La realtà ha un noto bias neoclassico-liberista

Ancora sulla vicenda della relazione tecnica al decreto dignità ma andando ben oltre, oggi su Repubblica c’è un gustoso editoriale del professor Roberto Perotti, che per molti aspetti riprende le obiezioni sulla strumentale critica del “metodo scientifico” applicato alla teoria economica e si spinge al tormentato rapporto tra quest’ultima e la politica. Su questo decreto dignità si sono fronteggiate -in apparenza- due visioni del mondo radicalmente differenti (alcuni intellettuali le chiamano “paradigmi”, altri “impianti”, e via elucubrando).

Questo è il problema delle scienze sociali in generale e dell’economia in particolare: in esse, la falsificazione della teoria a volte sembra davvero a portata di mano, al punto da convincere alcuni saltimbanchi, dediti ad incrociare grafici, di aver scoperto la pietra filosofale. La lunga stagione della maionese impazzita italiana è lì a testimoniarlo. Nuova linfa per i magliari divenuti politici a furor di correlazioni spurie, quindi.

Ma quello che è accaduto con questo c. di decreto dignità sfiora il rave party: gente convinta che, aumentando il costo di un bene, la domanda del bene medesimo possa e debba aumentare; altri che si spingono a sniffare la trielina degli “investimenti ad alto moltiplicatore”, che nessuno ancora conosce, e invocano quelli per la copertura finanziaria delle proposte. Ecco quindi la chiusa del pezzo di Perotti, da me annotata:

«Ci sono tre lezioni da trarre da questa vicenda. Primo, e parlo anche per esperienza personale, è molto difficile far capire a un politico che in economia bisogna fare delle scelte. È praticamente impossibile pensare a un provvedimento che abbia solo effetti positivi, che non danneggi nessuno e che non costi niente; eppure ogni volta i politici si convincono, o fanno finta, di averlo scoperto»

Questa considerazione è fondamentale. I politici, da sempre, non amano il concetto di trade-off, che poi è quello secondo il quale non si possono avere burro e cannoni nelle quantità massime desiderate. Spetta ai “tecnici” informare la politica di questa sconveniente verità. A patto di avere di fronte dei politici che non siano analfabeti funzionali e non ti accusino di “far politica” quando fai notare l’evidenza.

«Secondo, questo governo ci sta dicendo da mesi che abbassare le aliquote delle tasse ha proprietà miracolose: riduce il costo del lavoro e aumenta l’occupazione ma anche il gettito totale, grazie all’enorme aumento di reddito e consumi che genera. Ora ci dice che anche alzare le aliquote e il costo di certi tipi di lavoro ha gli stessi effetti positivi su tutto. Beata innocenza»

Perotti è uomo molto mite, e ricorre all’understatement. Sarebbe ignoranza, per assonanza. Ma anche qui, visto che questi disgraziati anni hanno spinto molti a credere che l’economia possa essere “convinta” a produrre gli esiti sperati, possiamo solo prendere atto che, nel magico mondo sovranista, ci sono alcune curve di domanda inclinate negativamente (come ci si aspetterebbe), in cui cioè al crescere del prezzo le quantità domandate calano, ed altre che sono invece inclinate positivamente, quindi che all’aumentare del prezzo di un bene la sua domanda aumenterà. Come per il tempo determinato, al crescere dei contributi ad esso applicati. Perché, come direbbe Stefano Fassina ma non solo lui, bisogna smettere di pensare “col paradigma liberista”. La realtà ha un noto bias liberista, lo sappiamo.

«Terzo, ormai ogni giorno sentiamo da soloni di varia estrazione e caratura la classica lezioncina agli economisti “neo-liberisti”, magari venduti al capitale e al pensiero dominante stranieri: sbagliano tutto perché si fidano ciecamente dei postulati e dogmi teorici costruiti nelle loro torri d’avorio, mentre ignorano “il mondo reale” ben noto ai suddetti soloni, oltre che le scoperte della psicologia e della economia comportamentale. Ma all’occorrenza questi stessi soloni non hanno problemi a negare il più elementare senso comune, fino a sostenere che se il prezzo delle mele sale, il numero di mele vendute aumenterà»

Ed eccolo qui, “er cambio de paradigma. Notare la mai sopita querelle tra gli economisti neoclassici-marginalisti e quelli comportamentali. Questi ultimi, però, sono stati sequestrati e ridotti a macchietta dalle truppe dei guru da social, quelli delle correlazioni univariate spurie, che quando non sanno che risponderti, se la cavano con un bel “ehi, ora c’è la behavioural economics, aggiornati, SVEGLIA!!1!”. Ecco, questa è la tragedia. Moriremo di paradigmi, dopo aver tentato di sotterrare la realtà. Che tuttavia, uscirà dal terreno con l’abituale randello, più bello e nodoso che pria. E viva Perotti. 

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