Bce, macchine ferme

Le dichiarazioni di oggi di Mario Draghi post meeting Bce sono un triste rosario di impotenza ed auspici. Forse non poteva andare diversamente, perché le elezioni tedesche bloccano ogni e qualsiasi risoluzione. Oppure perché è necessario rendersi conto che una banca centrale, neppure quelle “classiche” (cioè parte integrante del paese di cui emettono moneta, e che perseguono mandati duali di massima occupazione compatibile con stabilità dei prezzi) possono fare molto, quando è la politica a latitare, quando “funzioni di utilità” nazionali impediscono un comune denominatore minimamente efficace, quando un gruppo di paesi ha un egemone che non vuole ma forse neppure può rovesciare le condizioni del sistema, perché questo andrebbe ben oltre la propria forza economica.

Quindi, per il momento tassi invariati, malgrado i rimborsi dei prestiti LTRO stiano drenando la liquidità in eccesso nel sistema, portandola a ridosso di quella soglia dei 200 miliardi che Draghi stesso ha segnalato come livello da monitorare. Per Draghi si può essere soddisfatti di quanto fatto dalle OMT (il “whatever it takes“) per stabilizzare il sistema europeo e mondiale, anche se mai la facility è stata utilizzata.  Per Draghi, i controlli sui capitali “distorcono profondamente i mercati”, quindi “prima sono rimossi e meglio è”, ma nulla dice o potrebbe dire riguardo la situazione di Cipro, che resterà per anni con i controlli sui capitali così come l’Islanda, giunta al quinto anno, e che pure non fa parte dell’euro, perché siamo tutti vittime di flussi finanziari globali incoercibili.

Draghi afferma poi che la Bce sta “studiando misure non standard”, ma per il momento non si fa nulla; oppure che la politica monetaria resterà accomodante “fintanto che sarà necessario”, e che si potrebbe anche ipotizzare una communication policy in stile Fed, in cui si specifica la durata minima del “tasso zero”.  Draghi insiste sulle riforme strutturali, ed a questo punto il concetto è talmente consunto ed eroso che neppure più è chiaro di che si tratti, realmente.

Draghi reitera l’importanza di disporre di un meccanismo efficace di risoluzione delle banche in dissesto, ma al momento tutto quello che abbiamo è un potenziale braccio di ferro tra la Commissione di Bruxelles ed il governo tedesco, con quest’ultimo che insiste sulla necessità di un nuovo trattato, ove si volesse effettivamente assegnare a qualcuno diverso dai regolatori nazionali il compito di staccare la spina da una banca.

Probabilmente, il punto di maggiore impotenza Draghi lo raggiunge quando afferma che la bassa inflazione accresce il potere d’acquisto. E’ vero, ma nella situazione attuale dell’Eurozona non è una consolazione, visto che il tessuto produttivo sta morendo per mancanza di domanda, ed il mercato del lavoro sta saltando anche in paesi, come la Francia, che pure hanno un sistema creditizio che non produce credit crunch. Allo stesso modo, dire (come fa Draghi oggi) che l’accomodamento monetario finirà con l’infiltrare l’economia è un disperato wishful thinking, così come credere che le esportazioni saranno un motore di crescita. Le aziende esportatrici che hanno forti limitazioni o blocco nell’accesso al credito muoiono ben prima che l’accomodamento monetario si faccia strada nell’economia.

La Bce ha discusso la possibilità di tassi negativi ma non ha fatto nulla, perché i tassi negativi hanno alcuni “risultati inintenzionali”, ed anche questo lo sapevamo. E lo sanno pure i mercati, che ora di fronte al drappo rosso dei tassi negativi non buttano più via l’euro. Anzi, oggi lo hanno pure premiato, rafforzandolo. Per il momento, Draghi si consola col fatto che “alcune survey” segnalano un miglioramento rispetto alle attese, e pazienza che alle survey non sempre seguano gli hard data. Quanto alle cartolarizzazioni di prestiti di piccole e medie imprese, prosegue il “gruppo di studio” tra Bce e Bei, il che significa che non verrà fatto nulla, anche perché lo strumento ha delle criticità.

Così stando le cose, come detto, la Bce appare ferma e priva di spinta innovativa a causa dello stallo della politica, a causa delle elezioni tedesche ma non solo. Il sistema è bloccato, da ogni angolo visuale lo si guardi. Non resta che sperare non è chiaro in cosa, visto che la ripresa globale non è dietro l’angolo ed anzi i mercati si stanno convincendo che lo stimolo monetario inizierà a breve ad essere rimosso, e stanno quindi ingaggiando un braccio di ferro con le banche centrali per indurle a proseguire nel denaro facile ed ultra-facile, altrimenti la profezia si autoavvererà e la congiuntura volgerà di nuovo al peggio.

Non è quindi escluso che i mercati, dopo aver ascoltato oggi la resa di Mario Draghi alla politica (con buona pace di quanti sostengono che l’Europa è ostaggio di una tecnocrazia), decidano di andare a testare le contraddizioni del sistema e capire sin dove esiste volontà di tenere insieme i cocci.

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