristrutturazione somiglierebbe moltissimo ad una squadra di calcio che ottiene dall’erario una dilazione ultraventennale sui debiti fiscali, per evitare di portare i libri in tribunale. Il presidente, felice per la raggiunta transazione, si mette a motteggiare non in greco ma in latino, dicendosi certo che tra abbonamenti allo stadio, costo dei biglietti e magliette originali, gli incassi supereranno il costo degli ingaggi dei calciatori.

Se l’avanzo primario dovesse restare un miraggio, e se la crescita risultasse inferiore al costo del debito, il debito stesso tornerebbe ad accumularsi. Il nostro presidente pallonaro va quindi in rosso, visto che allo stadio non va nessuno e le magliette di Zarate le fanno i cinesi dell’Esquilino, mentre i calciatori vogliono essere pagati a livelli di mercato.

Ma con un po’ di fortuna i greci tornerebbero ad avere problemi solo tra una generazione o giù di lì, e non sarebbe più un problema politico, o meglio dei politici, mentre il nostro presidente pallonaro potrebbe tornare a rinegoziare ulteriori debiti, o  in alternativa minacciare di spostarsi a nord. La Dea Eupalla, dall’alto dell’Olimpo (non casualmente, un monte della Grecia), ci penserà.

Qui sotto, il wall of worry del debito greco, cioè le scadenze dei prossimi anni, espresse in milioni di euro. Molto eloquente, non trovate?

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