Un paese intollerante. Alla prevenzione

Assenza di valutazioni ex ante e gravi carenze di controllo successivo sono alla base delle nostre ricorrenti “emergenze”

di Vitalba Azzollini

Egregio Titolare,

il recente sgombero di un immobile occupato abusivamente a Roma da extracomunitari ha evidenziato alcuni tratti ricorrenti nella gestione della cosa pubblica in Italia. Mi riferisco, in particolare, alla intolleranza dei nostri governanti a ogni trasparente valutazione ex ante – da cui poi trarre le debite conseguenze e assumersi le responsabilità derivanti – che ha reso cronica la convivenza del Paese con stati di emergenza variamente declinati. Dunque, le mie considerazioni riguardano non il merito della vicenda, ma il “metodo” (punto dolente) cui è uso chi ci amministra.

Innanzitutto una premessa, per evitare equivoci: nulla quaestio circa la tutela del diritto di proprietà, che va difeso incondizionatamente. Nessuno può violarlo “per necessità”, occupando illegalmente immobili altrui per soddisfare proprie istanze abitative. Ciò vale sempre, nonostante “il massiccio riconoscimento giuridico” di tali istanze.

Tornando al “metodo”, lei sa bene, egregio Titolare – così come sanno i più attenti fra i suoi lettori – quanto sia necessario che i governanti valutino preventivamente gli effetti delle proprie azioni, al fine di tararle al meglio. E sa bene, altresì, quanto sia importante, ai fini dell’analisi degli impatti, la conoscenza del contesto su cui quelle azioni incideranno: specie in ambito “sociale”, tale conoscenza serve anche a ponderare comparativamente tutti gli interessi coinvolti, per affrontare la materia nella sua complessa interezza. Ciò posto, se la realtà oggetto dell’intervento è un magma confuso su cui gli amministratori pubblici – attuali e precedenti – non si sono preoccupati di fare chiarezza, è difficile che l’intervento stesso possa essere un capolavoro di efficacia e adeguatezza.

Mi spiego meglio. Prima dello sgombero citato, chi c’era nell’immobile sgomberato? Pare che l’ultimo censimento degli occupanti risalga al 2015 e che non ne risultino altri. Perché sarebbe stato importante, prima di agire, conoscere se vi fossero rifugiati, richiedenti asilo politico o destinatari di protezione sussidiaria? Perché i diritti spettanti a tali soggetti variano a seconda dello status che essi hanno. Prima di essere sfollati – anzi prima ancora di occupare – i richiedenti asilo avrebbero avuto diritto ad essere accolti in apposite strutture idonee, per tutto il tempo necessario all’esame della loro richiesta; invece, i rifugiati (e i destinatari di protezione internazionale, a essi equiparati) dovrebbero godere del trattamento più favorevole possibile in materia di accesso all’abitazione, e comunque in condizioni di parità rispetto a quello accordato ai cittadini (insomma, “prima gli italiani” non vale).

Inoltre, gli appartenenti alle categorie citate, tutti indistintamente, avrebbero diritto a percorsi di integrazione (per l’apprendimento della lingua, di una qualche preparazione professionale ecc.), a servizi sanitari, scolastici e altro: ma come garantire percorsi e servizi a coloro i quali scompaiono dai radar delle istituzioni che dovrebbero provvedervi, non essendo neanche censiti nei luoghi ove dimorano abitualmente? E come può lo Stato assicurare loro diritti per la fruizione di molti dei quali occorre che si disponga almeno di un domicilio da indicare nell’espletamento di burocrazia varia? Dunque, nella vicenda da cui si sono prese le mosse, il sacrosanto ripristino della legalità riguardo alla tutela del diritto di proprietà è avvenuto senza il sacrosanto ripristino della legalità riguardo alla tutela di altri diritti (ogni ripetizione è fatta a posta, per evidenziare pure lessicalmente, oltre che giuridicamente, il pasticcio): ciò a causa della mancata conoscenza – e quindi della mancata valutazione ex ante – della realtà oggetto dell’intervento.

Peraltro, alcuni dati essenziali per comprendere la gestione di quella realtà talora sono ignoti o resi poco trasparenti. Tutto bene? Se ne dubita molto. Non è una questione di merito – lo ripeto ad abundantiam – solo di “metodo”, e tanto basta. A conferma di quanto sopra esposto, richiamo la sentenza con cui la Corte di Strasburgo ha rilevato le carenze delle autorità italiane circa l’alloggio per i richiedenti asilo (dei parametri per l’accoglienza tratta, invece, ad esempio, la Corte di Giustizia UE): dubito che serva a chi si rifiuta di capire che esistono i criteri per non cronicizzare l’emergenza, ma non dispero.

Un altro profilo merita un cenno, per dimostrare ancora che, in Italia, ex ante si esamina poco o niente e si pianifica ancor meno. Quello di piazza Indipendenza è solo uno degli immobili occupati abusivamente. Ma quanti sono in totale? Non esiste “una mappatura particolareggiata degli immobili privati (…) occupati” (Anci), che sarebbe essenziale; servirebbe altresì “la prevenzione (con «Accordi locali di sicurezza» fra Comune, Ente gestore e Forze di Polizia) e il controllo (attraverso censimenti biennali)” (Federcasa). Se e come la “prevenzione” – che richiede valutazioni ex ante (si perdoni la ripetizione, è necessaria) – possa essere attuata in un Paese caratterizzato dall’assenza di “controllo”, ove le autorità stentano pure ex post a mettere le toppe, lo lascio al giudizio di chi legge.

Come dicevo in precedenza, il “metodo” che ha connotato la vicenda in discorso caratterizza i temi più vari, i quali poi divengono puntualmente emergenziali, in mancanza di una gestione trasparente che favorisce le deresponsabilizzazioni per gli esiti conseguenti. L’abusivismo spacciato per “necessità” e la connessa tolleranza “istituzionale”, che il recente terremoto a Ischia ha messo in luce ancora una volta, è solo l’ultimo caso. Ma va altresì rilevato come spesso i governanti riescano a vantare successi abnormi proprio in ragione dell’opacità nella conoscenza delle informazioni di partenza: per fare un esempio, egregio Titolare, lei mi insegna che in materia di lavoro il tripudio della mancanza di chiarezza su dati, causa e pretesto (Guccini docet) consente alla politica di coniare gli slogan più fantasiosi.

A proposito, e conclusivamente: qualcuno sta valutando ex ante – mi ripeto ancora – gli impatti del provvedimento (le emanande Linee Guida: fonte del diritto?) che verrà adottato dal Viminale, in relazione a ogni eventuale nuovo vulnus al principio di legalità? Restiamo in fiduciosa attesa che sia la volta buona, almeno questa.

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