Savona, il cambio e la frizione

Della serie “mi si nota di più se mi chiudo in un ostinato ed altero silenzio o se pronuncio delle pensose ricette di politica economica così ermetiche da risultare incomprensibili?”, oggi il marziale ministro degli Affari europei, Paolo Savona, parlando alle Commissioni Ue di Camera e Senato ci ha fatto sapere cosa servirebbe, tra le altre cose, per “salvare l’euro”.

Ad esempio, questa frase:

«Se alla Bce non vengono affidati compiti pieni sul cambio, ogni azione esterna all’eurozona si riflette sull’euro senza che l’Unione europea abbia gli strumenti per condurre un’azione diretta di contrasto. L’assenza di pieni poteri della Bce sul cambio causa una situazione in cui la crescita dell’economia dell’eurozona risulta influenzata, se non determinata, da scelte o vicende che accadono fuori dall’Europa» (Ansa, 10 luglio 2018)

Che è una frase del tutto incomprensibile. Intanto, che sarebbero i “compiti pieni sul cambio”? Forse la possibilità di fare svalutazioni competitive? Non è dato sapere. Se per Savona questi “pieni poteri” non ci sono, dovrebbe essere così gentile da dirci chi li tiene sequestrati e perché.

E comunque, le cose non stanno in questi termini, visto che la Bce monitora l’evoluzione del cambio reale effettivo dell’euro, e il suo presidente (oltre che i membri del governing council) può sempre mandare segnali di moral suasion in caso di scostamenti dai fondamentali. Forse Savona si esprime così perché la Bce per statuto non può esercitare forme di targeting sul cambio, e ci mancherebbe pure quello: Savona conosce per caso banche centrali che hanno nello statuto qualcosa del genere? In caso, ce lo segnali.

Se poi il ministro, con questo ermetico pensiero, intende che la Bce dovrebbe puntare alla piena occupazione manovrando il cambio in funzione di supplenza rispetto ad una politica economica comunitaria che non esiste, spiacenti di informarlo che questa sarebbe misura che verrebbe schiantata molto rapidamente dagli altri paesi, ad esempio con bei dazi. Ma di certo Mario Draghi potrà spiegargli il concetto, visto che Savona ha annunciato che si recherà da lui.

Altra frase piuttosto ermetica di Savona in audizione è quella sul rilancio degli investimenti pubblici:

“Rilanciare gli investimenti per una crescita del Pil” è “tecnicamente possibile” e il “prestigio” del governo si gioca sul fatto che si riesca a rilanciare gli investimenti anche tenendo conto del fatto che esiste “un risparmio interno inutilizzato”. Lo ha detto il ministro degli Affari Europei Paolo Savona alle Commissioni Ue di Camera e Senato illustrando le linee programmatiche del suo dicastero. La stabilità, ha aggiunto, è il “presupposto della crescita del reddito e dell’occupazione” (Ansa, 10 luglio 2018)

Ohibò, ma voi sapevate che in Italia esiste “risparmio interno inutilizzato”? E in che forme? Perché l’unica circostanza in cui è possibile affermare qualcosa del genere è che gli italiani tengano banconote in cassetta di sicurezza. In ogni altro caso, la frase è del tutto priva di senso, a meno che Savona intendesse che ci sono forme di investimento che il signor governo non gradisce, come ad esempio tutte quelle estere. In questo caso avremmo un serio problema, visto che non si può imporre al risparmiatore italiano la destinazione dei suoi risparmi; almeno, non nel contesto economico globale attuale. Se poi Savona ritiene che servirebbero controlli sui capitali, come il suo “collega” Armando Siri, ci faccia sapere anche quello. Ma non si lamenti se poi lo spread resta cocciutamente alto e tendente ad ulteriore aumento. Ci sono troppi geni incompresi in questo paese, evidentemente.

Da ultimo, Savona ha ribadito che serve “essere pronti ad ogni evenienza”, se “altri” decidessero di uscire dall’euro. Anche qui, il ministro magni tranquillo: se e quando altri decideranno, l’Italia sarà devastata con o senza contingency planning. Quindi forse serve smettere di usare questi argomenti come l’arma con cui cercare di intimidire i famosi “tavoli europei”. Voi la sapete quella del tizio che compra un’arma per legittima difesa e finisce stecchito perché i suoi assalitori glie l’hanno sfilata e usata contro di lui?

Come bonus aggiunto a questo post, vi segnalo che ieri vi è forse sfuggita una imprescindibile dichiarazione di Stefano Fassina, l’economista politico sovranista di sinistra, che da anni denuncia coraggiosamente le malefatte della Spectre tedesca che affama i popoli mediante l’euro. Io ho sempre pensato che, alla fine, Fassina sarebbe arrivato a chiedere l’uscita dall’euro, ma decisamente viviamo tempi interessanti ed incompresi:

«[…] è decisivo definire il nostro rapporto con l’Unione europea. Non nel senso dell’uscita dall’euro –è una caricatura– ma su come contrastare il mercato unico e i suoi effetti deleteri. O affrontiamo certi nodi o c’è il Pd, ha concluso, ribadendo i temi del suo intervento alla sessione a porte chiuse» [alla prima riunione del Comitato promotore nazionale di Liberi e Uguali] (Ansa, 9 luglio 2018)

In pratica, par di capire, per Fassina serve che i popoli europei si sollevino contro il mercato unico e producano parlamenti nazionali che arrivino a cambiare dalle fondamenta la costruzione europea, facendola evolvere verso l’Use (Unione socialista europea). Un programma di lunga lena, diremmo. Quindi, per ora niente uscita dall’euro, neppure in un weekend piovoso, visto che sarebbe “una caricatura”. La Lunga Marcia prosegue. Per qualcuno dei Marciatori ciò si è tradotto in un robusto flusso di reddito pluriennale, a spese dei contribuenti. Chapeau.

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