Rating, termometri e supposte

La decisione di ieri di Moody’s di abbassare il rating di ventisei banche italiane, al termine del negative watch in atto da febbraio, è stata accolta con una vera e propria crisi di nervi da parte del nostro prestigioso establishment. Al solito, del tutto fuori luogo.

Le argomentazioni di Moody’s sono le solite, il che già di per sé dovrebbe evitare di produrre stupore, visto che anche un babbeo intuirebbe che il sistema creditizio italiano soffre la condizione di profonda recessione del sistema-paese, di cui le banche stesse posseggono una quota non marginale di debito sovrano, in una situazione ad elevato rischio di autointossicazione:

«I rating delle banche italiane sono fra i più bassi fra le economie avanzate europee e questo riflette la vulnerabilità degli istituti in un contesto difficile in Italia e in Europa», afferma Moody’s, sottolineando le difficoltà legate alla «recessione e all’austerity che in Italia stanno riducendo la domanda nel breve termine»

Ora, verrebbe da dire a Moody’s: dì qualcosa che già non sappiamo. Eppure, questa assoluta banalità ha scatenato reazioni di matrice sudamericana nei soggetti che più di altri dovrebbero tenere i nervi e – soprattutto – la lingua a posto. Ad esempio, l’Associazione bancaria italiana, che questa mattina detta alle agenzie questa dichiarazione di guerra:

«Un’aggressione all’Italia, alle sue imprese, alle sue famiglie, ai suoi cittadini. Ancora una volta le agenzie di rating si confermano come un elemento di destabilizzazione dei mercati con giudizi parziali e contradditori»

Pare di capire che all’Abi, anziché seguire la realtà, siano impegnati in interminabili partite di Tetris. Il concetto viene ripreso e rafforzato dal presidente dell’associazione, Giuseppe Mussari, che si ricorda di essere un fine retore, abituato a dare del tu alla logica:

«La premessa macroeconomica ci sembra palesemente contraddittoria. Nell’ultimo giudizio il Paese non assumeva le giuste politiche di stabilità di bilancio, oggi la premessa è che il Paese ha assunto le decisioni in ordine alla stabilità di bilancio il che determina nel breve periodo una riduzione della domanda. E’ buona la prima o la seconda?»

Sono buone entrambe, avvocato, non è un aut aut. A meno di essere tra quanti credono alla fiaba dell’austerità espansiva. A ruota di Mussari, che come forse saprete ha un recente passato onusto di prestigiosi risultati aziendali, che hanno coronato una non comune visione strategica, ecco la quasi ex presidente di Confindustria, la sciura Emma. Che da tempo non ci deliziava con le sue celeberrime prese di posizione:

«Questi giudizi dovrebbero essere dati con più attenzione, la situazione è delicata e c’è un attacco continuo che preoccupa. Sono completamente d’accordo con Mussari, siamo di fronte ad una situazione che penalizza il Paese, le banche, le imprese, i cittadini»

Ora, oltre a felicitarci con la Marcegaglia per la scelta del suo nuovo idolo, sarebbe opportuno chiarire cosa è e da dove proviene questo “attacco continuo”. Voi vedete il deterioramento dell’economia italiana e del suo sistema creditizio, vero? E pensate che la responsabilità di tutto ciò sia di Moody’s o di altre agenzie di rating, che ormai giungono con ritardi di alcuni mesi a fotografare l’esistente? Davvero, come si fa ad esprimersi in questo modo sgarrupato?

Ma il podio delle emboliadi va indiscutibilmente, ex aequo, a due soggetti molti diversi caratterialmente: Maurizio Gasparri e Pierferdinando Casini. Il primo, che nella vita fa il rappresentante sindacale dei tassisti, ci ricorda i meriti storici del Pdl nella individuazione di “agenti provocatori” al soldo del nemico:

«Ora che le società di rating infieriscono sulle banche italiane con giudizi ingenerosi, l’Associazione bancaria le attacca, giustamente, usando un linguaggio ben più duro di quello usato a suo tempo dal Pdl tra le critiche di troppi, quando per primi denunciammo la mancanza di credibilità di alcune agenzie al servizio di provocazioni contro l’Italia. Ci sono troppispeculatori in giro che hanno alimentato la crisi e la aggravano con i loro giudizi devastanti e probabilmente manovrati»

Tra poco vi mostreremo gli effetti della “manovra”. Riguardo Casini, i toni sono ancora più irati ed assai poco moderati:

«La decisione di Moody’s è di una gravità inaudita, c’è un disegno criminale delle agenzie di rating contro l’Italia e l’Europa»

E qui siamo proprio al crollo nervoso. E pensare che la decisione di Moody’s oggi non sta per nulla muovendo il mercato, tanto era scontata. Basta osservare l’andamento dei credit default swap della maggiore banca italiana, per accorgersi che la tendenza da molti mesi era comunque ad una deriva di deterioramento del rischio creditizio percepito, e non servono agenzie di rating per farci le previsioni del tempo di ieri. Tra l’altro, oggi i cds di molte nostre banche stanno mostrando lievi restringimenti, a conferma dell’assoluto non-evento. Ancora una volta, abbiamo conferma di avere la classe dirigente che ci meritiamo: analfabeta in economia ma sempre pronta ad attaccarsi alla tastiera e lanciare proclami privi di senso. E’ questo scollamento dalla realtà che dovrebbe preoccuparci, oltre allo spread. Qualcuno avvisi Vegas, per la sua prossima analisi sociologica. E nel frattempo, abbiamo provveduto ad ordinare una nuova fornitura di termometri da rompere.

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