Tassare il risparmio previdenziale è di sinistra, in Italia

Ebbene sì, cari lettori: doveva accadere, prima o poi. Cade l’ultimo tabù, quello della intangibilità del risparmio previdenziale. Cade per effetto domino della solita coperta corta di un paese ridicolo, che promette solennemente ai propri sudditi di non inasprire la tassazione sul risparmio previdenziale, e poi giunge per via inerziale a tassare di più anche quello. Tutto troppo prevedibile.

Tutto nasce dal fatto che i rendimenti di gestione delle casse previdenziali private erano finiti sotto la scure della GMR (la Grande Manovra Redistributiva, per gli amici) del premier Matteo Renzi, quella che innalza la tassazione sulle “rendite pure”, cioè non sul debito pubblico, dal 20 al 26%. La manovra ha suscitato la (giusta) sollevazione delle casse previdenziali private che tra le altre cose hanno segnalato la sperequazione rispetto ai versamenti Inps, che non sono tassati, mentre i fondi di previdenza complementare sono tassati all’11% sul risultato netto di gestione in ogni periodo di imposta.

Come fare, quindi, per non penalizzare le casse private? Semplice, si fa un bell’emendamento al dl Irpef, in cui si introduce un altrettanto bel credito d’imposta, a valere sul secondo semestre 2014, tale da riportare la fiscalità sul rendimento delle casse private (che sono primo pilastro previdenziale per le categorie interessate) al 20%, e si aumenta la tassazione sui fondi previdenziali complementari all’11,5%, e il giochino è fatto. Poi si proclama che, entro il 2015, la fiscalità tra casse private e fondi complementari sarà “armonizzata”, che di solito in questo paese vuol dire che la pressione fiscale complessiva aumenterà. E’ la lenta ed inesorabile deriva di un paese fallito, inutile stupirsi.

Sempre ieri, la relatrice del decreto Irpef, Cecilia Guerra, ha ritirato l’emendamento che prevedeva l’equiparazione della tassazione sui dividendi tra le partecipazioni qualificate e quelle non qualificate (vedi qui). La materia verrà (forse) affrontata nella ormai mitologica delega fiscale. Per il momento prendete atto che, nell’ambito della manovra “redistributiva” che tassa “la rendita pura” e che tanti gridolini di piacere sta suscitando da settimane in molte cheerleader governative (da quelle inconsapevoli a quelle in conclamata malafede), i “poveri” detentori di partecipazioni qualificate pagheranno meno degli “speculatori puri” che hanno il solito centinaio di azioni Eni comprate magari durante le “privatizzazioni” degli anni scorsi. E tutti insieme brinderanno ai possessori di alcuni milioni di euro in titoli di stato, i cui interessi resteranno tassati al 12,5%.

E’ bello vivere in un paese il cui governo è cosi scandinaviamente attento all’equità fiscale e basa ogni propria azione sul principio della capacità contributiva. Cambia verso, nel senso di fai un bel raglio. 

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