Nuovo tonitruante editoriale di Antonio Martino su il Tempo. Contro la funzione di brokeraggio parassitario della spesa pubblica, un intermediario impazzito che finisce con l’esercitare effetti regressivi sulla funzione di redistribuzione. Tutto molto bello, come avrebbe detto il grande Bruno Pizzul, and so what?
Tutto questo panegirico riscaldato per arrivare a questa epocale conclusione:
«(…) se darò la fiducia al governo, non la darò alla manovra, che considero dannosa inutile e punitiva per gli italiani che producono e che non riescono a sopportare le assurde pretese di questo Stato pletorico, ingordo e sprecone»
Scusi, professore, ma allora se dovesse dare la fiducia al governo, a chi o a che cosa la darebbe, esattamente? Alla persona di Silvio Berlusconi, l’eroe della rivoluzione liberale italiana? A Giulio Tremonti, il socialista che lei tanto disprezza (intellettualmente, ci mancherebbe)? E per cosa la darebbe? Per evitare che i comunisti prendano il potere in Italia, e magari finiscano con l’imporre una patrimoniale sul deposito titoli, o aumenti di imposte sulle famiglie, soprattutto se disagiate? O forse darà la fiducia alla coalizione che ha abbattuto i costi della politica per ben 8 milioni di euro su un totale di 47 miliardi di tagli nel prossimo quadriennio? O alla coalizione che ha tolto di mezzo le corporazioni medievali chiamate ordini professionali?
Fa bene, caro professore, si sdegni per benino, si turi il naso e voti la fiducia. Ma un minuto dopo averla votata, faccia una bella cosa: si dimetta dal gruppo parlamentare del Pdl e si sposti nel Misto. Da dove potrà, se lo vorrà, guidare la sua crociata contro la dissipatezza collettivista che sta divorando un paese in stato terminale.
Se ciò non accadrà, lei si sarà dimostrato quello che temiamo lei sia: un indolente trombone ad elevato rischio di paraculismo.
Niente di personale, come direbbe il primo Piroso che passa, s’intende.
Update – Martino, come promesso, non vota l’orrida manovra ma vota il governo che l’ha partorita, perché la stabilità è tutto, signora mia. Hic manebimus optime.