Finalmente

Christian Rocca scrive un pezzo interamente condivisibile, e anche di più, prendendosela con i foglianti (e non solo con loro) che hanno lanciato furiosi anatemi contro il fenomeno dei blog al solo fine di parlar male dell’ultimo Savonarola d’accatto che la Provvidenza ha donato all’Italia. Rocca scrive, ad esempio, che non è possibile generalizzare tra le tipologie di blog, che sono davvero molte. E che occorre distinguere, almeno in questa circostanza e citando Marshall McLuhan, tra mezzo e messaggio. Il blog in quanto tale è banalmente un conduttore di pensieri, riflessioni, umoralità viscerali, notizie, analisi. Ci sono molte tipologie di blog per altrettante tipologie di blogger, e fare del neoluddismo, come Stefano Di Michele sul Foglio, prendendosela con la tecnologia in quanto tale è una grossa sciocchezza (o stronzata, per riprendere il titolo dell’articolo di Rocca).

Chi scrive considera il blogging come fonte di informazione, analisi e divulgazione su temi finora rimasti piuttosto esoterici, come l’economia, che non ha diritto di cittadinanza in un paese dove paghiamo i guasti di una malintesa cultura “classica” ma soprattutto pervicacemente ascientifica, dove generazioni di giornalisti, inclusi i giovani, non riescono ancora a calcolare un quoziente. La rivolta di alcuni giornalisti contro Grillo a noi sembra (aldilà dell’aspetto più strettamente politico, di cui abbiamo già detto e scritto, e su cui per ora non torneremo) soprattutto la rivolta corporativa di una classe professionale che teme di sentirsi delegittimata, di perdere la propria abusata ed abusiva aura di sacralità. I giornalisti sono operatori dell’informazione, e come tali hanno il dovere primario di verificare le proprie fonti. E’ piuttosto comprensibile che si sentano minacciati da blogger specializzati in analisi e divulgazione di alcuni temi specialistici. In alcuni casi i giornalisti professionisti stanno subendo quella che, con ottimismo, potremmo definire l’erosione libertaria della loro rendita di posizione.

Come abbiamo già scritto in passato, durante una polemica con lo stesso Rocca, noi concepiamo il rapporto tra blogging e giornalismo come basato sul “patto critico”, cioè sul “double check” da parte dei blogger (con argomentazioni, ovvio, sennò si scade nelle chiacchiere da bar) dei contenuti degli articoli dei giornalisti, una nuova generazione di verifica delle fonti, e che offre alla stampa l’opportunità di una crescita di credibilità ed autorevolezza, a patto di mettersi opportunamente in discussione. Scrivere di argomenti che non si padroneggiano, nell’era di internet, espone alle critiche. E’ un fatto della vita ed occorre accettarlo. Lo stesso Rocca aderisce al concetto di “patto critico”, quando scrive:

I blogger bravi non pretendono di fare i giornalisti (ammesso che non lo siano già), non cercano di fare scoop, non hanno bisogno di verificare nulla, perché le verifiche sono state già fatte, sort of, da quelli con il tesserino corporativo vidimato da Ciccio Abruzzo. E se controllano, può anche capitare che forniscano un servizio, costringendo i giornalisti cartacei a spararle meno grosse.

Ma occorre anche che i blogger “specializzati” non salgano in cattedra, ed accettino critiche argomentate e verifica delle fonti. Lottiamo tutti contro l’ipse dixit, ed il mondo sarà un posto migliore, con meno caste e meno grilli parlanti che dicono idiozie.

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