Le cosiddette “Previsioni d’inverno” della Commissione europea certificano quello che è sotto gli occhi di chiunque: l’Eurozona cresce per effetto di elementi di stimolo eccezionale ma i fattori di incertezza del contesto globale (Cina e mercati emergenti, tassi americani, andamento del prezzo del greggio) si addensano in modo preoccupante all’orizzonte. Per l’Italia, la traiettoria di crescita piega lievemente ma di quanto basta per squilibrare i conti del 2016. Ma soprattutto, la previsione a legislazione invariata proietta l’ombra sinistra delle clausole di salvaguardia che il nostro premier ha messo attorno al collo del paese.
Tra i punti principali del documento: nel 2015 la spesa pubblica corrente italiana è cresciuta al passo dell’1%, spinta dai leggendari 80 euro, dalle misure di contrasto alla disoccupazione e dalle stabilizzazioni nella scuola. Nel 2016 la crescita della spesa corrente è ancora prevista allo 0,9%, mentre il gettito fiscale è atteso crescere meno del Pil nominale, per effetto (si badi) non di una improvvisa recessione quanto delle caramelle fiscali distribuite con voluttà e generosità da Renzi il Magnifico, e che aggraveranno la situazione della carie dei conti pubblici, abbattendosi sulle tasche nostre, dei nostri figli e dei nostri nipoti (cit.), tra cui l’abolizione della Tasi prima casa.
Morale: il saldo strutturale italiano di finanza pubblica è previsto nel 2016 peggiorare per circa lo 0,75%. A fronte di ciò abbiamo un calo della pressione fiscale di altrettanta grandezza. Ora, non c’è nulla di male a tagliare le tasse in deficit, in caso di emergenza. A patto di avere un robusto effetto moltiplicativo da tali tagli. Cosa che assai difficilmente avremo, visto il tipo di tagli attuati da Renzi (qualcuno ha detto Tasi prima casa?). Ma soprattutto, diciamolo ad nauseam, l’Italia nel 2016 ha realizzato una manovra pro-ciclica, cioè ha attuato un’espansione fiscale nel momento in cui la crescita stava ripartendo. Il motivo lo sappiamo: perché Renzi doveva camuffare il rinvio di un anno dei tagli di spesa previsti dalle clausole di salvaguardia. Quando si spinge la polvere (ed altro) sotto il tappeto, alla fine il tappeto ti rovina addosso. Poi è inutile ragliare contro un’austerità immaginaria, e cercare un Nemico esterno.
Sul piano previsionale, la Commissione prevede una lieve limatura alla crescita, che si riflette -ovviamente- sul deficit. Nel 2016, la crescita italiana dovrebbe essere spinta dalla domanda interna, in particolare dalla spesa dei consumatori e dalla formazione di capitale fisso lordo, mentre il commercio estero sottrarrà crescita. Veniamo alle note sfiziose: nella previsione 2017, i consumi privati pestano il freno, passando da +1,5% a 0,6%. Al contempo, il deficit-Pil passa da 2,5% a 1,5%. Che sarà mai successo? Semplice: che i modelli incorporano l’impatto dell’azionamento delle clausole di salvaguardia. Lo trovate scritto qui:
«Based on a no-policy-change assumption, the headline deficit is projected to decline to 1.5% of GDP in 2017, including the legislated increase in VAT rates»
Chiaro, vero? Aumento Iva (VAT) in 2017, taglia il deficit ed abbatte i consumi. Naturalmente non è detto che le cose andranno così: il governo italiano potrebbe tagliare le spese in misura equivalente, ed i somari potrebbero decollare da Fiumicino. Capite, ora, perché Renzi è diventato un vociante patriota? Certo, sappiamo benissimo che il taglio di spesa nel breve periodo deprime la domanda aggregata: lo scriviamo da tempi non sospetti. Ma se hai passato gli ultimi due anni ad aumentare il deficit perché hai “tagliato le tasse”, alla fine dovrai tagliare molto di più rispetto allo scenario “inerziale”, quello in cui non ti muovi e non fai danni. Eh.
Da ultimo, il tallone d’Achille, il rapporto debito-Pil, che nel 2016 dovrebbe scendere a 132,4% da 132,8% del 2015. Questa non è una riduzione ma rumore statistico, chissà se a via XX Settembre ne sono consapevoli (spoiler: sì, lo sono). Ma allegri: nel 2017 il rapporto d’indebitamento “crolla” al 130,6%. Peccato che ciò sia previsto accadere sempre per effetto delle clausole di salvaguardia. Ops.
Invece, sapete che diranno i nostri eroi? Qualcosa tipo “l’anno prossimo deficit e debito su Pil scenderanno in modo impressionante, è un trionfo renziano!”. E magari tenteranno di spendersi il beneficio, riportando il deficit-Pil da 1,5% tendenziale al 3% programmatico. Peccato che tutto dipenda (ancora) dalle clausole di salvaguardia. Mannaggia alla realtà, quasi più ottusa degli ottusi burocrati di Bruxelles.
Ah, e su tutto c’è la spada di Damocle della congiuntura. Se peggiora, i conti saltano. Ci pregiamo segnalarvi la deliziosa perfidia della realtà, più che della Commissione Ue. Renzi “quantifica” le spese per l’emergenza-Libia esattamente in 3,2 miliardi di euro ab origine, sua nota ed ormai collaudata tecnica di raccolta di punti-fragola per ottenere gli zerovirgola necessari alle caramelle fiscali? E la Commissione Ue indica che l’Italia perde un decimo di punto percentuale nella crescita e nel rapporto deficit-Pil di quest’anno, fissandolo sopra il target renziano maggiorato. A Machiavelli, Machiavelli e mezzo. O forse è la realtà, chi può dirlo?