Ieri Romano Prodi si è issato sul palco dell’Assemblea Generale dell’Onu, per l’apertura dei lavori della nuova sessione annuale. Cosa sia questa istituzione, è abbastanza risaputo: di solito, un bello sfogatoio di terzomondismo ed antiamericanismo di maniera, oltre alla tribuna retorica più prestigiosa del pianeta. E così, Prodi ha appassionatamente perorato la causa della moratoria della pena di morte. Un evento che i media italiani hanno vissuto come epocale e grondante pathos, quasi più della finale dei mondiali di calcio, il che è tutto dire, per i nostri standard nazional-popolari.
Non fraintendeteci: anche noi siamo risolutamente avversi alla pena di morte, che consideriamo come l’estremo atto dispositivo dell’esistenza umana che uno stato possa perpetrare. Ma proprio per quanto detto sopra riguardo funzioni, prerogative ed efficacia del ruolo dell’Assemblea Generale Onu, restiamo scettici sugli esiti di tale tentativo di moratoria. Abbiamo il sospetto che, riguardo l’Italia, si sia trattato soprattutto dell’ennesima operazione d’immagine e di spin, creata ad arte per finalità di politica interna. E così, mentre il Tg3 trepidava per questa riedizione all’amatriciana dello sbarco sulla luna, la stampa internazionale dava ampio risalto al discorso dello statista italiano. L’agenda Onu è fatta, la Finanziaria ci aspetta.