Complotto o mutazione genetica?

Sostiene Giorgio Cremaschi, leader dei metalmeccanici della Fiom, l’ala sinistra del sindacato di Guglielmo Epifani, riguardo lo smantellamento di una cellula terroristica di cui facevano parte ben otto iscritti alla Cgil:

“Noi siamo vittime. E dovremo capire se non siamo di fronte a una strategia dell’infiltrazione e, in quel caso, chiederci se non ci sia dietro un disegno per indebolire la lotta sociale“.

Questa sera, in piazza San Babila a Milano, si è tenuto un presidio della Cgil contro il terrorismo. E’ impressionante constatare quanti militanti sindacali abbiano la stessa posizione di Cremaschi, e parlino di “complotti” ed “infiltrazioni”. Certo, il cospirazionismo è sempre la spiegazione più rassicurante, serve a compattare un’organizzazione basata sulla condivisione fideistica di valori e simboli. Più articolata e seria l’analisi di Guglielmo Epifani, che parla di saldatura tra i vecchi terroristi come Claudio Latino ed altri che stanno rientrando in Italia (evidentemente rassicurati dalla presenza di un “governo amico”) ed alcuni appartenenti alle nuove generazioni di militanti di estrema sinistra.

Forse è opportuno che il più grande sindacato italiano, e più in generale la sinistra politica e sociale, si interroghi sul perchè di questa tendenza alla degenerazione patologica ed oncogena di alcune delle proprie posizioni politiche. Sembra quasi che l’insostenibilità logica e politica di alcune posizioni spinga alcuni a considerare la lotta armata come l’unica opzione possibile. Esiste una sinistra massimalista che ha l’innata tendenza a demonizzare l’avversario politico, a ridurlo a simbolo, a “bandierina” da abbattere. E molto spesso tra questi simboli da abbattere vi sono altri appartenenti alla sinistra, di un sinistra moderna e riformista che in Italia, malgrado la pubblicistica dominante, è ancora allo stato catacombale, schiacciata tra comitati d’affari e populismi d’accatto. Dalla retorica incendiaria (anche dai banchi del parlamento e dai giornali) alla lotta armata, il passo in Italia sembra essere drammaticamente breve. E forse vale la pena che i progressisti italiani si interroghino anche sui propri silenzi, omissioni e connivenze perpetrate negli ultimi decenni sotto il giustificazionismo dei “compagni che sbagliano” e dello slogan “nessun nemico a sinistra”.

Tutta la nostra solidarietà al professor Pietro Ichino, un iscritto alla Cgil. Un uomo armato di un’arma potenzialmente devastante: le proprie idee.

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