Psicopatologie federaliste

Il capogruppo del Pd nel Consiglio regionale della Basilicata, Erminio Restaino, ha presentato oggi all’assemblea – riunita per discutere della legge finanziaria 2009 – un emendamento per “sospendere per cinque anni l’efficacia delle autorizzazioni concesse per le estrazioni petrolifere e vietare ogni attività di ricerca, prospezione e perforazione di nuovi giacimenti di idrocarburi”.

Il demenziale emendamento – secondo quanto reso noto dall’ufficio stampa dell’assemblea – è firmato anche dai consiglieri Giacomo Nardiello (Pdci), Emilia Simonetti (Prc), Luigi Scaglione (misto-Popolari uniti) e Rocco Vita (Ps). Parlando con i giornalisti, Restaino ha collegato l’emendamento alla inchiesta in corso (“dalla quale sono convinto che le istituzioni della Basilicata usciranno pulite”), al discorso fatto al Consiglio dal governatore e alle “iniziative del Governo tese ad espropriare le Regioni delle proprie competenze in questa materia”.

Ma il passaggio più esilarante, quello che potrebbe farci sospettare che al Consiglio regionale lucano circolino sostanze psicotrope, è il seguente: Restaino ritiene necessaria

Una riformulazione degli accordi stipulati a suo tempo con le compagnie petrolifere. Serve quindi una pausa di riflessione, la Basilicata non può soggiacere agli interessi nazionali“.

Avete letto correttamente: la Basilicata non può soggiacere agli interessi nazionali. Inoltre, e in pratica,  occorre sospendere le attività petrolifere perché le medesime sono infestate da ladri. Questo è un vecchio refrain, soprattutto della sinistra, che non sapremmo se considerare una desolante verità o una surreale dichiarazione di impotenza. Non facciamo il ponte sullo Stretto (aldilà delle valutazioni di impatto ambientale e di fattibilità e profittabilità economica) perché poi “i soldi se li prenderebbe la mafia”. Non facciamo la Tav perché poi i soldi vanno in tangenti. Non facciamo investimenti infrastrutturali perché abbiamo una classe politica e di amministratori locali fatta in misura non trascurabile da ladri? Non ci sono alternative, quindi? Il fatto che la proposta provenga da sinistra, poi, ha anche l’abituale verniciata di verde, che non guasta mai.

E soprattutto, lascia interdetti il fatto che la politica energetica del paese sia considerata materia di competenza esclusiva delle regioni, in relazione ai giacimenti di risorse naturali  in esse ubicati. Questi sono i frutti avvelenati della folle promessa fatta alla Regione Sicilia di trattenere in loco gran parte delle accise prodotte dall’attività di raffinazione che si svolge sull’isola, una sorta di compensazione per le “esternalità negative” che la regione subisce. Se questi sono i presupposti da do ut des per far partire un federalismo sghembo e largamente derivato, come quello che Bossi ha una maledetta fretta di far approvare (come se il tema fosse cosa sua e della Lega, e di nessun altro), forse conviene tenersi il sistema tributario attuale. Eviteremo di dare il colpo di grazia all’unità nazionale, per compiacere piccoli demagoghi di destra e sinistra che non vedono l’ora di trasformarsi in oligarchi e capiclan senza più le noie e gli intralci del codice penale.

N.B.: la quota di diritti di sfruttamento del petrolio riserva alla regione Basilicata, dal 2007, una cifra che parte da 50 milioni di euro. Ma per il governatore Vito De Filippo (Pd) “la partita delle risorse finanziarie che derivano dal petrolio è totalmente insufficiente per avviare un ciclo stabile di azioni di sistema e di miglioramento significativo”. La cifra è pari a circa il 5 per cento del Pil regionale.

Dalla Cassa del Mezzogiorno al Pozzo del Mezzogiorno. Sempre senza fondo.

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