Solidalmente delatori

Oggi Dario Di Vico sul Corriere commenta quanto accaduto ieri durante la seduta comune delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, quando un emendamento grillino all’articolo 50 del Decreto del Fare, ottenuto il via libera del viceministro del’Economia, Stefano Fassina, avrebbe introdotto altri 21 (ventuno) adempimenti amministrativo-burocratici a carico di artigiani e piccoli imprenditori, attraverso il cosiddetto Durt, Documento Unico di Regolarità Tributaria, relativo alla responsabilità fiscale negli appalti.

Spiega Di Vico:

Una ditta che ha partecipato a un appalto per essere pagata deve comunicare — si pensa ogni 30 giorni — all’Agenzia delle Entrate tutti i dati delle buste paga dei dipendenti e delle liquidazioni Iva che diventano mensili. Solo dopo aver ricevuto il bollino blu del Fisco l’impresa può rivolgersi alla controparte e finalmente chiedere di essere pagata. Il Durt viaggia dentro l’articolo 50 dell’ex decreto del Fare e un risultato lo ha ottenuto subito: ha fatto infuriare il portavoce di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi e il presidente dei costruttori Paolo Buzzetti che ha addirittura minacciato di «scendere in piazza contro la nuova scandalosa norma». Il Durt, dunque, è l’ennesimo laccio che finisce per legare le attività delle piccole imprese e costringerle a perdere tempo e soldi in adempimenti formali che se in una grande impresa sono delegati alle strutture ad hoc, nella piccola investono direttamente l’impegno del titolare.

L’iniziativa è del grillino Giacomo Pisano mentre l’assist, come detto, sarebbe di Stefano Fassina, che tuttavia stamane ha scritto a Di Vico chiedendo una sorta di “rettifica amichevole”, sostenendo che l’emendamento non sarebbe un reale aggravio di adempimenti ma addirittura un modo per eliminare la responsabilità tributaria solidale negli appalti. Le cose non stanno in questi termini, ma prima corre l’obbligo di un inciso.

Per semplificare una materia complessa e permettere ai lettori di cogliere l’essenza del problema, occorre spiegare che il decreto sviluppo del governo Monti (dl 83/2012, convertito con modificazioni nella l.134/2012) prevede che il committente di un appalto non deve provvedere al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatore se quest’ultimo non documenta l’esecuzione del corretto versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’Iva sia da parte sua sia da parte degli eventuali subappaltatori. Il committente che effettui il pagamento senza essersi preventivamente accertato del corretto versamento delle imposte da parte dell’appaltatore sarà assoggettato a sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 5.000 e 200.000 euro, in caso successivamente si rilevi la non regolarità dei versamenti tributari dell’appaltatore.

Nell’attuale tragica congiuntura, accade che molte imprese appaltatrici si trovino a corto di liquidità, in maniera tale da accumulare ritardi con i versamenti tributari. In base al principio della solidarietà tributaria, che altro non è che una sorta di “polizia fiscale tra privati”, il committente ha quindi la base legale per non pagare l’appaltatore, che di conseguenza entra in una spirale mortale di tensioni di liquidità da cui, sempre più spesso, “esce” solo col proprio fallimento.

Un Decreto del Fare degno di tale nome dovrebbe operare per rimuovere ogni principio di cosiddetta “solidarietà fiscale”. Non certo per agevolare l’evasione fiscale quanto per evitare di creare tensioni letali di liquidità in aggiunta a quelle già indotte dai ritardi dei pagamenti della P.A. e dal credit crunch bancario. Ogni forma di controllo della regolarità della posizione fiscale di un contribuente andrebbe demandata ad accertamenti successivi da parte dell’amministrazione finanziaria, soprattutto ora che ci vantiamo di disporre di banche dati sempre più occhiute.

La puntualizzazione di Fassina in realtà neppure scalfisce la persistenza del principio di solidarietà tributaria, cioè della necessità che il committente controlli la posizione fiscale dell’appaltatore, e quest’ultimo controlli quella del subappaltatore. Quello che sappiamo per certo è che compito del governo e della sua maggioranza, oggi, deve essere quello di operare secondo due direttrici strategiche: la riduzione del costo del lavoro attraverso azione sul cuneo fiscale, profondendo ogni sforzo per reperire risorse; e mettere le aziende in condizione di non morire di sete, cioè per mancanza assoluta di liquidità. Tutto il resto sono chiacchiere e propaganda. Ha assai poco senso agire a valle, attraverso generose rateizzazioni Equitalia, peraltro destinate a scavare buchi nei conti dello Stato, se a monte vigono norme disfunzionali come la “solidarietà tributaria”. Più in generale, un sistema fiscale ben disegnato, al di là dell’ovvio principio della tollerabilità della pressione fiscale, non deve generare adempimenti aggiuntivi né agire in modo invasivo ed inquisitorio, ribaltando l’onere della prova a carico di un contribuente colpevole sino a prova contraria. Alla schizofrenia dovrebbe esistere un limite, anche in questo disgraziato paese di dissociati.

Piccola nota a piè di pagina: oggi Fassina ha ammesso che esiste una “evasione di sopravvivenza“, e che quindi il fenomeno dell’evasione “non è una questione di carattere prevalentemente morale“. Queste sono frasi “storiche”, anche facendo la tara per la platea davanti alla quale sono state pronunciate: un convegno di Confcommercio dal titolo “Tasse…le cambiamo?” Sta quindi prendendo corpo l’ennesimo appuntamento col destino per la sinistra, di cui eravate peraltro già a conoscenza:

(…) questa nuova tendenza è interessante: la sinistra e la destra sociale (sua immagine speculare) presto saranno costrette a decidere se la figura dell’evasore è sempre e comunque quella di un parassita sociale oppure anche quella di un povero cristo a cui tendere la mano. Vado pazzo per le dissonanze cognitive.

Già.

Update – E dopo i delatori, abbiamo anche pentiti e dissociati. Altra espulsione in vista, causa malfunzionamento del microchip sottopelle?

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