Il pessimo paretiano della politica italiana

Lo psicodramma del giorno è, come ormai sanno anche le pietre, l’impuntatura di Matteo Salvini sulla riforma del catasto messa in pista da Mario Draghi col supporto di tutti i partiti dell’accozzaglia di governo. Salvini, come noto, è uscito dalle amministrative lacero e contuso, proseguendo in una traiettoria che a dirla tutta dura dal giorno della fuga agostana al Papeete. In questa sua opposizione alla riforma fiscale da sempre politicamente più carica e sensibile ha trovato un momento per rifiatare da quella che resta la completa assenza di prospettive politiche e progettuali. Ma la riforma ha in sé elementi a orologeria molto interessanti.

Come recita l’articolo 7 della bozza -non smentita- di legge delega sulla riforma fiscale, dedicato alla “Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati”,

  1. Il Governo è delegato ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, una modifica della disciplina relativa al sistema di rilevazione catastale al fine di modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, secondo i seguenti criteri e principi direttivi:

    a) prevedere strumenti, da porre a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, atti a facilitare e ad accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento delle seguenti fattispecie:
    1) gli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso ovvero la categoria catastale attribuita;
    2) i terreni edificabili accatastati come agricoli;
    3) gli immobili abusivi, individuando a tal fine specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle attività di accertamento svolte dai comuni in
    quest’ambito;
    b) prevedere strumenti e moduli organizzativi che facilitino la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle entrate e i competenti uffici dei comuni nonché la loro coerenza ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari.

Stamberghe di lusso

Come si nota, la prima azione è centrata sulla identificazione dei “furbi”, categoria che sull’immobiliare resta molto vasta, tra non accatastati e accatastati in modo infedele. Da qui dovrebbero uscire recuperi di gettito immediati. Mi pare evidente che ciò crei qualche problema a molti beneficiari di questi classamenti fantasiosi o inesistenti, sul cui voto Salvini punta, come forse punta a sottrarre al Pd l’elettorato della ZTL, che spesso vive in case con rendite catastali ridicole rispetto al valore di mercato e rigorosamente di tipologia non A1.

Ricorre anche qui il famoso “incrocio magico delle banche dati”, che è l’abracadabra su cui in questo paese si fa politica da lustri. Ricordo che ero un ragazzo, quindi molto tempo addietro, quando il governo di turno si entusiasmava per l’utilizzo di aerei da parte dell’Agenzia del Territorio per identificare gli immobili fantasma, molti dei quali di regolare hanno solo il contratto di fornitura di gas e luce (pensate la stranezza). Poi siamo passati dagli aerei ai droni ma il risultato è rimasto uguale, cioè nullo. Attendiamo i satelliti spia ma confidiamo che il costosissimo Superbonus possa aiutarci.

Che Salvini voglia prendersi i voti di questa categoria di persone è ovviamente lecito. Resta da capire quanti tra i suoi elettori, penalizzati dall’attuale imposizione immobiliare, vorranno seguirlo nella conservazione dello status quo. Anche per questo basta forse un bel lavaggio del cervello al grido “patrimoniale!”, un po’ come quando il senatore Peppone veniva svegliato durante un tumulto d’aula e subito strepitava “fassisti!“, che serve sempre per trarsi d’impaccio.

Fisco e mercato

Da questa “fase 1” c’è comunque un rischio di una certa entità, per non pochi: e cioè che immobili oggi classati A2 e A7 (case rispettivamente civili e “abitazioni in villini di tipo civile o economico”), quindi esenti da Imu se prima casa (altra stranezza, l’esenzione delle prime case sempre e comunque, ma transeat), finiscano in A1 e A8 (cioè lusso e ville), quindi tassate e non poco anche se prima abitazione.

Il sopracitato articolo 7 prevede poi anche una “fase 2”, differita nel tempo:

  1. Il Governo è delegato altresì ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1,
    una integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il
    territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026, secondo i
    seguenti criteri direttivi:

    a) attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato;
    b) prevedere meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle
    condizioni del mercato
    di riferimento e comunque non al di sopra del valore di mercato;
    c) prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, come individuate ai sensi dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri di manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro;

Quindi obiettivo di lungo termine è quello, del tutto razionale, di allineare i valori patrimoniali a quelli del mercato immobiliare. Una cosa talmente rivoluzionaria da avvenire un po’ ovunque nei paesi sviluppati, quindi non in Italia. Di questa seconda fase ho lasciato deliberatamente fuori, nel copiaincolla, il punto d), che mi pare quello più “singolare”:

d) Prevedere che le informazioni rilevate secondo i principi di cui al presente comma non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali.

