Pubblicato il primo bollettino economico del 2014 della Banca d’Italia. Sulla base dello scenario previsto, avremo un ulteriore biennio di carestia, o meglio di “stabilizzazione” che disegna una lettera L, non certo una V. Ma, soprattutto, la nostra banca centrale si allinea agli organismi internazionali nelle stime sulla crescita italiana, mandando alle ortiche l’ultima nota di aggiornamento al DEF.
Intanto, la sentenza che era piuttosto scontata: solo il recupero della domanda interna potrà estendere la ripresa anche al mercato del lavoro. E poiché la domanda interna resta morta, pensare di affidare al solo export (che peraltro dagli ultimi dati appare in stallo) una ripresa che sia qualcosa più che semplicemente statistica, è una pia illusione. Inoltre, il credit crunch in atto, che negli ultimi mesi ha persino accelerato, continuerà a tenere il paese sotto il tallone di un clima recessivo, anche se il Pil è previsto per quest’anno in crescita dello 0,7% (contro l’1% previsto dal DEF), e dell’1% nel 2015, contro l’1,7% di previsione governativa.
L’inflazione, secondo le previsioni Bankitalia, rallenterebbe ulteriormente nel 2014, portandosi all’1%, per poi risalire intorno all’1,5% nel 2015. Questo suggerisce che la possibilità di avere un Pil nominale in crescita quest’anno del 3%, che già a settembre appariva eroica, è oggi pressoché fantascientifica. Date queste premesse come evolverà, quindi, la pressione fiscale, che “qualcuno” si era già venduto in sontuosa flessione di un decimo di punto percentuale nel 2014? A voi l’inferenza ed il conseguente scetticismo. E soprattutto, visto che nel 2013 siamo stati a cavallo del 3% di deficit-Pil e che nel 2014 avremo con alta probabilità esiti meno brillanti di quelli previsti dal governo, si ricava che la probabilità di sfondare quella soglia assai poco magica aumenterà in modo considerevole, per via spontanea. Che accadrà, in quella ipotesi? Avremo una manovra correttiva in cui ci verrà spiegato che “stiamo agganciando la ripresa”, o che “siamo sulla strada giusta”, o ancora che “io non sfascio i conti del paese”, ma mi limito a serrare attorno al collo del medesimo un bel cavo d’acciaio?
La Banca d’Italia conferma (non che ce ne fosse bisogno) che l’aumento Iva introdotto lo scorso ottobre ha avuto impatto limitato sull’inflazione. Sarà contento Guglielmo Epifani, che settimane addietro si compiaceva del mancato rialzo inflazionistico indotto dall’Iva (e lo usava come argomentazione per altri balzelli che anche Renzi l’innovatore pare ansioso di introdurre). Nel frattempo, è auspicabile che qualcuno gli abbia spiegato che l’aumento Iva (come ampiamente prevedibile e previsto) si è abbattuto sui margini dei venditori e questo è no buono. Lo capirebbe anche un sindacalista in disarmo, peraltro.
A parte queste amenità, quindi, si prospetta una classica jobless recovery, o meglio un’ulteriore distruzione di occupazione per via inerziale, con disoccupazione prevista al 12,9% quest’anno e al 12,8% il prossimo. Il tutto mentre i nostri eroi sono completamente paralizzati sulla legge elettorale e sul sistema spagnolo corretto per quello di Atlantide con residui circassi. Perché questo è il destino del nostro paese: essere ridicolo anche durante le tragedie.