“Ritorno a Maastricht” passando per Medjugorje

Poiché le elezioni si avvicinano, la frequenza di interviste e “chiacchierate” dei leader politici è in ascesa esponenziale, ben oltre i livelli di tossicità che sperimentiamo durante la legislatura. Oggi ritrovate Matteo Renzi che duetta col direttore del Foglio, Claudio Cerasa. C’è un punto meritevole di (reiterata) evidenza, perché da esso potrà generarsi la visione di politica economica renziana per la prossima legislatura, al netto del colore e delle rodomontate tipiche del personaggio.

La mercanzia che Renzi esporrà sul mercatino elettorale delle pulci si chiama “ritorno a Maastricht”, cioè deficit-Pil al 2,9%. Se Berlusconi richiama i viandanti con la doppia circolazione monetaria, Salvini minaccia l’uscita dall’euro e i grillini vogliono il referendum sulla moneta unica per farsi esplodere in una stanza di cemento armato, Renzi vuol fare più deficit “a prescindere”, soprattutto dalla fase del ciclo economico. Per poter fare ciò, come aveva già segnalato, serve prima ridurre il debito:

«Se elabori contestualmente sia una misura sul debito, sia una misura sul deficit, non è fuori dal mondo. Se abbassi il debito con un’operazione one shot che noi chiamiamo Operazione Capricorn, e contemporaneamente dai un po’ di respiro al bilancio, torni a Maastricht»

Ora, a parte il nome in codice, che suggestivamente richiama sia il segno zodiacale di Renzi che un noto film cospirazionista (con Elliott GouldJames Brolin) la cui tesi era che non siamo mai andati sulla luna,  anche se nel film era Marte, qualcuno dovrebbe spiegare all’ex premier che “Maastricht” non vuol dire che devi fare il 3% di deficit con qualsiasi congiuntura. Se fai il 3% col sole estivo e poi arriva l’inverno con le sue gelate, quel 3% lo devi aumentare al 5%, al 6% ed oltre, altrimenti vai incontro ad una stretta fiscale pro-ciclica. In attesa che i suoi economisti lo informino di questo inconveniente, Renzi ha deciso opportunamente che per poter fare più deficit bisogna abbattere lo stock di debito. Questa è la solita ingegneria finanziaria per disperati che ben conosciamo, ma non è questo il punto. Proseguiamo:

«A me spiace dirlo nel tempio dell’austerity, e cioè alla Festa del Foglio (giornale che su questo tema ha lanciato campagna sacrosante: talvolta del tutto condivisibili e talvolta semplicemente rispettabili), ma col fiscal compact non si va avanti. L’Europa muore se continua ad avere la visione tecnocratica che una certa cultura tedesca ci ha imposto in questi ultimi anni. E l’atteggiamento di una parte del mondo politico italiano, che si è genuflesso di fronte alla tecnocrazia tedesca confondendo il “ce lo chiede l’Europa” col “ce lo chiedono la Germania e gli altri paesi del nord”, ha costituito un errore. Io so che quanto dico non viene accolto in modo troppo positivo da molti di voi, ma proprio per questo vengo a dirvelo con libertà intellettuale e rispetto profondo. Noi non possiamo andare avanti con il totem del pareggio di bilancio, perché in questa fase della storia è impossibile»

Renzi dovrebbe sapere che “la Germania e gli altri paesi del Nord” non ci chiedono proprio un accidente di nulla. Ormai l’idea di mutualizzare qualcosa, in Europa, è tramontata. Ognuno per sé, dio per tutti. Se Renzi è lo stesso Renzi che diceva “lo facciamo per i nostri figli e nipoti, per non lasciare loro debito”, siamo certi che capirà il concetto. La Germania “e gli altri paesi del Nord”, da un certo punto in avanti, risponderebbero semplicemente: vuoi fare più deficit? Caxxi tuoi, figliolo. Oltre che dei tuoi figli e dei tuoi nipoti. Ecco perché Renzi, che è intimamente convinto di essere l’erede di Machiavelli e Guicciardini, punta all’operazione “one shot” per ridurre il debito ma non svela i dettagli perché i dettagli tendono ad essere così noiosi.

Ma va anche oltre, dimostrando di aver capito la nota “formuletta magica, oltre che di avere grande fiducia nella capacità del “suo” deficit di generare un elevato moltiplicatore. Ecco qui:

«Bisogna disporre di uno spazio di crescita maggiore, che io individuo nella flessibilità bis, vale a dire nell’operazione Maastricht: deficit al tre per cento, crescita al due per cento, inflazione al due per cento e misura per ridurre il debito. Se continuiamo con la filosofia del taglio-taglio-taglio, l’operazione riuscirà perfettamente ma nel frattempo il paziente sarà morto»

Ecco, se avessimo deficit al 3% e crescita nominale al 4% (2% di crescita reale più 2% di inflazione, o meglio di deflatore), riusciremmo a ridurre il debito-Pil spontaneamente, e senza rincorrere elevati avanzi primari. Evidentemente, Renzi è convinto che i suoi bonus e le sue mancette abbiano un sontuoso impatto moltiplicativo, e che di conseguenza possano fare la magia. “Ritorno a Maastricht” passando per Medjugorje, in pratica. In termini clinici, siamo sempre nell’ambito dei deliri ma diremmo che si tratta di deliri meno gravi di quelli dei suoi concorrenti sul mercato dell’offerta politica. Ecco perché, come dico da sempre, la prognosi per il paese resta sfavorevole. O forse no, se dopo le elezioni i pazzarielli italiani rimettono la testa a posto assoggettandosi alla realtà e si accontentano di affabulare i propri connazionali sulle meravigliose idee e proiettili d’argento che stanno fondendo, accapigliandosi nei talk televisivi.

Mai sottovalutare il potere catartico della rappresentazione teatrale. Soprattutto nel paese che ha regalato al mondo il melodramma, la sceneggiata e la commedia dell’arte.

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