La rivoluzionaria trasparenza a orologeria

Quindi, negli intendimenti del governo, a partire dal 2026 ci saranno proprietari immobiliari che si accorgeranno di pagare tasse, sulle seconde case, molto più di quanto prezza il mercato e che malgrado ciò resteranno zitti, buoni e paganti? Interessante, non trovate? Attenzione: non sto criticando l’intendimento di Draghi. Esattamente il contrario.

Non c’è nulla di più rivoluzionario della trasparenza, pare. E qui di trasparenza se ne farebbe molta, anzi decisamente troppa per gente come Salvini e la sua base elettorale. Poi, possiamo parlare del gettito complessivo da imposizione immobiliare, al quale si potrebbe anche imporre una sorta di inutile vincolo di invarianza nel tempo.

Perché inutile? Perché, come cerco di spiegare da sempre, ogni vincolo è un costrutto umano, e come tale può essere smontato dagli uomini. Vale, ad esempio, per i limiti alla pressione fiscale o all’incidenza della spesa, anche se posti in costituzione. Ricorda un po’ il gold standard: un vincolo ferreo, anzi aureo, sin quando non ha cessato di essere tale per umane esigenze (il deficit americano delle partite correnti, esploso durante la guerra del Vietnam, e prima ancora, di Corea).

A proposito di base elettorale di Salvini: vista la sua sin qui fallimentare strategia “nazionale”, sarebbe interessante cercare di capire come reagirebbero i suoi improbabili elettori delle regioni meridionali, almeno quelli che hanno case regolarmente e correttamente accatastate, vedendo che potrebbero pagare assai meno usando valori di mercato.

La riforma fiscale di Babbo Natale

Ma forse sono io a essere ingenuo: questa tipologia di elettori di Salvini è solo un parto della fantasia, e la vera “base” a cui il cosiddetto Capitano punta o puntava, è quella che vive di condoni di “necessità”, oltre che a volte in masserie che sono dei ranch texani.

Non so se e come passerà questa meritoria iniziativa di “trasparenza a orologeria” promossa da Draghi e Daniele Franco. Devo capire perché l’altro partito condonista che liscia il pelo ai proprietari immobiliari, Forza Italia, si dica del tutto favorevole a essa. Forse ritengono che il 2026 sia tra un’era geologica, un po’ come gli scaloni pensionistici come quello di Bobo Maroni al Ministero del Lavoro o la famosa Quota 100 col gradone a termine di un triennio, e quindi un non-problema.

E se anche lo fosse, potrebbero sempre contare sulla memoria da pesci rossi degli elettori, come sta tentando di dimostrare anche il fu Avvocato del Popolo, anche se per ora pare non dirgli benissimo.

Due considerazioni finali: non capisco quelli che dicono che Draghi starebbe umiliando il parlamento. Un disegno di legge delega passa per il parlamento, che può negargli il sostegno in ogni momento. Capisco poco e nulla anche quelli che accusano Draghi di usurpare il parlamento medesimo nel recepimento delle linee di riforma. Ma tutti sappiamo che quelle linee, frutto di una “indagine” parlamentare che altro non era che la sommatoria di letterine a Babbo Natale senza indicazione di quali genitori avrebbero pagato i doni, avrebbero comunque richiesto l’intervento dell’adulto nella stanza di Palazzo Chigi, a fare sintesi e non solo.

Il pessimo paretiano delle riforme fiscali italiane

L’altra considerazione, caratteristica di tutti i tentativi di riforma fiscale, è che di solito tali tentativi abortiscono perché possiedono una ineliminabile componente redistributiva. Cioè qualcuno starà meglio e qualcuno peggio, per definizione. Chi starà peggio sarà protetto da politici che, usandolo per coprire altri e meno pubblicizzabili interessi, grideranno alla “patrimoniale” e all'”esproprio”. Ne basta uno, uno solo, meglio se “povero” o comunque non agiato, da portare in ostensione televisiva come simbolo della nequizie e della macelleria fiscale.

In quel caso, scatteranno a furor di popolo “clausole di salvaguardia” secondo le quali nessuno deve pagare di più. E il risultato sapete quale è? Non è difficile, anche se siete poco vocati per i metodi quantitativi: che nessuno pagherà di più e molti pagheranno meno. L’asimmetria della clausola di salvaguardia si traduce in una sorta di “pessimo paretiano” e genera nuovo deficit, che qualcuno (i soliti noti) dovrà colmare.

Bisogna essere davvero in condizioni pre-fallimentari, per far passare qualsivoglia riforma fiscale in questo paese. E l’Italia, grazie alla Bce e al Recovery Fund, è stata temporaneamente tolta da quella condizione pre-fallimentare. Quindi temo che non basterà l’uomo solo al comando di un esercito di termiti sudamericane e levantine (cioè italiane), per produrre il miracolo. Ma anche questo ve l’ho già detto e scritto più volte.

Foto di Frank Winkler da Pixabay

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