Giuseppe Zelig, come tu lo vuoi

Lo so, ho già scritto di questo specifico teatrino, più e più volte. Mi prendo il rischio di ripetermi per segnalare l’ultima perla dell’uomo che prende le forme del contenitore in cui è posto, come fosse un liquido o il quinto dei Fantastici Quattro della Marvel. Parliamo del presidente dell’entità nota convenzionalmente come M5S, che già di suo è talmente liquida da rendere pressoché futile ogni tentativo di classificazione. Ma il suo leader è decisamente oltre.

Intervistato “in esclusiva” dal Corriere, oggi Conte parla dei temi di giornata e stagione, con la diligenza che lo contraddistingue. Delle pensioni, mentre ferve il dibattito su come sfidare la forza di gravità della realtà, con proposte di quota 101, 102, 41 anni, opzione donna, ape sociale, contratto di espansione, lavori gravosi; tutti destinati a fracassarsi contro l’esito di assegni da sussistenza e anche meno, che serviranno per denunciare il turboliberismo che ci affligge e chiedere la patrimoniale che toglie i mali del mondo, fingendo di non vedere la catastrofe demografica che è sotto gli occhi di chi vuol vedere.

Tridico dixit

Conte rimastica nell’intervista la posizione del presidente Inps, Pasquale Tridico, tale e quale:

Le pensioni sono un problema molto urgente. A dicembre scadrà quota 100. Avremo uno scalone di 5 anni. Si parla molto di quota 41, ossia di consentire la pensione a chi ha 41 anni di contributi, ma sarebbe molto onerosa. Avviamo piuttosto un confronto per ampliare la lista dei lavori gravosi ed usuranti sulla base dell’indice Istat di speranza di vita. Sarebbe un percorso razionale ed equo. L’alternativa è il pensionamento anticipato a 63 anni in base alla sola quota contributiva, con la possibilità a 67 anni di una integrazione in base alla quota retributiva.

Tutto molto bello. Un vero peccato che Conte non ricordi chi abbia consentito la formazione di questo “problema molto urgente” dello scalone dell’età di pensionamento. Pare sia stato un suo gemello, quello dell’era gialloverde, quello che aveva scoperto che sovranismo e populismo sono scritti nella costituzione, quello per il quale Quota 100 era, assieme al reddito di cittadinanza,

[…] una politica a forte impatto sociale. Per proteggere i più deboli e vulnerabili. Dobbiamo continuare a lavorare per invertire l’esclusione di fasce sempre più ampie della popolazione e introdurre operazioni riparatrici nei confronti di lavoratori che sono state una concreta violazione del patto sociale. (Ansa, 31 marzo 2019)

Conte, nella sua riproposizione del “pensiero mobile” di Tridico, omette una considerazione di quest’ultimo:

La nostra è la prima analisi di quota 100, dopo due anni e mezzo di applicazione. L’anticipo è stato usato soprattutto da lavoratori maschi, nel settore pubblico e con redditi medio alti. E non sembra che abbia prodotto l’auspicato ricambio generazionale.

Pensionarne uno per assumerne tre

Tradotto: non avevamo capito una cippa, quando abbiamo introdotto una misura che ha finito col produrre esiti opposti al nostro pensiero magico. Quindi, pare, niente riparazione delle violazioni del patto sociale. Sarà per la prossima vita.

Del resto, Conte è quello che aveva deciso che Quota 100 avrebbe indotto un ricambio generazionale epocale nel mercato del lavoro. Non lo aveva deciso da solo, si dirà, ma con Matteo Salvini e i prestigiosi consiglieri economici di quest’ultimo, ma i fatti dicono che è corresponsabile di quell’abbaglio.

Il presidente del M5S era così convinto di questo ricambio da aver lavorato alacremente per farlo compiere, sfruttando le leve strategiche delle aziende pubbliche:

“Ho convocato i rappresentanti delle principali aziende di Stato e sono venuti fuori 13 miliardi per nuove assunzioni. Con l’applicazione della riforma “quota 100” una di queste grandi aziende ha calcolato che per ogni uscita potrebbe fare tre nuove assunzioni“. Lo afferma il premier Giuseppe Conte rispondendo ad una domanda sulla sperequazione tra i finanziamenti per la riforma pensionistica e i finanziamenti per i giovani (Ansa, 28 dicembre 2018)

Purtroppo, queste infide ancelle del Deep State lo hanno sedotto e abbandonato, e niente formula magica “pensionarne uno per assumerne tre”. Anche questo, sarà per la prossima vita.

Come sapete, o dovreste sapere, questo è il paese dove non esiste memoria del passato recente e recentissimo, in quella che possiamo definire demenza politica della società italiana, che vive con la memoria di breve termine che si resetta nel corso della notte, giusto in tempo per le rassegne stampa del mattino successivo.

Il premier, se c’era, se ne stava in disparte

Di conseguenza ecco che Conte, nell’intervista odierna al Corriere, bacchetta il suo ex ministro dell’Interno, non prima di averlo nuovamente descritto (peraltro correttamente) come un fanfarone demagogo:

Avrebbe dovuto lavorare con costanza nella cornice europea, dove non è mai stato troppo presente. Senza contare che i decreti sicurezza hanno messo per strada decine di migliaia di migranti dispersi per periferie e campagne. L’eliminazione della protezione umanitaria ha impedito a molti migranti di entrare nel sistema di accoglienza e ad altri di farli uscire in quanto non aventi più titolo, con il risultato che migliaia di migranti sono diventati invisibili. Insomma, Salvini da ministro dell’Interno sui rimpatri e sull’immigrazione ha fallito. È un dato di fatto.

Qui, è del tutto evidente che lui non ha avuto alcun ruolo nella approvazione di quei decreti, e che quello che ha posato con Salvini era una sua controfigura. Ma bisogna capirlo: lui è stato rapito e portato a Palazzo Chigi, dove è stato costretto a firmare tutta una serie di porcate e idiozie.

Resta da capire quale fosse il ricatto che gli impediva di ribellarsi e rivelare la sua vera natura di leader progressista, oggi certificata prima e dopo i pasti dalla Dittarella che esercita robusta egemonia culturale sull’aggregato di correnti noto come Partito democratico. Costoro, come noto, vedono in Conte la reincarnazione di un ibrido tra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, il vero papa neppure troppo straniero per redimere il Pd e riportarlo ai fasti dei Ds e, meglio ancora, del Pds.

Un Conte per ogni stagione

Quindi, no, il Conte di Quota 100 e dei decreti sicurezza era un altro. Oggi il suo gemello opera pensosamente per mettere una toppa a quegli errori del Destino e con cavalleresca lealtà verso Mario Draghi, sebbene quest’ultimo lo abbia scalzato, con l’aiuto dei poteri forti, da Palazzo Chigi; da dove, finalmente alla guida di una coalizione di progresso, stava per riportare il nostro paese sulla via delle repubbliche democratiche popolari di senso compiuto.

O forse le cose non stanno in questi termini. Forse Conte è un vero camaleonte, in grado di assumere forme e colori della stagione politica del momento. Oggi Conte è “il fortissimo punto di riferimento delle forze progressiste”, ieri era il mediatore di una coalizione sovran-populista, domani chissà. Ma di questo abbiamo già detto, più volte.

L’Italia resta il paese dei gemelli. Conte è, di suo, una inesausta genesi plurigemellare. L’ultimo discendente del leggendario trasformismo italiano, pur se quello che ha raggiunto vette inarrivabili. Inchiniamoci a questa abilità superiore.

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