La tazza per ambidestri del portavoce Crippa

Il governo Draghi sta valutando la possibilità, vagheggiata nei giorni scorsi dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, di applicare una sorta di Robin Hood Tax alle imprese produttrici di energia, e destinarne i proventi al sostegno di aziende a famiglie. Vaste programme con pesanti difficoltà, di ogni genere. Per fortuna ci soccorre la generazione di idee di quell’autentico ufficio brevetti che è l’entità convenzionalmente nota come M5S.

Una Robin Tax è maledettamente complessa da attuare. Per una molteplicità di motivi. Sappiamo che la precedente incarnazione di quella imposta, partorita dalla fertile mente di Giulio Tremonti durante un governo Berlusconi, era stata abbattuta dalla Consulta ma con efficacia ex nunc e non ex tunc, cioè dalla sentenza e non retroattivamente dall’entrata in vigore della legge.

La precedente Robin Tax

L’addizionale Ires per le imprese dell’energia gravava allora sull’intero utile e non su una nozione di extra-profitto (peraltro di problematica misurazione) ed era priva di scadenza, motivò la Corte costituzionale. Giochi chiusi.

Ora l’idea torna, con le eventuali correzioni del caso. Quindi contributo una tantum sugli extra-profitti di aziende che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono pubbliche pur se quotate. Per lo Stato una parziale partita di giro, col rischio di deprimere il valore d’impresa delle aziende coinvolte e di conseguenza innalzare il costo del capitale.

Qualcosa va fatto ma sarà comunque parziale, e non solo da noi. Non può essere altrimenti. Fermo restando il rischio di “svezzamento”, cioè di rimozione dei sussidi, quando le condizioni che hanno portato alla loro introduzione saranno auspicabilmente venute meno. Per dettagli, citofonare Argentina.

Operativamente, sarà piuttosto complicato identificare una soglia di sovra-profitto. Solo per fare un esempio, servirà separare la parte di energia acquisita attraverso contratti di lungo termine a prezzo fisso da quella comprata sui mercati spot, che reagisce immediatamente a variazioni di quotazione.

“Maestà, la gente ha freddo”, “Tassateli di più”

A parte ciò, appare lampante a chiunque abbia occhi di buona fede quanto è difficile vivere e governare per slogan. Ad esempio, “bene che il costo dell’energia aumenti, così la transizione verrà accelerata”. Vado pazzo per i piani ben riusciti, al solito. Fermo restando, come vi dico da ere geologiche, che tra due stati del mondo e l’approdo sulle coste della felicità, c’è di mezzo il mare della transizione, con i suoi costi umani, spesso proibitivi.

Ed è anche molto semplice levare la manina e dire “presto, subito uno scostamento di bilancio al tavolo quattro!”. Attingiamo al deficit, come ebbe a dire uno dei massimi beneficiari della borsa di studio da oltre quindicimila euro mensili erogata dai contribuenti italiani ad intervalli irregolari ma di regola quinquennali.

Come detto, per buona sorte il nostro paese può contare tra i propri eletti la presenza di mediamente giovani menti brillanti, sempre pronte a offrire soluzioni semplici a problemi complessi, riposte nella vaschetta rigorosamente ecologica e condite con slogan per un pasto gratis veloce e gustoso.

Oggi, sul Corriere, tocca a Davide Crippa, portavoce dei portavoce alla Camera dei Deputati. In mezzo a una chiacchierata sul sudoku di una classe politica fallita che sono le manovre per il Quirinale, Crippa riflette sullo shock energetico e sui rimedi. Ecco dunque il proiettile d’argento, fuso in una fonderia ecologica:

Aiutiamo le energivore, affondiamole

Vorrei rivolgere un appello al presidente Draghi: il tema caro bollette l’abbiamo sollevato noi per primi già dallo scorso settembre e ce ne siamo occupati, altre forze politiche si sono svegliate un po’ tardi. Sterilizziamo l’Iva sugli aumenti, stimiamo che lo Stato ha già incassato miliardi dal caro bollette. E agiamo strutturalmente, utilizziamo i proventi della aste di CO2 per calmierare i costi per gli utenti: più inquini, più paghi.

La prima lama pentastellata solleva il problema, la seconda lo taglia in profondità. Ora, forse Crippa non lo sa, ma il sistema di aste per assegnare i cosiddetti “permessi di inquinare”, da cui lui e altri vorrebbero “attingere” risorse da assegnare ad aziende e famiglie, colpisce in modo molto pesante le aziende con produzioni energivore. Non è un caso se i governi europei, incluso il nostro, da inizio pandemia hanno concordato con la Commissione Ue, nel quadro della cornice temporanea che ha allentato i divieti di aiuti di stato, una sorta di rimborso parziale e condizionato dei permessi di inquinare per le imprese energivore.

Che saranno pure brutte, cattive e da sanzionare con l’inflessibile precetto “chi inquina, paga”, ma che rischiano di finire a gambe all’aria e magari delocalizzare dove tale precetto è stato allentato. Incredibile come tutto si tenga, signora mia. Quindi, che facciamo? Al grido “chi inquina, paghi!”, mettiamo nuovi oneri a carico delle aziende energivore, molte delle quali sono ferme e hanno messo il personale in cassa integrazione perché il costo del gas rende le produzioni antieconomiche, e poi andiamo dalla Commissione europea a chiedere compensazioni e permessi di inquinamento gratuiti perché c’è rischio di moria di produzioni e delocalizzazioni? Ah, saperlo.

Il moto perpetuo pentastellato

Ma non disperate: dall’entità convenzionalmente nota come M5S ogni giorno nuove meravigliose idee prendono forma. Come quella di creare una sorta di scala mobile per il PNRR o quella del cashback fiscale, dove più spendi e più rimborsi atterrano sul tuo conto corrente. Il moto perpetuo (“soluzione 110%”) esercita un’irresistibile fascinazione sulle menti pentastellate, evidentemente. Anche su “intellettuali d’area“. Vincolo di bilancio e di realtà, nun te temo.

Devo confessare che sono affascinato al limite dell’ipnosi da questo elemento di circolarità nel problem solving, che a Maurits Cornelis Escher sarebbe molto piaciuto. E pure ad Archimede Pitagorico, che aveva realizzato invenzioni imprescindibili per il genere umano. Come la barca con ruote per i fiumi in secca, il pettine senza denti per calvi e la tazza con due manici per gli ambidestri. La sua eredità è raccolta oggi dai cittadini portavoce.

Photo by Kristopher Roller on Unsplash

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