Si è aperto l’evento che dovrà disegnare l’Italia del futuro, dopo il Grande Reset della pandemia. Almeno, questo ci viene detto. C’è motivo di esercitare l’abituale scetticismo, che per i nostalgici del Ventennio si chiama disfattismo, per una adunanza a porte socchiuse che promette di essere l’ennesimo attovagliamento ultra corporativo dove il sistema-paese è la somma di istanze, e il comune denominatore non si trova. O meglio, quello che si trova è il badile per scavare più in profondità la fossa del paese.
Al netto della simbologia pacchiana e della assai lacunosa conoscenza della storia (che porta ogni entità italiana in crisi esistenziale a invocare la convocazione degli “Stati Generali” prima del collasso finale), oltre che della toponomastica salubre-ambientalista, col “Casino del Bel Respiro”, nel video passiamo in rapida rassegna quelle che gli anglosassoni chiamerebbero platitudes, partorite dal think tank di Vittorio Colao.
La domanda che mi e vi faccio è: ma non bastava il programma di governo che è servito ad ottenere la fiducia delle Camere? Troppo generico? Vai a capire. Notevole anche lo sforzo del nostro premier, che ribadisce che “non è un tesoretto”, e che si sente in dovere di rispondere al messaggio cariogeno di Ursula von der Leyen con una bella excusatio non petita: “non sprecheremo un euro“. Che ricorda le promesse di quei ragazzi difficili che escono dal riformatorio. Se siete patiti dei programmi che cambiano il corso dell’universo, qui trovate le “missioni” elaborate dalla presidenza del consiglio.
Non so a voi ma a me, cittadino italiano non ancora dimissionario, queste scene e queste giustificazioni suscitano irritazione. A parte queste irrilevanti notazioni autobiografiche, resta il problema di fondo: sarò prevenuto, ma nel paese che fa del modello superfisso e del gioco a somma zero (“se tu guadagni, io perdo”) la base del proprio contratto sociale disfunzionale, rivendicazionista ed ultracorporativo che ci ha condotti sin qui, è difficile essere ottimisti sulla prognosi.
Sempre più spesso, sulla stampa internazionale, si leggono analisi su successo o fallimento dei paesi durante una crisi che si basano sul grado di “fiducia” verso le istituzioni, che poi è fiducia verso i propri concittadini. Ebbene, mi pare difficile negare che l’Italia si collochi stabilmente nel novero dei paesi dove la fiducia verso le istituzioni e verso i propri concittadini sia fortemente carente, a parte i momenti liturgici in cui si osanna il presidente della repubblica o si canta dai balconi.
Per tutte le altre considerazioni, mie e di Michele, guardate il video. Dove, tra le altre cose, potrete scoprire quali immagini mi sono balzate alla mente quando il vertice europeo ha partorito i 750 miliardi del Resilience and Recovery Fund, ed il giorno dopo ho letto “Italia in testa” nella assegnazione dei fondi.