Alcuni frusti luoghi comuni sono associati alla politica, definita spesso “l’arte del possibile”. Ma anche “sangue e merda”, soprattutto la seconda e soprattutto in Italia, anche se negli ultimi anni molti cosiddetti grandi paesi hanno fatto grandi progressi lungo la dimensione fecale. Altro luogo comune agevolmente associabile alla politica è quello secondo cui “solo i cretini non cambiano mai idea”, e anche qui diremmo che dalle nostre lande si produce una stirpe di geni, pure indefessamente impegnati a mettere in sicurezza i tunnel scavati tra gli escrementi, per evitare crolli. Uno di questi purosangue della revisione è certamente Michele Emiliano, il governatore della Puglia.
Che giorni addietro aveva le idee chiarissime, almeno sul suo partito e sulla leadership:
«Gentiloni è un politico fine, ha parlato col tono di chi unisce il partito. Ha fatto un discorso da padre di famiglia, di quella che dovrebbe essere la famiglia del Pd. Ha costruito una visione molto più morbida e aperta alle diversità e ai pluralismi e mi ha ricordato il progetto originario del Pd»
Renzi ha tradito il progetto originario?
«Dentro la voce di Gentiloni ho sentito l’eco di Veltroni. Mi ha profondamente commosso, in un momento in cui il Pd sente incombere su di sé la responsabilità del governo e la minaccia di non avere la forza di conquistarlo. Abbiamo commesso alcuni errori che potrebbero essere fatali, ma senza di noi il Paese rischia di cadere in mani sbagliate» (Intervista al Corriere, 29 ottobre 2017)
Poi, improvvisamente, inversione di tendenza, come avrebbe scolpito il leggendario Everardo Dalla Noce quando l’indice di borsa cambiava direzione:
«Prima delle elezioni siciliane, io stesso pensavo che Gentiloni potesse fare al caso nostro. Adesso la situazione è cambiata e Renzi ha fatto di tutto per metterlo fuori gioco. Tra l’altro, Gentiloni è espressione dello stesso Renzi. Ed essendo una persona leale non si metterebbe in contrapposizione al segretario…» (Intervista al Corriere, 9 novembre 2017)
Beh, si, la sconfitta elettorale siciliana del Pd è stata un vero fulmine a ciel sereno: nessuno, ma proprio nessuno, se l’aspettava. E poi le non comuni doti investigative del pubblico ministero Emiliano gli hanno permesso di scoprire, nel breve volgere di dieci giorni, che Renzi sta cercando di mettere fuori gioco Gentiloni. Meglio quindi rinfoderare la commozione, serbandola per giorni migliori e dedicarsi ad altro, ad esempio ad una imbastitura di un bel programma artigianale de sinistra, di quelli che possono coagulare consenso ma senza produrre trombi:
«Innanzitutto, tocca cambiare il Jobs Act, ripristinando l’articolo 18. Poi cambiare la riforma della scuola, riportando dalla nostra parte le migliaia di insegnanti che ci hanno voltato le spalle» (Ibidem)
Eh sì, tocca. Toccatevi anche voi, già che ci siete, ché tanto questi personaggi un biglietto di sola andata per il Sudamerica non lo compreranno mai.