Mentre in quel di Bologna (gran bella città, con un sindaco piuttosto in gamba…), tra fumo (soprattutto quello), clangore e sferragliamenti vari, ferve l’attività della Fabbrica del Programma, un altro illustre bolognese, presidente di Confindustria e Fiat tratteggia, in un’intervista a Repubblica, il programma degli imprenditori per il governo che verrà. E lo fa partendo da alcune premesse ampiamente condivisibili. Dapprima criticando un governo sedicente liberale e liberista, che ha fatto sparire nottetempo dal leggendario “pacchetto competitività” (che meglio sarebbe definire pacco), una riforma delle libere professioni peraltro già ampiamente annacquata:
“Non c’è una filosofia dell’impresa, non c’è un’attenzione alla concorrenza – ripete Montezemolo – e anche questo spiega perché, oggi, le cose vanno così male. Abbiamo privatizzato Autostrade e Telecom, cioè le grandi aziende che producono di fatto una rendita fissa per chi le ha comprate. Ma di apertura del mercato non c’è stata traccia. Perché il governo non ha liberalizzato l’energia, perché non si sblocca la situazione delle banche, perché non si aprono spazi nel settore delle municipalizzate? Non solo non si fa questo, ma adesso si è addirittura stralciata la riforma delle professioni. Peggio di così…”.
Liquidato così il liberismo all’amatriciana del governo Berlusconi, ma omettendo di dire che nella scorsa legislatura (e nella precedente) i governi di centrosinistra hanno messo sul mercato le utilities (come Autostrade e Telecom) “dimenticandosi” di aprire preventivamente i mercati alla concorrenza, e tramutando di fatto monopoli pubblici in monopoli privati, Montezemolo riflette su un programma fiscale, e nel contempo chiede al governo incumbent di non sbracare sul contratto degli statali (confidiamo in Harry Potter, che non vuole abbonarsi alle sconfitte…). Sul piano fiscale, esiste certamente un’imponente massa di ricchezza speculativa, finanziaria ed immobiliare che potrebbe essere incanalata verso impieghi produttivi, anche se temiamo che le immediate esigenze di cassa finiranno col produrre l’ennesima spremuta fiscale a danno della prima casa, e non esattamente di Coppola, Ricucci, Zunino e Caltagirone:
Sull’oggi, Montezemolo sembra convinto che alla fine il governo cederà alle richieste dei sindacati: “In questo modo – osserva ancora Montezemolo – il nuovo aumento si sommerà a quello già concesso da Fini due anni fa, che era stato del 5,2%. Così gli statali avranno avuto aumenti complessivi, in busta paga, superiori al 10% in due sole tornate contrattuali, a fronte di un’inflazione di poco superiore al 2%. Non mi sembra un comportamento responsabile, e lo dico a prescindere dalle ricadute e dai trascinamenti che questo rinnovo del pubblico impiego avrà sui contratti del settore privato…”.
“È vero – ammette il presidente – c’è oggi in Italia una cospicua massa di ricchezza, tutta finanziaria e speculativa. È denaro bloccato, che non ha ricadute sulla produzione, sull’occupazione, sullo sviluppo. È legittimo porsi il problema di come rimetterne in circuito almeno una parte…”.
Ci sarà tempo e modo di trattare anche della tassazione delle rendite finanziarie, nel contesto dell’apocalittico stock di debito pubblico italiano. Per il momento, prendiamo atto con soddisfazione che anche Montezemolo lamenta ciò che noi segnaliamo da molto tempo:
Montezemolo non si fa troppe illusioni. Ma aspetta “al varco” anche il centrosinistra. Aspetta “al varco anche Prodi”. “Perché – si chiede – non ho ancora sentito una parola chiara dall’Unione, sul braccio di ferro nel settore creditizio, sulle Opa, sulla riforma delle professioni, sul ruolo degli immobiliaristi? Perché non ho ancora sentito una proposta concreta sul rilancio della competitività e sulle iniziative per sostenere la concorrenza?”.
Già, perché?