Immigrazione e burocrazia: l’ennesima patologia italiana

di Giovanni Papperini

Nei giorni scorsi il Governo, per venire incontro alle rivendicazioni degli autotrasportatori ha deciso di introdurre, con un maxiemendamento alla Finanziaria, dei paletti alla liberalizzazione del settore e delle misure volte ad un maggior controllo delle attività degli autotrasportatori in Italia, siano essi italiani o stranieri. E questo per ridurre il lamentato “dumping sociale” , in particolare da parte di camionisti provenienti dall’estero. Può un maxiemendamento in finanziaria essere sufficiente per risolvere un problema di natura strutturale quale la mancanza di una politica e di una gestione coerente dell’immigrazione, rendendo più complesso avviare un’impresa in Italia e questo perché non ci sono stati sufficienti controlli preventivi sulla regolarità del lavoro svolto dagli stranieri nel settore?

Una delle motivazioni alla base dello sciopero dei camionisti è stata quella che molti di loro considerano una concorrenza sleale: l’anomalo incremento dell’attività in Italia di camionisti provenienti dall’estero, con basse qualifiche e sottoposti a condizioni di lavoro non conformi agli standard minimi italiani.

Ora, non è pensabile che siano le stesse autorità preposte al controllo dell’ingresso e della permanenza in Italia di personale proveniente dall’estero ad aver deliberatamente ignorato le condizioni minime di tutela del lavoro nazionale. Il problema deve essere ricondotto all’incontrollato proliferare di autorità che si occupano di immigrazione, senza un coordinamento generale. E questa mancanza di coordinamento generale è particolarmente evidente nel settore degli autotrasportatori stranieri extracomunitari che operano in Italia, dove si confondono le competenze di più ministeri e di più dipartimenti dello stesso ministero. Ministero dell’Interno, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza (Direzione Centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Direzione Centrale per la polizia stradale, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di stato) il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione. Il Ministero della Solidarietà Sociale ( Direzione generale dell’immigrazione). Ministero dei Trasporti (Dipartimento terrestre Motorizzazione). Autorità che in tal modo perdono di autorevolezza e fanno venir meno la percezione globale di problemi complessi, come la concorrenza sleale di provenienza estera.

Tale abnorme frammentazione nella gestione dell’immigrazione non solo favorisce l’afflusso incontrollato di personale sospettato di “dumping sociale”, ma ostacola, invece, l’afflusso e la permanenza in Italia del personale altamente qualificato. Personale essenziale per gli investimenti diretti esteri e per le joint venture con imprese estere.

Nel maggio del 2007 il Ciiaq, Comitato Italiano Immigrazione Altamente Qualificata – associazione che ha per finalità la promozione ed il coordinamento delle attività e delle iniziative finalizzate a favorire la sensibilizzazione sulle tematiche relative all’immigrazione di lavoratori e professionisti altamente qualificati – aveva evidenziato nel corso di un convegno-tavola rotonda l’esigenza da parte delle imprese con personale altamente qualificato proveniente dall’estero che fosse costituito anche in Italia, come è avvenuto in Spagna con la creazione di uno speciale dipartimento denominato “Unidad de Gestion de Grandes Empresas“, un dipartimento specializzato destinato a gestire, in tempi certi e rapidi, le pratiche di immigrazione per il personale dirigenziale ed altamente qualificato extracomunitario delle grandi imprese e delle filiali italiane delle multinazionali estere.

Dopo tale convegno sono stati avviati dei contatti con il Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione,
Direzione Centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo.

Dopo molti mesi di contatti con tale Direzione è ormai palese che non è tramite loro che si potranno ottenere significativi passi avanti nella gestione complessiva dell’immigrazione altamente qualificata, e questo a causa di oggettive difficoltà organizzative che vanno ben oltre la buona volontà e professionalità dei dirigenti e funzionari di tale Direzione.

Siamo, infatti, in presenza di un incontrollabile proliferare di uffici che a vario titolo si occupano di immigrazione, con conseguente scaricabarile reciproco. Nel solo Ministero dell’Interno esistono ben tre dipartimenti che si occupano di immigrazione, sia pure con sfumature diverse. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, e il Dipartimento per gli affari interni e territoriali, dove opera la Direzione Centrale per i Servizi Demografici con “compiti di indirizzo e coordinamento in materia di stato civile (anche a livello internazionale in seno alla CIEC) e di anagrafe con particolare riferimento alla vigilanza sull’anagrafe della popolazione residente in Italia (APR) e all’estero (AIRE)”. Compiti quindi fondamentali per la gestione dell’immigrazione comunitaria ed anche extracomunitaria stanziale.

