La puntata del 6 luglio de “Il taccuino del dottor Agrò“*, di Domenico Cacopardo (scrittore, conduttore radiofonico e magistrato del Consiglio di stato), su Radio24. Sui conflitti d’interesse coessenziali alla società politica italiana, anche e soprattutto a sinistra. Strano paese, quello che ritiene non vi sia nulla da eccepire alla nomina dell’ex presidente di un partito politico all’Autorità Garante della Privacy. Ancor più strano paese quello che possiede uno dei rapporti più elevati in Occidente tra numero di magistrati e cittadini, eppure il maggior volume di arretrato giudiziario.
Ancor più strano paese quello in cui la politica giudiziaria è di fatto sottratta da sempre al parlamento ed affidata ad un non meglio specificato “organo di autogoverno dei giudici”, che nei decenni ha finito con l’esorbitare oltre ogni limite dalle proprie attribuzioni costituzionali, anche per il rapporto di collateralismo instaurato da una componente egemone di magistrati con una precisa fazione politica. Ed è sempre più strano il paese in cui esiste un feticcio chiamato “obbligatorietà dell’azione penale” che è la più trasparente delle foglie di fico; o il paese in cui alcuni opinion-maker assumono quasi a mo’ di dogma che ogni atto della magistratura (soprattutto di quella requirente) sia infallibile. Cacopardo segnala (con molto buonsenso) che in magistratura, come in ogni altra umana attività, esistono persone competenti ed incompetenti, morigerati e farabutti, equilibrati e schierati, e che attribuire un’aura di sacralità alla magistratura “per sé” è un puro nonsenso. Degna di ulteriore riflessione, inoltre, la segnalazione che in Italia la stragrande maggioranza (oltre il 60 per cento) dei vincitori del concorso di magistratura proviene dalla Campania, e non è una percentuale che riflette la distribuzione geografica nazionale della partecipazione ai concorsi. Mai il Csm ha approfondito questa anomalia, che una stilla di perfidia potrebbe considerare un caso di selezione negativa.
Una riflessione tutta da ascoltare. Per comprendere che, oggi, è fondamentale consentire al premier di governare, e di essere valutato esclusivamente su quello, senza polarizzazioni tribali. Se ne siamo capaci, s’intende.
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* Per l’ascolto è richiesto RealPlayer. Qui l’archivio della trasmissione del mese di luglio 2008