Anche nell’ambito degli altri ministeri assistiamo a sovrapposizioni di competenze nel settore dell’immigrazione che certamente non aiutano a gestire una così delicata materia in maniera razionale. Lo spacchettamento del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale, poi del Welfare in due distinti ministeri, Lavoro e Solidarietà Sociale, ad opera dell’attuale governo, ha creato confusione nell’attribuzione delle competenze e nel controllo degli uffici periferici (Direzioni Provinciali del Lavoro, DPL) , delegittimando o comunque riducendo l’autorevolezza di coloro che tradizionalmente all’interno del vecchio Ministero del Lavoro erano gli interlocutori privilegiati delle aziende per il personale altamente qualificato proveniente dall’estero.

Nel settore della sanità la perdita di potere da parte del Ministero della Salute, che dal 2000 non emana più circolari esaustive sugli stranieri ed il servizio sanitario nazionale, e la mancanza di un reale coordinamento tra le regioni hanno come conseguenza trattamenti molto diversificati dell’utenza straniera da regione a regione.

L’eccessiva frammentazione nel settore dell’immigrazione in Italia è stato anche rilevato nel recente rapporto Censis sulla situazione sociale in Italia:

“Una delle considerazioni emerse dal Rapporto è che c’è il rischio di un’eccessiva frammentazione delle competenze sull’immigrazione. Se si considera il numero di amministrazioni da cui dipendono le principali decisioni in merito all’immigrazione e che sono incaricate di svolgere i compiti essenziali per la gestione della materia ma, soprattutto, se si guarda agli ambiti di possibile sovrapposizione potrebbe legittimamente sorgere il dubbio se un fenomeno così complesso possa essere gestito con la dovuta efficienza e tempestività da una tale pluralità di soggetti.”

La costituzione in Italia di una “Unidad de Gestion de Grandes Empresas” è ostacolata non solo dall’antica concorrenza tra ministeri vecchi e di nuova costituzione per conservare o strappare il potere agli altri, ma da contrapposizioni interne agli stessi ministeri. In particolare, nel fondamentale Ministero dell’Interno da tempo è ormai palese una palpabile tensione tra le due componenti a base del ministero, il corpo prefettizio di carriera “generalista” e la componente “tecnica” proveniente dalla Polizia. E’ noto su questo punto il duro confronto sulla nomina dell’ex capo della Polizia, De Gennaro, a Capo di Gabinetto del Ministro Amato.

Non desideriamo certo delegittimare il corpo prefettizio ‘generalista’ ed auspicare che la Polizia rivesta un ruolo troppo invasivo che potrebbe
oggettivamente, soprattutto nel settore dell’immigrazione, avallare l’idea che tutti gli stranieri siano potenzialmente un problema soprattutto di ordine pubblico. E’ tuttavia indubbio che in una società così complessa come quella attuale, globalizzata, con cambiamenti radicali mai prima d’ora così rapidi, non ha senso il persistere nel Ministero dell’Interno di una componente “generalista” così numerosa e potente come quella attuale. E’ sconvolgente che a distanza di pochi anni funzionari appena appena addentro problematiche di immigrazione siano avviati ad altri incarichi, in un carosello senza senso che ci allontana dai paesi come la Spagna che ha da tempo istituito Unità specializzate come la già citata “Unidad de Gestion de Grandes Empresas”, ed anni-luce lontani da nazioni come gli Stati Uniti d’America che possono contare su organismi come U.S. Citizenship and Immigration Services (USCIS). Con un potere ed una autorevolezza di primo piano.

Ecco perché impostare tutti i discorsi sull’immigrazione su una, vera o presunta, contrapposizione tra favorevoli o contrari agli stranieri, tra chi è per l’apertura delle frontiere e chi invece chiede controlli più stringenti e limitazioni, è ormai una frusta e fuorviante banalità. Il problema vero è la mancanza di una politica di gestione coerente in questa materia. Mancanza che crea problemi anche all’immigrazione più qualificata. Immigrazione che per i numeri ridottissimi e per la riconosciuta importanza per la nostra economia non subisce, sulla carta, particolari limitazioni neppure dalla attuale legge, nota come Bossi-Fini. Immigrazione che rappresenta anche una componente fondamentale nel più complessivo investimento diretto estero di cui, non sorprendentemente, l’Italia è drammaticamente carente. Anche e soprattutto a causa di un sistema infrastrutturale in senso lato (non solo fisico, ma anche normativo, amministrativo e di tutela efficace ed efficiente dei diritti di proprietà) del tutto inadeguato a gestire le sfide della globalizzazione.

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Giovanni Papperini è nato a La Spezia nel 1956. La laurea in Legge ed una serie fortuita di circostanze (come l’aver vissuto personalmente l’esperienza di “relocato” interno dal Nord al Sud e poi al Centro della penisola e l’aver frequentato una realtà multiculturale negli anni universitari) lo hanno condotto a divenire un consulente in corporate immigration e relocation (assistenza per la rapida integrazione dei manager trasferiti all’estero). Da oltre 20 anni dirige lo Studio Papperini, ed è presidente del Ciiaq (Comitato Italiano immigrazione Altamente Qualificata).

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